Il Convivio Tensione vitale e affettiva in Dante Maffia: Canzoni d’amore, di passione e di gelosia  
Dante Maffia

«Canzoni d’amore, di passione e di gelosia appaiono complessivamente come un invito a trovare dentro di noi le stesse motivazioni esistenziali e le stesse capacità d’ascolto che hanno indotto il loro autore a liberare dei canti di gloria, che suonano come dei veri e propri exultet, confortevoli e ripaganti sul piano della valenza sensitiva quanto stimolanti su quello della conoscenza curistica». Quest’espressione, tratta dalla prefazione di Luigi Reina, bene evidenzia il nocciolo della poesia di Dante Maffia, nel suo ultimo volume pubblicato presso la casa editrice Pagine (Roma 2002). Si tratta di poesie a tema, come già enuncia il titolo: l’amore. Ma il canto per la propria donna diventa anche lo spunto per fare delle riflessioni su se stessi e sulla vita in un rapporto continuo con l’altro da sé, quasi attraverso la lettura di un mondo in frantumi, dove per poter apparire come gli altri bisogna adeguarsi a certe consuetudini erotico-affettive. In questo senso, interessante la lirica “È scandalosa questa poesia”, in cui appaiono brio ed ironia. «È scandalosa questa poesia mi disse / il critico occhialuto, com’è nella tradizione, bisogna che cambi la dedica, che moglie / diventi ragazza o amante o dea, non so, / non moglie, per carità, chi acquisterebbe un libro / in cui parlando d’amore ci si rivolge alla moglie / con versi così dolci? / L’amore non sta mai dentro casa, dici? / Allora divorzierò, farò diventare mia moglie / la mia amante, e poi le dedicherò questi versi. Il redattore aveva fretta. La moglie lo aspettava / per andare a messa».
La poesia di Maffia gioca proprio sul registro dell’amore verso la moglie-amante, ma con un tono che velatamente svela segreti e suscita passioni, attraverso una tensione vitale e affettiva che mostra la genuinità dei sentimenti. Ed è lo scandaglio dell’animo che salva il poeta da sofisticazioni cerebrali e celebrativi, rovistando nella propria anima come in uno scantinato. Emergono allora componenti psicologiche e sensoriali che volgono alla contemplazione e soprattutto alla riflessione, quasi «naufragar m’è dolce in questo mare». La poesia di Maffia si presenta così espres-sione di una vertigine interiore, di un senso di mistero e di catarsi, oltre che un miscuglio di odori, di colori e di emo-zioni, in un tempo che è vago e impreciso, ma che ha la con-notazione dell’eterno in una ideale «sconfitta della vecchiaia e della morte». Il tempo però, nel quale «fanno ressa profumi lontani e ciclamini sfatti», ha un potere salvifico, pur lasciando emergere la sensazione del vuoto e dell’assenza, sensazione che accresce la presenza.
Un po’ tutta la silloge, infatti, corre su questa modulazione della presenza-assenza dell’amata. Tanto che «inesorabile sarà il vuoto». E: «Se resterai ancora / lontana non avrò più spazio / dentro il mio cuore». Si accende allora il fuoco della passione: «La tua bocca è fuoco. / La tua bocca è vento». La vita e l’amore assumono così i colori vivaci e prevaricanti della natura. Tutto il mondo è colore, in un sogno che è candore d’un mandorlo. Il canto, la parola, l’emozione, l’infinità dei gesti quotidiani legano l’amante all’amata, in una spontaneità e genuinità di sensi e di paragoni, di metamorfosi personalistiche di sé, quasi immersi «nello spirto silvestre, d’arborea vita viventi». È questo il sogno di un giorno qualunque, che diventa ideale, che assume valore mitico, che volge ad una trasmutazione di sé in elementi astrali attraverso un contrasto tra sentimento e razionalità, tra luci ed ombre, tra materia e spirito, quasi in una sorta di corrispondenza di colori e di emozioni, in cui immagini metaforiche si uniscono ad immagini reali, dove il paragone fa rivivere il sentimento. Ecco allora «fiori, profumi, luce, lo splendore / del cielo che ritorna fanciullo / e ride azzurro fino allo sfinimento. All’improvviso l’anima grida…». Si tratta della forza del sentire in una ricerca estenuante del-l’altra, ma soprattutto di se stessi, in una coscienza di sapere che «non l’avrei trovata». È la ricerca dell’incompiuto, in quanto il compiuto e la perfezione non esistono più, nell’ottica di un ‘essere’ e un ‘non essere’ che coincidono: «Ciò che non amerai diventerà cenere». La ricerca porta allo smarrimento, lo smarrimento alla perdita di sé. L’uomo allora diventa un ‘detrito’, che si dibatte nella piena. Ma se all’inferno si contrappone il paradiso, all’infelicità si contrappone la felicità. La riconquista dell’amata (forse non mai perduta) diventa oggetto dei propri sogni, e se ne esaltano le qualità attraverso la parola. Per lei si scrive ogni poesia, per lei si vive e si muore, per lei si «impara l’allegria». In questo senso la parola assume valore catartico, così come declama la stupenda poesia (forse sintesi dell’intera silloge) dal titolo “Non c’è domani”: «Non c’è domani / ma ti penso e m’illudo / e cerco di rubarti i sogni, / d’invertire la rotta del tempo e delle primavere. // Ma i sogni hanno il passo troppo lungo / e i miei desideri non sono addestrati. Sono rimasto indietro / come tutti gli affamati».

Angelo Manitta