Il Convivio Fògghi mavvagnoti di Josè Russotti: radiografia di una paese fra tradizione e sentimento (ed. Libera, Malvagna 2002)  
José Russotti

La gente, gli usi, la storia e i sentimenti dei cittadini di Malvagna, (piccolo centro della Valle dell’Alcantara) di-ventano i tasselli dei versi che danno vita al libro di poesie “Fògghi mavvagnoti” scritto e dedicato al proprio paese da Josè Russotti. Non solo recupero della storia locale, ma anche della lingua. Infatti il volume è stato scritto in vernacolo, tant’è vero che i versi diventano testimonianza di quel passato storico, economico e sociale di un paese prevalentemente agricolo e che ha vissuto e vive ancora il dramma sociale dell’emigrazione, che ha diviso in forma dolorosa molte famiglie. L’autore mette sulle labbra dei propri personaggi il dolore della gente che, consapevole della realtà, trova la forza di andare avanti attraverso l’amore per le proprie origini. Infatti il testo attraverso metafore sviscera storie e narra vicende biografiche. E di metafore il volume è ben ricco partendo da titolo con fogghi (foglie) e ventu (vento) due parole chiavi, queste, così come scrive nella prefazione Gianluca D’Andrea, «che manifestano in maniera lampante il fulcro tematico della raccolta: il plesso inscindibile dell’attaccamento all’origine (Malvagna: luogo d’infanzia, d’innocenza perduta e di rimpianto cocente) trascina con sé la rilevante constatazione di un destino implacabile, il quale al massimo consente piccole oasi di serenità nell’ambiente familiare». Ancora metafora in “Conto gli affanni”. Qui la sofferenza porta l’uomo a correre e cadere per poi rialzarsi nuovamente, fino a quando stanco trova riposo nel buio della sera. Ma “Fògghi mavvagnoti” soprattutto consente di conoscere le radici culturali e sociali di un piccolo paese siciliano attraverso antiche usanze, come le novene fatte all’alba che permette a molti di partecipare alla vita cristiana prima di recarsi al duro lavoro, o le donne che lavavano i panni nelle limpide acque del fiume Alcantara ed ancora il postino con il sacco delle lettere in cerca di destinatari ormai partiti. Ma alle tradizioni si contrappongono vicende amare in cui passato e presente si intrecciano, come la morte di un drogato e l’atroce dolore della madre. Josè Russoti riesce, con un tocco magico, a trasformare i versi in opere pittoriche quasi si potesse toccare con mano il colore del viso della gente che lavora, soffre e spera, in quel piccolo paese, alle pendici dei Nebrodi. Così «ritonna l’emigranti già vecchiu e l’occhi stanchi / ndâ so terra ingrata chi nun canusci santi, / penza e si dumanna ndô funnu du so cori / c’era propriu bisognu di vennìri ca a mòriri?». Ma il muro della realtà non potrà mai cancellare l’amore forte verso il luogo natio sempre più vuoto, tant’è vero che in “Donna Lucia Pantano”, poesia che l’autore dedica a Garcìa Lorca, verso dopo verso la forza dell’amore è l’unica risposta alla moltitudine di dubbi: «Contadini stanchi / con la vostra pelle bruciata dal sole! / Ah, dove siete. Campagne coltivate / a frumento ed odorosa malva. / Donna Lucia Pantano, / pensarci su non vale a nulla, / e lascia stare il tuo petto in pace, / perché Malvagna non morrà mai. / Almeno nel profondo dei nostri cuori!».

Enza Conti