Il Convivio Enzo Di Gregorio: versi inquietanti in Le infinite latitudini  
Enzo Di Gregorio

«Dedico queste mie poesie a tutti i perdenti del pianeta terra. Agl’infelici e gli oppressi. Ai disgregati e a tutti coloro che ripongono le loro preghiere strazianti e forsennate, verso un cielo che per ora è fatto solo di nuvole», così introduce Enzo Di Gregorio la silloge di poesie “Infinite latitudini” (Otma ed., Milano 2002). L’autore è un poeta giovane e ribelle del quale poco o nulla ci è dato sapere, al di là del profilo che di lui ha tracciato Ilaria Provitale in 4° di copertina: «Le sue poesie sono di una potenza lirica agghiacciante e rivoluzionaria. Carattere timido, istintivo, pessimista, sarcastico, enigmatico e solitario. Un insieme di caratteri che fanno di questo poeta un seducente trascinatore della poesia. Un libro scritto con una capacità artistica innovativa, scontrosa, raffinata e possente. Un linguaggio di una geniale filosofia ricreativa, raggiante e inimitabile. Il suo frasario poetico rimane di uno stile incontrollabile imprevedibile così come il suo carattere, pieno di silenzi, che paralizzano chi frequenta questo poeta e chi lo legge».
Volutamente provocatore, nel linguaggio come nelle immagini, “poeta maledetto” per vocazione, Di Gregorio urla, per il tramite dei suoi versi, la sua insofferenza agli schemi tradizionali e ai luoghi comuni, la sua invettiva di solitudine. Leggiamo nella prefazione al libro, curata da Massimiliano Bosco: «Un visionario pessimismo, apparentemente ispiratore, è la richiesta al prossimo di provare a capire, è la sua denuncia di abbandono proprio verso coloro che la vita la passano senza viverla», e, più avanti: «La cultura poetica di Enzo Di Gregorio proviene da un illuminato istinto autodidatta, laddove la riflessione, la proiezione critica della propria esistenza prevale sullo studio metodico e filosofico di tecniche imparate a memoria. Il linguaggio è rivolto alla gente di cui Enzo di Gregorio fa parte; solo e solitario appare ma generoso e passionale si concede».
È inquietante il verso di Enzo di Gregorio, non dà certezze eppure anela ad averne, non assopisce, eppure inconsciamente cerca quiete, non si placa contemplando la natura, eppure aspira ad annegarvisi. «Dimensioni e preghiere, anime e labirinti, / ricordatevi di me quando minato nel volo / della mia fuga sarò un frammento di / polvere, che cerca la gloria attraverso / i luoghi neri della sua distruzione” (Infinite lunghezze). Di là delle strettoie e dei limiti imposti dalla condizione umana, è forse la necessità di confrontarsi col mistero: «Siamo grandi. – Vedo il microbo / uomo diffondersi nell’universo. / E contempla la vita» (Astro-nauta), o, attingendo all’infinito, rinvenirvi quella dimensione catartica che dia un senso estremo all’umana scontentezza: «Il giardino dei miei pensieri è stato / violentato da questa immagine di soluzione. / Solo così potevo avere la grande visione / logica e colorata. / L’eternità è solo un attimo che non finirà mai» (Fluido magico).

Maristella Dilettoso