• R a c c o n t o
  • Il flamenco del mare


     

    …Nostalgia,

    ah, questa nostalgia,

    anche le onde hanno un pegno

    si annega nel profondo dell’aurora.

    Partono i profughi

    con tormenti versati

    nel mulino della pazienza,

    con le notti balcaniche

    negli occhi della tristezza…

     

    Una calma pioggia era iniziata da tempo. Tutti volevano partire senza aspettare un miglioramento del clima. Erano sei, senza contare il ragazzo di sedici anni, il quale non si era allontanato dagli altri neppure dopo aver visto il maltempo che si stava avvicinando. Martin era lì con sua moglie e la bimba di quasi tre anni. Anche l’uomo del sud aveva con sé un bimbo di due o tre anni e la moglie, mora, con i capelli lunghi e scuriti come il mare di quella notte. L’ultimo seduto sull’imbarcazione era Areni, l’unico che non guardava mai le estreme onde che, contemporaneamente, si avvicinavano alla terra e si allontanavano dalla barca. Agimi, il ragazzo, si mise sulle spalle di Martin. La luna era scomparsa tra il gocciolare della pioggia. Così sono tutte le partenze dirette verso un’altra terra. Essi avevano l’angoscia di non voler partire, di voler tornare indietro, e una certa nostalgia, che era come un peso allo stomaco.

    - Siamo pronti? Partiamo?

    Il proprietario della barca restava sulla cima, con una tela cerata che, alle volte, splendeva sotto le gocce di pioggia.

    - Partiamo, partiamo! Dio sarà con noi oggi! - disse Martin, facendosi il segno della croce.

    Da mezzanotte egli aveva un viso amareggiato, debole, stanco. Sua moglie stringeva la bimba impaurita al petto. La stessa scena si poteva osservare anche per l’uomo del sud, che stringeva le sue spalle a quelle della moglie e, con gli occhi, contemplava il viso del figlio, il quale era rimasto a bocca aperta come una rondinella.

    - Chissà quando finirà questa pioggia!

    I motori gridavano annegando l’oscurità del silenzio. Lo sguardo degli emigranti s’imputridì nello spazio infinito, annerito, splendido. Areni restò con la testa indietro. Quanto avrebbe voluto tornare ancora una volta, come due giorni fa, per baciare i suoi figli lasciati nel sonno!

    «Perché non sono tornato, perché? Solo una parola avrei voluto dire loro, una promessa, una luce!».

    Così voleva la consuetudine, bisognava sparire come ladri, in silenzio, con il passo felpato dei gatti, nessuno doveva sapere, prima di essere arrivati sull’altra sponda del mare. Era un vero dolore questa partenza, un dolore invisibile come il movimento del mare quando i venti dormono lontani… Una sofferenza che ti lasciava senza respiro.

    Areni doveva partire, perché non poteva più restare per giorni e giorni senza lavorare, girovagando nella piazza gialla della sua morta città. Una città che non desiderava i suoi abitanti e che non respirava ormai da molto tempo. Quasi tutti erano andati via per cercare un lavoro. Ma questa dell’Areni era una partenza che non poteva essere superata da nessun mare. Il sorriso incolpevole dei suoi bambini, l’angoscia di sua moglie, la vecchiaia di sua madre si rincorrevano senza sosta nella mente di Areni. Egli guardava i suoi compagni di strada e pensava che tutti loro, probabilmente, avevano la stessa lusinga, lo stesso dolore sulle spalle.

    - Voi perché affrontate questo rischio, amico? - chiese a Martin l’uomo del sud, guardandosi intorno.

    - È una lunga storia, buon uomo! - rispose Martin. - Da due anni non potevamo più uscire di casa. Questioni di ostilità. Non se ne poteva più, veniva la mattina, veniva la sera, avevamo paura anche di mangiare. Meglio andare dritti verso il mare, come ora. Altrimenti che vita è questa, una vita con la paura? E tu, invece? – chiese, poi, all’uomo del sud.

    - Per lavorare, fratello, solo per assicurare il pane ai miei bambini. Solo io so come sono partito, solo il mio animo lo sa!

    Il più giovane dormiva.

    - Povero ragazzo, sta dormendo.

    - È piccolo, ancora bambino, non è cresciuto abbastanza.

    - Lascialo dormire - esclamò il barcaiolo - è meglio così, almeno sarà libero dalla paura del mare.

    Le due donne, frattanto, non dicevano niente, solo stringevano ognuna il proprio figlio, come se avessero avuto paura di un ladro. La barca scivolava sui flutti, lasciando dietro di sé una scia acquosa, che si collocava alla fine di una strada senza colori. Da qualche parte splendette un lampo, poi ci fu un gran frastuono. La pioggia ricominciò a cadere più veloce. Gli emigranti presero la gran coperta che si trovava sul fondo della barca. La paura fece accovacciare tutti insieme i loro corpi sotto l’ombra della notte.

    - Non lasciatevi impaurire dalla pioggia: è bugiarda, non spaventosa! - disse il barcaiolo.

