Amalia Maria Amendola
|
|
Silenzio
Racconto
Silenzio. Qualcuno dorme in
fondo alla culla. Silenzio. Una bambola dondola. Ha di opale il viso e
zaffiri gli occhi, il vestito di lino. Le ciglia più nere del legno
bruciato; sotto la cuffia di tulle ha mogano in trucioli.
Silenzio. Qualcuno dorme in fondo alla culla. Silenzio. Una bambola urla.
Gonfiando le gote di odori di rosa, spruzzando nell’aria diamanti di pianto.
Non piange, però. È tutta finzione. È una bambola vera per collezione. Nel
vecchio negozio di un rigattiere, più vecchio del vecchio negozio, è l’unico
pezzo che non è in vendita, che non ha prezzo. Oggetto unico, una rarità, e
questa è la scusa che il vecchio si inventa se un cliente, passando di là,
vedendo la bambola se ne innamori…
Nessuno sa quando il vecchio e la bambola arrivarono in quella città, dove
il mare è turchino di fata e le case ricami di pizzi e merletti. C’è chi
giura di averli già visti altrove, chissà dove, e chi dice di non averli
incontrati mai.
Silenzio. D’un tratto il cristallo da sopra la porta del vecchio negozio
tintinna, squilla, annuncia un visitatore. Buongiorno, signor rigattiere,
vengo da molto lontano, per vedere con i miei occhi se è vero quello che
dice la gente. Che avete una bambola strana, antica e molto preziosa. Vi
offro un terzo del mio regno se me la cedete. Spiacente, Signor Sovrano, non
vendo oro per oro. La bambola resta con me.
Silenzio. La bambola dorme. Silenzio. Il vecchio la culla. Bambina mia,
riposa serena, ti amo e non mi allontano da te, neanche se un re, una
regina, mi offre la luna con tutte le stelle, e quello che c’è di più bello.
Passano via le ore danzanti, di nuovo il cristallo sbriciola l’aria in suoni
d’argento. Buongiorno, signor rigattiere, ho viaggiato a lungo attraverso
deserti di anime, seguendo la scia di polveri d’oro e sete lucenti. Vi offro
metà del mio regno per un mio sogno, un mio capriccio. Spiacente, Signor
Sovrano, non vendo oro per oro. La bambola resta con me.
Silenzio. La bambola dorme tranquilla sognando i colori. Tingendo i fondali
marini di fiori, i cieli di madre-perla, ambra, rubini. Il vecchio serve un
paio di clienti, soffia via la polvere, tira giù le tende. Il sole è al
tramonto, è ora di chiudere. Ma ecco che bussa insistente un terzo cliente.
Buongiorno, signor rigattiere, la mia terra è al di là del mondo. Ho
spronato il mio destriero, cavalcato per mari e per monti, per una bambola
da collezione. Vi offro tutto il mio regno se me la cedete. Spiacente,
Signor Sovrano, non vendo oro per oro. La bambola resta con me.
Silenzio. La notte è calata. Il mare di fata respira lento, rimescola fango
alghe e perle. La bambola dorme cullata dal canto del mare. Il vecchio fa i
conti nel retrobottega. Tre re sono giunti in questa città in cerca di
prodigi, ricchezze, rarità, e sono tornati più vuoti di prima. Nessuno ha
capito che tu non esisti, che sei la bellezza del mondo attraverso i miei
occhi, nessuno ti vede per quello che sei, la mia bambina, il mio amore, la
mia compagnia. Disegni paesaggi di musiche e suoni, parli ai mari, ai cieli
e ai suoli. La gente si incanta a guardarti in vetrina, diffonde nel mondo
la voce che una bambina fa cose stupende, che è il tesoro di un vecchio
mercante. Ma tu non sei vera, sei una finzione. Sei solo una bambola per
collezione… |
|