Vito Zingales |
Vito Zingales, nato a
Palermo 39 anni fa, lavora presso la prefettura della sua città, occupandosi
soprattutto delle vittime della criminalità organizzata. È un viaggiatore,
un ‘cercatore’ di emozioni. Ha viaggiato e continua a viaggiare attraverso
l’Europa, ma pure in altri continenti. Una delle sue passioni è anche lo
scrivere. Scrive romanzi e racconti, cogliendo dal semplice l’immensa
straordinarietà della vita. Egli si definisce un ‘minimalista decadente’ ed
un acrobata surrealista. Ha pubblicato nel 1986 un suo volume di poesie,
“Bucanieri di Balocchi”, con il quale ha vinto diversi primi premi, ma ora
la sua seconda pubblicazione è il romanzo “Là, oltre i campi di Sfaax”,
risultato vincitore al Concorso nazionale di Narrativa Ibiskos 2001.
Il romanzo rispecchia un po’ la vita dell’autore. Si tratta di un viaggio,
di un lungo viaggio che porta dagli Stati Uniti al Messico, mentre il
protagonista Mik Isizureta va per ritrovare la madre ormai vecchia e malata.
Siamo nell’ottobre del 1994. Una lunga ed inaspettata lettera arriva a Mik,
antropologo del Nebraska, da Xelosas, una piccola città messicana, dislocata
in un mondo che sfuma tra realtà e fantastico delirio. La lettera gli viene
inviata da parte della madre Maria, che confida al figlio di essere prossima
alla morte e gli esprime un grande desiderio che cova nel suo cuore: vedere
con lui, per l’ultima volta, le scintille dorate del Guantanamo, il grande
lago. Il figlio Mik non esita un attimo. Abbandona tutto per giungere in
tempo all’appuntamento con la madre, immettendosi in un lungo viaggio con la
sua auto che lo riporta a rivivere la sua fantastica adolescenza. Il viaggio
si trasformerà in un grande sogno pervaso da vecchie cantilene navajo e da
vivide scene di indomabili Sioux che, al galoppo, liberi e selvaggi, gli
corrono a fianco fin sotto agli indefinibili orizzonti curvi e immobili
della sua macchina. Si tratta di una corsa contro il tempo, di un inseguire
una meta che va oltre quel sogno che ognuno di noi custodisce nel cuore: la
libertà. Ed è proprio su questo incentrato il romanzo, sulla ricerca della
libertà e la risco-perta di se stessi e delle proprie radici, oltre che dei
propri affetti familiari. Ma il movente scatenante è la lettera della madre,
che scrive: «La vita, lo sai, è una grande incognita, come le strade che
attorcigliano Viralte. Eppoi sono vecchia e tutta questa vita che mi gira in
cerchio mi stanca. Prefe-risco pensare che il tempo, da qualche parte,
magari vicino al Guantanamo, si sia fermato o magari vi stia aspettando per
le solite scorribande». Ed ancora continua: «Ma ora sono vecchia ed ho tutto
il tempo che voglio. Posso perfino pensare a quanto sarà bello il giorno o
la notte in cui incontrerò il nostro angelo mondiale. Ma quel mondo, sarà
bello come il nostro mondo?». Su questo sogno e sulla ricerca della felicità
ruota il romanzo, accattivante e certo avvincente.
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