di Pacifico Topa


 

Anna Famà Magnino:
fantasiose sfumature e sentimento in Primi sapori


La poetessa Anna Famà Magnino, emerita educatrice, ha voluto lasciare una concreta testimonianza del suo operato professionale, stilando versi spontanei, schietti, oserei dire, puri come gli animi dei bambini. La silloge “Primi sapori” (Messina 1991) è un condensato di arte educativa, potrebbe anche assumere carattere pedagogico, in quanto gli argomenti svolti hanno tutti funzionalità formative, non solo culturalmente, ma soprattutto psicologicamente. Dotata di ottime capacità intuitive, l’autrice ha saputo interpretare ed estrinsecare quel mondo infantile in cui ha operato per tanti anni, non negando da averne anche lei tratto utili ammaestramenti. I versi sono limpidi, scorrevoli, oserei dire dialogici con sfumature fantasiose, espressioni di sentimento, ammaestramenti etici, tale che il testo potrebbe essere utile ad un’azione proficua anche nella scuola di oggi. Il tono è sempre sereno, gioioso, addirittura fiabesco… «Un topo disse al gatto: / un giorno io t’ammazzo…», invenzione che si presta a respingere ogni velleità di superiorità.
Ricca è la parte dedicata all’educazione religiosa in cui si enunciano principi di fratellanza, carità cristiana, solidarietà, uguaglianza… «La terra senza distinzione / accoglie uomini bianchi / e uomini di colore…». Con spiccato sentimento religioso Anna Famà Magnino dedica alcune composizioni alla fede. «Rendiamo lode a Dio / per quello che ci hai dato…», più avanti: «Tocchi di campane / salutano Maria…». Con parole semplici affronta l’insegnamento religioso che dovrà essere alla base della persona umana. «E venne alla luce / il Figlio di Maria…». Gradevole spunto natalizio che poi s’addentra nel dramma della Crocifissione: «Ultimo tramonto / si getta sulla Croce / di Gesù Morto». Per esaltare lo spirito di povertà lei chiama in causa il Santo di Assisi, la cui vocazione fa sempre breccia sui più piccoli. La raccolta affronta anche tematiche attuali, quelle che rattristano con argomenti riguardanti l’infanzia abbandonata, violentata, orfana; si sfiora il dramma dell’emigrazione, della perdita della mamma. «A mani giunte ti prego Gesù / fa che la mamma torni quaggiù». La silloge si conclude con alcune creazioni ricche di spunti affettivi, ma anche di serenità e di gioia, doti tipiche dell’infanzia, della maternità, dell’amore per la natura. Una panoramica ad ampio raggio della realisticità del mondo infantile versificata elementarmente come richiede il mondo dell’infanzia.

  • Alienante vento, travolge attimi in fioritura!

    Sulle sponde del Tigri approda la morte.
    Ancora sangue di martiri e di eroi,
    dati in olocausto per un perché senza significante,
    andati incontro alla morte,
    forse, non per libera scelta,
    forse, staccati troppo presto dal cordone ombelicale.

    E sangue s’incontra sulle strade.
    E sangue ancora dalle montagne a valle.
    Non porterà più legna il padre
    per scaldare il misero casolare,
    né madre né sposa futuro sereno
    potrà mai coniugare.

    Bimbi già adulti ignorano il senso
    di corpi ammazzati da mano guerraiola,
    che accorpa al suo volere ricchezza e vana gloria.
    Il mondo, no, non è nelle tue mani, uomo!
    Né padrone sei di vita e di morte.

    Nel logico contrasto la guerra è pace.
    La pace è amore.
    Nostro Signore morì sulla croce
    per dare vita alla pace e all’amore.
    E voce d’amore iscrisse sul sudario
    il Redentore del mondo, l’Incarnato.

    In cima alla Roccia, Cristo Risorto incise la pace.
    Ascendere si può soltanto con le ali,
    forgiate su questa terra, praticamente
    usando di Dio Padre la Parola.

    Occhi limitati uccidere non possono
    valori conseguenziali alla persona umana.
    Oh, non udite il gemito urlante del bimbo
    al seno della madre agonizzante!
    Non vedete il sole declinare e nascere
    dal monte degli orrori?
    Veloce corre la fiumana al mare.
    Il fondale è misto di sale e di sangue.
    Il vento riporta la voce dei morti,
    e l’urlo di una bandiera che più non fa storia.
    Celiamo ai martiri le mani dei rei
    che uccidono religioni e bandiere.

    Il sole al suo risveglio il giorno apre nel nome del Signore.
    La coscienza umana all’eco ingloba il suo volere di pace,
    di quella pace che l’uomo non sa dare.
    Tu, uomo, puoi mutare in luce il buio del giorno nero
    e al figlio che ti osserva puoi dare un chiaro cielo.

    Su questa deserta sabbia tutto è relativo.
    La gloria, la ricchezza, la vittoria, la potenza
    è bene che in divenir del giorno si consuma.
    L’immagine divina dentro ogni creatura è l’assoluto.
    Fuori del proprio sé l’uomo non lo ritrova,
    e pellegrino va in cerca di un altare per credere e pregare.

  • Il Ponte Italo-americano
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