Il Convivio Antonio Conserva di Serena Careddu |
Antonio Conserva,
Turibolo (Memorandum, gennaio 2003)
«Scrivere è un bisogno
dell’anima. Esprime il proprio bisogno sprigionando immanente,
imprescindibile necessità» scrive Antonio Conserva nell’ultima di copertina
della sua recente pubblicazione dal titolo “Turibolo”. Ed in effetti lo
scrivere è non solo un profondo desiderio di comunicare con gli altri, ma
pure un grande bisogno di comunicare con se stessi. Lo scrivere è quasi una
ricerca interiore, un voler capire se stessi e volgere i passi verso la
meta, verso i grandi ideali di pace e di felicità. L’impegno sociale
dell’autore appare fin dall’inizio della silloge, in cui viene presentata
una poesia (quasi ad epigrafe) dal titolo “Pace”, poesia scritta da un
ragazzo di nove anni: Renato Santacroce. «Ecco c’è qualcuno che ti sostiene,
arrivano gli altri: eccoti finalmente Pace!». La poesia diventa quasi la
conquista di grandi ideali, tra cui l’amore, la solidarietà, la pace, la
spiritualità. L’amore è un dare senza esitazione, un donare
«nell’insegnamento del Signore». La solidarietà è un dovere verso il
prossimo. La pace è una conquista dall’essere umano. La spiritualità emerge
dal profondo desiderio di colmare un vuoto interiore. Le 25 liriche della
silloge sono, infatti, soffuse da uno spirito religioso. L’uomo senza la
fede in se stesso e negli altri, o Altro, perde la speranza di vita. Di
fronte alla violenza non resta che abbassare lo sguardo, ma non in segno di
rassegnata passività, bensì nel tentativo di ricercare una risposta in Dio.
L’uomo pur nella sua centralità, ha sempre bisogno di Lui, persino di fronte
alla profanata New York, dove si sentono «fragori d’urli empirei», il cuore
impazzisce ed «eroi ordinari d’abnegazioni s’impongono d’ammirazione». |
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