    Il vento cominciò a giocare con l’acqua. Tutto ballava al ritmo ben conosciuto dal mare, quel ritmo che iniziò il giorno della nascita delle onde e dei venti.

    - Ma se decidessimo di tornare sulla costa? - chiese il ragazzo, svegliato improvvisamente dal rumore del mare.

    - Sarebbe la stessa cosa - disse il barcaiolo, - dobbiamo attraversare il canale prima della tempesta. Eccola, (anche un mezz’ora, diciamo che siamo vivi.)

    - Non fatevi prendere dal panico, abbiamo anche dei bambini qui! - notò Areni con i suoi piccoli occhi.

    Non so perché egli fu preso da una forte nostalgia per i suoi. Ah, se ora avesse potuto avere la possibilità di tornare indietro, solo per accarezzare un po’ i loro capelli scompigliati dal sonno, ah, se ciò fosse possibile…! Oramai era tardi per tante cose, la notte aveva occupato con le sue ali tutto il mare. I capelli di tutti loro si muovevano tra la pioggia a causa del vento, creando un ballo terribile ai confini della magia e di ciò che non era ancora successo.

    - Attenti, uomini, il mare si sta svegliando, tenetevi forte! - gridò il barcaiolo con le mani strette sulle corde dei motori.  - Cercate di tenere in equilibro la barca, stringetevi!

    L’uomo del sud si alzò sulle ginocchia e il caldo fiato della sua stessa bocca gli investì il viso:

    - Perché non ci hai avvertiti? Tu conosci il mare, perché hai deciso di partire proprio oggi? Per due giorni siamo rimasti sulla costa, saremmo potuti rimanere un giorno in più, perché no, perché?

    - Mio Dio, cosa farò io adesso? Povera figlia mia, stringila forte Marta, tienila calda, è piccola!

    Solo il giovanotto non parlava. E neanche le altre due donne bagnate dalla dolce pioggia.

    - Mamma, è finito il mare? - chiese il figlio dell’uomo del sud.

    - Ce n’è ancora un po’, dormi tesoro, dormi, sono sicuro che vedrai una terra piena di fiori in un bel sogno!

    I passeggeri riconobbero la soave voce delle donne, che, avvolta dalla paura, vibrava come una foglia di primavera. I capelli anneriti di una delle donne, anche se bagnati, cominciarono a muoversi e ricadere sopra le sue spalle. L’uomo del sud abbracciò la moglie in un silenzio terribile. Anche Martin non parlava. Egli guardava con gli occhi di una bestia ferita la notte intorno a sé e sentiva il vento che sbatteva sfacciatamente la barca da dietro.

    Mentre nessuno parlava tutti sentirono la voce del giovanotto:

    - Sapete perché sono partito e sono andato lontano dalla mia città? Forse non mi crederete, lo so che non mi crederete, ma io sento la voglia di dirvelo.

    - Parla, parla, ma fallo un po’ più in fretta, perché forse non riusciremo ad ascoltarti fino in fondo - esclamò Areni con la voce annegata in gola.

    - Io sono partito di nascosto insieme con il mio sogno… Il mio gran sogno… Voglio tanto ballare, io so che diventerò un ballerino famoso. Nella mia città non avrei mai potuto, perché in essa non esiste un palcoscenico o una grande scena. Io imparo da otto anni, ma nessuno ha voglia di applaudirmi: la gente è stanca e si chiude in se stessa.

    - Tutti abbiamo un sogno ragazzo, tutti, ma i sogni difficilmente diventano realtà, soprattutto in una notte come questa di oggi.

    - Bob, la barca! - gridò la moglie di Martin.

    - Non aver paura, tesoro, il vento è come cotone! - le disse suo marito.

    - Attenti, tenetevi forte!

    Un gigantesco flutto improvvisamente coprì la barca d’acqua. Essa incominciò un ballo impazzito in mezzo al mare. Le due donne piangevano stringendo i bambini. Il mare divenne un folle nemico. Il ragazzo si alzò in piedi sulla barca e iniziò a ballare con le braccia aperte simile ad un’aquila che vuole volare lontano.

    - Ma sei impazzito! - gridò l’uomo del sud. - Siediti!

    - Ecco, questo è ballare se sei bravo a tenere l’equilibro!  Com’è bello! Areni, fratello, guardami, cosa ne pensi: diventerò un famoso ballerino oppure no?

    - È impazzito, povero ragazzo, piccolo uccellino!

    - No, non sono pazzo, voglio solo ballare, chissà… forse non ballerò mai più, chi lo sa!

    - Il vento inghiottì le parole del ragazzo come stava già facendo con le onde, le quali, nuovamente poi s’infrangevano contro la barca, simili alle parole del giovane che, ancora, riecheggiavano nell’aria.

    L’uomo del sud per primo notò la mancanza del barcaiolo.

    - Ma dov’è il barcaiolo? - parlò come in un sogno.

    - Non lo so, non si vede da nessuna parte. Ah, eccolo, egli è tutto insanguinato: è ferito!

    - Prendi tu il suo posto! - disse Martin con gli occhi fissi sul ragazzo.

    - