Il Convivio Profonda solitudine interiore nel romanzo Non dire mai cosa sarà domani di Imperia Tognacci, (ed. Laterza, Bari 2002)  
Imperia Tognacci

L’acquisto di un appartamento situato in una località montana è l’incipit di questo bel romanzo di Imperia Tognacci. Una “casa verde” a due passi dai boschi, che si contrappone al “nido d’aquila” appollaiato tra alberi d’antenne e silenzi di cemento nella metropoli (p.9), dove Loretta, io-narrante della vicenda, vive abitualmente con il marito e due figli. Per la protagonista è un ritorno all’infanzia, a quelle «immagini del passato, quando si spandeva per la casa il profumo della piadina e la teglia di terracotta, infuocandosi, sprigionava un calore così forte che, allo stesso tempo, attirava e allontanava, spargendo per l’ambiente un odore festoso» (p.22). Al tempo stesso, però, la casa verde è anche il punto d’approdo dove smaltire le scorie della metropoli e fi-nalmente instaurare rapporti sinceri con gli altri. Infatti, in questo luogo al di fuori dell’avvilente, ma irrinunciabile quotidianità della città, Loretta incontra Maria con la quale entra immediatamente in sintonia. La donna le racconta con spontanea sincerità la sua difficile esperienza vitale. Nel suo passato c’è, infatti, il grande rammarico di non aver potuto avere figli in seguito ad una malattia che le ha precluso per sempre la maternità, violando anche il suo equilibrio mentale, ristabilito solo dopo una lunga sofferenza e, grazie all’incontro con un medico omeopata che l’ha aiutato a liberarsi da una grave forma di intossicazione e di dipendenza dai farmaci. Non è accaduto lo stesso ad una sua amica d’infanzia, vittima di un insolito e probabilmente letale innamoramento. Loretta apprende la sua vicenda leggendo alcune lettere che Paola ha scritto a Maria prima di sparire nel nulla. Un giorno Paola riceve una telefonata da un giornalista che afferma di aver visitato una sua mostra di quadri rimanendone favorevolmente colpito. Poi la telefonata diviene più personale e la donna si sente immediatamente affascinata dalla voce di Aldo con il quale parla senza difficoltà. «Le veniva spontaneo aprirgli il suo animo e parlargli di lei, avrebbe potuto raccontargli qualunque cosa, anche i più intimi segreti» (p.60).
Paola sente che l’uomo le appartiene pur non aven-dolo mai conosciuto, ignorando il suo aspetto fisico, la sua età. Si convince che si tratta di un’unione di anime che su-pera anche il limite della spazialità. Ma quando un giorno Paola, forse in un momento sbagliato, telefona ad Aldo e si accorge che la sua voce è diversa, addirittura autoritaria, l’intera costruzione mentale crolla fino a farla sentire im-provvisamente avvolta in un vuoto assoluto, che nel tempo sente aumentare dopo ogni telefonata. Un senso di vuoto «difficile da definire tanto da poterlo confondere con la pura immaginazione» e che ora «aveva trovato una concretezza. La sua voce, come le forze, si era improvvisamente abbassata... Forse tutto questo le succedeva perché Aldo era un sensitivo. L’animo è fatto di energie e lui, non potendola avere fisicamente, senza rendersene conto si appropriava di lei in un altro modo». (pp.82-83). Tutti le consigliano di trascorrere un periodo di tempo in campagna. Paola si decide quindi a partire, ma a questo punto anche le sue lettere misteriosamente si interrompono.
Ciò che emerge, a nostro avviso, dal romanzo della Tognacci è la profonda solitudine interiore che attanaglia l’universo femminile in bilico tra la percezione della propria racchiusa interiorità e la imponente razionalità della mente e che, in una possibile interpretazione del romanzo, si potrebbe identificare, metaforicamente, nella più complessa contrapposizione tra l’incanto della natura, assoluto territorio dell’anima, e il fascino esteriore della città, tempio della materialità dell’esistenza. Ma la forza del romanzo è anche, e soprattutto, nell’invito a non cedere alla costante insidia di trasformare la nostra vita in un inutile accumulo di giorni privo di ogni contatto positivo con gli altri e di evitare di diventare «ombre chiuse nei singoli universi, tra altre sco-nosciute ombre» (p.89).
 

Mario Landolfi