Il Convivio Antonio De Rosa e il mal di vivere in Oltre le porte del sole (Cronache italiane, Salerno 2002)  
Antonio De Rosa

Si tratta di una raccolta di poesie di ampio respiro e dalla tematica più varia. Sono spesso gli aspetti sociali ad essere ripresi con più attenzione dal poeta Antonio De Rosa, nato ad Altavilla Irpina e già autore di diverse opere pubblicate a partire dal 1985. Nelle sue poesie viene evidenziato soprattutto “il male di vivere”, per dirla con Montale, così come chiaramente lo enunciano alcuni titoli della silloge. Basti ricordare “Volto di trageda”, “Un barbone alla stazione”, “Un uomo solo”, “L’orfanello”, “Il delinquente” o ancora “Upupe piangete”, “Quando le carogne”. «Il male dell’esistenza è tanto e tale che in contrapposizione molti creano il paradiso - scrive nella prefazione Nunziata Orza Corrado, - ubriacandosi di fede, per non sentire il terrore di una vita vissuta per niente. La poesia “Volto di trageda”… è la riprova dell’orrore che l’individuo sente di fronte all’espressione tragica dell’infelicità e della morte». In questa poesia sono racchiusi in effetti tutti i temi che il De Rosa vuole sviscerare e presentare al suo pubblico, ma prima di tutto e soprattutto vuole anatomizzare e confermare a se stesso. Da questa ricerca interiore e da questa meditazione tragica sulla vita scaturisce il senso della propria esistenza e dell’anelito verso felicità, in un eterno e perenne contrasto, quasi infelicità e felicità fossero le due facce della stessa medaglia. Emblematica è in tal senso “Upupe piangete”: «Piangete con le mie muse il male / che si è bruciato nel fuoco del sole. / O upupe, il mio male è finito, piangete ancora da sole, ad alte voci, / voi, indovine del mio trascorso male. / Adesso anch’io sto piangendo, ma piango / dolcemente con lacrime di gioia, libero / dai perpetui affanni». L’obiettivo ultimo che l’uomo si propone, così come canta splendidamente il De Rosa, è quello di possedere la felicità, anche se spesso si scopre che è una vaga chimera, ma non per questo ci si tira indietro. Si tratta di una ricerca che diventa da una parte esistenziale, dall’altra fisica e metafisica. L’uomo, individuo commisurato al mondo che lo circonda, tenta una convivenza con se stesso e con gli altri. La vita è una continua lotta tra bene e male, tra verità e luce, tra bellezza e armonia. La poesia ha, in questo dialettico contrasto, una funzione catartica e mediatrice, da apparire «un’armoniosa cantica di note umane / nell’infinita sinfonia dell’universo».

Angelo Manitta