Il Convivio Clara Giandolfo, versi forti e dalla profonda sensibilità  
Clara Giandolfo

Versi forti, diretti testimoni di una atroce storia vera, al cui apice vi è lo struggente e irrazionale sentimento della gelosia. Così si può sintetizzare la poesia di Clara Giandolfo, “Strage d’innocenti”, che non canta le “solite” emozioni di amori spesso platonici, ma veri e profondi sentimenti che spingono anche l’uomo più insensibile a porsi tante domande. Forse per molte non si avrà una risposta. Non si capirà mai forse che cosa spinga un uomo, un fratello, un padre a scagliarsi con la mano assassina anche contro quelle creature che aveva messo al mondo e che avrebbe dovuto amare. Ed è bastato un gesto per tagliare in modo inumano, ancora prima di iniziare, la vita della piccola Maria, della sua mamma e dei suoi fratelli. Più che una poesia si può definire una pagina di storia di un paese sconvolto da un gesto irrazionale che ha trasformato un padre in assassino, solo perché appannato da un crudo sentimento, se tale si può definire, cioè la gelosia. Quel sentimento un tempo gentile prende sembianze mostruose e fa terra bruciata di “quella casetta”, prima serena. L’autrice si trasforma in portatrice di attimi struggenti e, uscendo fuori dei canoni tradizionali della poesia, il suo poetare diventa testimonianza di una realtà vera ed attuale e che dovrebbe far riflettere magari a coloro che hanno, forse “inconsapevolmente” e per puro divertimento, scatenato uno stato confusionale ponendo un padre di fronte a mille dubbi. Versi pieni di rabbia, quelli della Giandolfo: «Non resta che chiamarlo / orrendo unico animale, / quale decise diventare / con agire così infernale!». L’autrice si può definire un’eroina della poesia perché spezza quell’omertà e allora: Uomini, svegliatevi di fronte a fatti atroci che scuotono «persino gli animali / che fuggono via, / mostrando davanti a quella casa / spaventevole ritrosia!»

Strage di innocenti

Tremendo ricordare
quel mai lontano dì
quando con madre
e fratelli Maria nel nulla svanì
la livida alba
di quel 29-6 si alzava
e in quella casa,
terribile entrava
a far chiarore
su una tragedia allucinante,
consumata dal perfido
in qualche istante.
Giacevano riversi,
non so... non fui là
i corpi di quattro innocenti
dilaniati, da far pietà
persino agli animali,
che fuggivano via,
mostrando davanti a quella casa
spaventevole ritrosia!
(Com’era bella quella casetta,
sino al giorno prima
tutta perfetta:
da anima veramente gentile,
variopinti fiori piantati
erano con molto stile;
quella casetta
meticolosamente ornata,
parlava di un’anima
ai propri cari dedicata).
Ma... il Padre Eterno
il Male libero lasciò andare
e i Suoi angeli
a sé fece ritornare
lasciando in pasto
al crudo Rimorso
quell’uomo di sicuro
più feroce dell’orso!
(Scusami, orso, se paragono a te
un uomo più feroce
di cento sciacalli, ahimè!
Si offendono invero
anche gli sciacalli,
che per i piccoli sfamare,
cibo cercan per monti e valli!)
Non resta che chiamarlo
orrendo unico animale,
quale decise diventare
con agire così infernale!

Enza Conti