Unheimlich  

Vittorio Baccelli

Lievita
dal panorama odierno, elettrico,
una follia tranquilla, verrebbe da dire
mentre ci fermiamo per cercar
di comprendere la direzione da usare in
una perturbante situazione con azioni sfuggite
da qualche tempo alla logica più razionale:
ogni spiegazione è giusto che debba arrendersi
com’essere sporgente al baratro, in fondo al baratro
c’è una bocca, un occhio, forse
un morto pezzo di cuore.

Il nero inchiostro rende visibile il tuo riflesso
il soffio del deserto lentamente incalza
come la nebbia dei pianori o quella dei campi
ove verzura donata giunge a falsa maturazione
apparire o scomparire, facendo a gara
nell’impossibilità che si rende reale - d’un tratto -
emozioni forti che spezzano, interagiscono e respingono.

All’interno del mondo virtuale nel sogno non
hanno corso le categorie dalle modalità
ambivalenti, vissuti emozionali
- improvviso naufragio autoconvertito
contrappunti di vene e dissonanze
esuli i polsi dalla scena a densità variabile
suggestiva più d’ogni altro moto
teso a mostrare l’impotenza
di noi cane
segnate a calce dal più breve invito alla
deframmentazione tesa a mostrare
spiegando spirali opalescenti.

Ombre schive sovrastanti amore,
abbia inizio il giorno di carni sconsacrate
e droghe dal bianco inclinato
su relais e scorie di lastre fenoliche e microchip
mescolati nella terra a frammenti di bianche ossa calcinate
non si è più molto sicuri del ritorno
al proprio status originario, di quiete
origine della sapienza nel vortice degli input
violentemente scagliati nella salita dei gradini
d’ardesia bluastra.

Su in cima allo ziggurat
colpiti dalla luce argentata
della luna dal suo suolo butterato, poi la caduta e
durante la caduta
la percezione d’essere ancora alla moda
come straordinario esempio di ri-creazione,
fenice, alla luce del pensiero maledetto
le protesi impiantate come
moltiplicatori di forse nell’affermazione
della più radicale instabilità con
indefinibili condizioni
malformazioni nei nanomeccamismi impazziti
in questo universo a stringhe,
portatori d’acqua bruciante
in sosta davanti al grande fiume.

Sito ove le montagne s’inabissano
assieme ai pensieri del pensante;
ogni pensiero un rischio
ancor più d’ogni convenzione,
perturbante sicumera degli avatar
fuggiti senza più alto né basso
oltre i fenomeni razionali d’un gotico inespresso
soffocando all’entrata della piazza dei venti
per comparire e scomparire
senza scompone l’ombra promessa dalla parabola
allo specchio deforme della parola stessa.

Inquietudine inquieta
davanti alla primeva luce sorgente ove
lei nuda si specchia e si...
…e si masturba
cullata dagli ultrasuoni
inondata da raggi portanti
di morte e di vita:
indifferentemente.

 

Poesia Italiana