Il Convivio
Poesia Slovena
a cura di Giovanni Tavčar
 
Boris Pangerc

 

 

 

 

Boris Pangerc č nato nel 1952 a Dolina (San Dorligo della Valle) nei pressi di Trieste.

 

Dopo aver concluso gli studi obbligatori nel paese natio, si č diplomato al liceo scientifico di lingua slovena a Trieste. Nel 1978 si č laureato in lingua e letteratura slovena all’uni-versitŕ di Ljubljana. Dal 1979 ha insegnato in varie scuole di Trieste e del circondario. Contemporaneamente ha collaborato come giornalista presso la RTV di Ljubljana, alla radio di Capodistria e alla RAI di Trieste.

 

Dal 1974 al 1978 ha studiato canto a Ljubljana. Nel 1978 č entrato a far parte del famoso “Ottetto vocale triestino”, di cui č, oltre che cantore, anche presidente.

 

Nel 1989 č stato eletto presi-dente dell’unione letteraria del Litto-rale. Nel 1994-95 ha rivestito la carica di presidente dell’Unione dei circoli culturali sloveni di Trieste. Contempo-raneamente č stato anche nominato direttore della scuola media di Prosecco (Trieste). Nel 1995 č stato eletto a sindaco del comune natio di San Dorligo della Valle, funzione che svolge tuttora.

 

Ha iniziato a scrivere e a pub-blicare poesie giŕ nei lontani anni sco-lastici. Se ci limitiamo solo alla produzione poetica (č autore anche di diversi libri di racconti e di materiale etno-grafico), possiamo elencare le seguenti raccolte: L’anfora del tempo (1972), Č sceso il silenzio (1981), La voce inte-riore (1990), I canti di Breg (1991), Avvicinamento alla poesia (1993), L’oro nero (1997). Numerose sue poesie sono state musicate da musicisti triestini e non. Ama in modo sviscerato la vita paesana, il contatto con la natu-ra e con la gente. Č un appassionato cultore e ricercatore di materiale etno-grafico della sua terra.

 

Pian piano nel nostro stesso paese

Pian piano
saremo stranieri
nel nostro stesso paese.
La parola farŕ stanchi progressi
e il ricordo ci rammenterŕ
i tempi antichi
che legavano la vita
da una generazione all’altra.

Da qualche parte
si č allentata la vena,
da qualche parte
č venuto a mancare il flusso di sangue,
da qualche parte
si č annebbiata la coscienza.
I legami hanno ceduto,
ora affluisce sangue straniero
nelle nostre contrade;
sotto i tetti s’ode
un cinguettio sconosciuto,
i bambini vengono allevati
come puledri selvaggi,
i genitori stanno scordando
la parlata natia.

Pian piano
nel nostro paese
non ci saranno piů conoscenti,
pian piano
nella nostra parentela
non ci saranno piů discendenti.

Počasi v naši vasi

počasi
bomo tujci v lastni vasi
težko
bo šla beseda od rok
še dober bo spomin
ko stari jedri časi
so vezali življenje
iz roda v rod

nekje se je zrahljala žila
nekje je zmanjkalo krvi
nekje pokončnost se je zalomila
in popustile so vezi
zdaj tuja kri
doteka v klance
pod strehami zavdaja tuj ščebet
otroke vzgajamo kot divje vrance
in staršem osipa se domač klepet

počasi
v naši vasi
ne bo več znancev
počasi
iz našega rodu
niti ne zanamcev
 

Tramonto

C’č solitudine nelle cose,
c’č solitudine nella gente,
non riesco a scacciarla
né con il chiasso
né con il vino.

Solitudine che bolle,
solitudine che brucia,
solitudine che mi strega
con l’assenzio nelle cose,
con l’acuta durezza nella gente.

Solitudine tale
che mi abbatterei
con la macina del mulino,
che mi grava sul cuore.

Č cosě solitario oggi
il tramonto
che mi ubriacherei
con il mio stesso sangue
e rimarrei a giacere
nel vuoto.
 

 

Zaton tega dne

je samota v stvareh
je samota v ljudeh
in ne morem je pregnati
ne s hrupom
ne z vinom

je samota ki vre
in samota ki žge
in samota
ki te uroči s pelinom v stvareh
in z ostrino v ljudeh

in samota
da bi se pobil
z mlinskim kamnom
ki drska v srce

tako je samoten
zaton tega dne
da bi se opil
od lastne krvi
on obležal v praznem
 

Giovanni Tavčar