Il Convivio Graziella Paolini Parlagreco  
Graziella Paolini Parlagreco

La pittura di Graziella Paolini Parlagreco ha «l’obiettivo puntato sulla bellezza da cogliere nei suoi mille momenti di manifestazione, nelle varianze emotive, cromatiche, formali, che appartengono all’oggetto del desiderio dell’immagine, ma anche alla ricca psicologia del soggetto creatore, inventore, “falsificatore”». Con queste parole intrise di lirismo Francesco Gallo presenta il catalogo antologico della pittrice catanese Graziella Paolini Parlagreco. Nelle sue opere si realizza un’intensa profusione psicologica che spesso viene accompagnata da una forte simbologia. Le pulsioni interiori trovano la loro materializzazione nella straordinaria intensità espressiva, che si concentra sia nei tratti sicuri e intensi delle figure che nel gusto cromatico acceso e funzionale. La funzionalità del colore viene esternata nella ricerca dell’essenza del soggetto rappresentato e nelle sobrie e fantasiose pennellate. Se lo stile della Parlagreco varia in tutto il suo corso artistico, certamente non la passionalità che riporta l’artista al mondo d’origine manifestandosi nella sensualità delle opere e nella ricercatezza del soggetto: «come il viaggiatore Baudelairiano, la Paolini Parlagreco è… partita per partire, per andare incontro al nuovo, ma ha poi avuto la sorpresa miracolosa di sentire che quei nuovi personaggi potevano essere anche i suoi» (C. Bo).
Comunque la tematica fondamentale della sua pittura è incentrata sulla figura umana, studiata nelle sue sfaccettature esistenziali con osservazione attenta e introspettiva. Tratteggia con spontaneità soprattutto le figure femminili, intrise di vitalità metafisica e di bellezza quasi surreale. Ma come si può parlare della pittura di un’artista poliedrica se non si conoscono tutte le sfaccettature della sua arte? Per Graziella Paolini Parlagreco penso sia fondamentale soffermarsi, per comprendere al meglio la sua pittura, sulle opere poetiche. I suoi versi sono costruiti «sui ricami essenziali della vita, il senso dell’effimero del tempo, la vanità e l’eternità insieme della memoria, la femminea apertura dinanzi ai fatti della natura», come arguisce Ferruccio Ulivi. Il senso del tempo intride tutta la pittura della Parlagreco. In una poesia l’autrice afferma che «si vive dall’inizio il proprio futuro» e poi continua dicendo che la corsa per due rampe di scale diverrà faticosa ricerca di un gradino dopo l’altro con la mano sul cuore «per chi corre e non sa / quanto pesante diventi, / un giorno, una scala». Evidente la metafora scala-vita. Ogni volto sembra manifestare la metafora della scala: l’incertezza e la paura del tempo che «passa e non s’arresta un’ora», ma anche la sensualità di un amore vissuto, realizzatosi o sgretolatosi in quelle immagini statuarie, che hanno sapore dechirichiano, e poi materializzatosi nei nudi o nei ritratti di giovani fanciulle. È evidente come la pittura della Parlagreco sia stata influenzata dalla metafisica, dall’espressionismo, come anche dall’impressionismo, ma il suo stile rimane sempre originale e molto affascinante.
Il catalogo antologico è dotato di un’ottima veste grafica e le immagini dell’interno sono arricchite da un apparato critico che si avvale di recensioni firmate da alcuni dei massimi critici italiani del Novecento. Per dirla con Leonardo da Vinci la pittura di Graziella Paolini Parlagreco «è una poesia che si vede e non si sente» e la sua poesia «una pittura che si sente e non si vede».


Giuseppe Manitta