Il Convivio Recensioni Antonietta Benagiano di Alfonsina Campisano Cancemi |
Antonietta Benagiano: il senso
della sacralità della vita in Dove il mirto…
(Edizioni dell’Istituto di Cultura di Napoli – 2002)
All’alba del terzo
millennio, in una società in cui si uccide per gioco e si vincono cifre
astronomiche partecipando a quiz televisivi offensivi della comune
intelligenza, poco spazio rimane alla poesia, che per me è l’estetica e la
religione della vita. Ha il potere, infatti, di sconfiggere il tempo, la
paura, l’indifferenza. Scriveva Heidegger: «Nel tempo e nella notte dei
tempi, i poeti, cantando, insegnano il sacro». E proprio il senso della
sacralità della vita ho fortemente avvertito, al di là di ogni retorica,
nella poesia di Antonietta Benagiano, espressa attraverso il dolore che si
sublima in olocausto e la passione che si fa oro fino nel sole della fede.
C’è nella poetessa un retroterra culturale classico che, lungi dall’essere
reminiscenza scolastica, diviene sangue vivo e rende ancor più prezioso il
suo linguaggio poetico. Da lontananze remote approdano i mitici personaggi
di Afrodite, Elios, Selene, Lachesi, Atropos, Mnemosine, Eros, Calliope,
Clio, Poseidon, Orfeo, Minosse e il Minotauro, Arianna con il suo gomitolo
salvifico, “Antigone cara”, e Niso ed Eurialo ed Ettore, l’eroe; personaggi
della mitologia splendidamente inseriti nel tessuto del quotidiano perché la
poetessa canta l’uomo con il suo dramma del vivere e del morire; canta
l’uomo con i suoi sogni e le sue perversioni; e in questo senso canta
l’eterno, perché il cuore dell’uomo è eterno e non varia col mutare delle
stagioni o con lo scorrere dei secoli. |
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