Il Convivio La ricerca letteraria: l’Omologismo  
Ferruccio Gemmellaro

Raffaela Longo è tra i poeti che hanno fatto proprio il pensiero dell’Omologismo, il Manifesto etico-espressionistico del movimento culturale ‘La Copertina’, stilato da Ferruccio Gemmellaro. L’intervento che segue è la sintesi di un dialogo tra l’autore del Manifesto e la poetessa cofirmataria. La peculiarità del testo è che Raffaela Longo s’impegna ad interpretare alcuni passi del Manifesto omologandoli in una dimensione di più agevole apprendimento per il lettore, ricorrendo a miti, a tradizioni e alla comune credenza.
Crocevia della civiltà. La prima religione ha avuto il compito di trasferire nel futuro il ricordo di una progredita civiltà scomparsa, forse a causa di un cataclisma planetario. Il Diluvio è un ricordo acquisito in tutte le civiltà. Il Dio, pertanto, rappresenterebbe l’intelligenza di una razza dissolta, che ha lasciato il ricordo nell’inconscio collettivo; non poteva essere nominato, né rappresentato, poiché era un concetto incomprensibile a quanti l’avevano ereditato . L’uomo, finché la sua intelligenza non s’avvicinerà a quella perduta, non saprà riconoscere quest’ultima e l’effetto di tale traguardo potrebbe essere equivalente alla rivoluzione copernicana. Gli innumerevoli coriandoli intellettivi, pertanto, dissociati tra loro, sono in realtà tessere di un solo macrodisegno.
Immaginiamo i tempi diluviali: la scenografia è che, di fronte ad una simile catastrofe, ogni creatura e cosa sono distrutte, sepolte sotto le devastazioni; distrutte finanche le capacità di lottare con i mezzi tecnologicamente avanzati. L’unica soluzione è una navicella spaziale, che possa traslare il genere umano in un secondo, idoneo pianeta, altrimenti, la dimenticanza o il nulla assoluto. In realtà, nel caos delle distruzioni, qualcuno è miracolosamente sopravvissuto , ma, alla perdita d’ogni ausilio di sussistenza, gli resta solo la primitività dell’uso delle mani e dei piedi per ricominciare. Chi ha consapevolezza del mondo andato per-duto , lo serba nella mente, oppure lo tramanda al prossimo che può incontrare, reduce a sua volta; ma la conoscenza s’arresta con la morte dei testimoni superstiti e s’affievolisce progressivamente nei posteri. Ciò che è tramandato a voce, infatti, non sempre è percepito correttamente, tantomeno riaffiora del tutto, e il cannibalismo, quella stortura umana, espediente per combattere la mancanza di cibo, infligge il colpo di grazia alla memoria.
Quanta strada l’uomo dovrà ancora percorrere per giungere all’identico grado di conoscenza anteriore alla catastrofe, e quanto ne viene recuperato? Infinite soluzioni sono adottabili laddove il punto di crisi di un’intera umanità apra un primo crocevia. Il ricordo comune di una civiltà dissolta, reiterato dalle mitologie e dalle religioni, si fa corpo grazie ad intuizioni individuali e possono stimolare l’uomo a riprendere il cammino verso la riscoperta di quelle verità. Intuizione, o meglio, capacità altra che illumina la storia, offrendo soluzioni apparentemente folli, ma che, nel momento in cui la risposta analitica avrà acquisito i mezzi necessari, saranno considerate precursorie.
Ai poeti sono demandati i sogni ed i loro sogni, sovente, vanno a colmare i buchi neri della storia... (F. Gemmellaro). Una memoria persa nella notte dei tempi può essere recuperata? Se il DNA non trasmette soltanto i codici fisici, ma anche caratteriali, perché non dovrebbe rilanciare il ricordo? L’uomo del terzo millennio dovrebbe sfidare se stesso nel rileggere e reinterpretare i pensieri filosofici, testimonianze d’intelligenze scomparse e che sono all’origine delle nostre civiltà. Saremmo così spronati a risolvere millenari problemi che attanagliano l’umanità intera e cavalcare l’utopia qui considerata; è necessario, allora, rimetterci nel crocevia, snodo del progresso o del regresso umano .
Com’eravamo prima della catastrofe e quali capacità sono state perdute? Per rispondere, occorre involarci dalla teca che ci ritroviamo, per ipotizzare, creare ed illuminare quanto ancora resta ignoto. L’uomo ha dovuto necessariamente soddisfare innanzitutto le richieste naturali, per poi ripiegare ai bisogni ancora importanti; questo processo sta finalmente interessando l’umanità, perché solo così potrà riavviare quel percorso che la condurrà ad abbandonare antichi canoni di vita, giusto per concentrare ogni sforzo nell’affrontare l’immane rischio della sua distruzione. Sia pure nei particolarismi del luogo e delle culture, dovremo affidarci ad un’intuizione che ci abbracci nella totalità. Il messaggio originario di tutte le religioni è identico: l’Amore ; ed è il tramite che realizza la salvezza dell’uomo, poiché esso non condurrà mai alla distruzione di quest’ultimo.
L’Amore aiuta, difende, accompagna la vita, e chiunque l’abbia compreso con chiarezza l’ha vissuto fino in fondo, quale esempio da seguire. L’Amore assoluto è la chiave; nella civiltà primigenia era conosciuta e praticata, poi... lo schianto. Potremmo, ancora, supporre che qualche abitante d’allora, scampato all’ecatombe del pianeta, sia riuscito a scoprire un nuovo habitat, adattandovisi, e che, lo confermerebbero leggende e resti archeologici, quei nostri progenitori siano ritornati, ad intervalli, per osservare quanto sia rimasto sulla vecchia terra. Nulla esclude che tuttora lo faccia, ma che ci lasci al nostro cammino, nel rispetto di quella libertà che ci piace tanto e che è certamente un archetipo, l’altra colonna essenziale di un’evoluta civiltà scomparsa. Libertà ed Amore sono lasciti nella nostra civiltà, consegnati tesori da non disperdere.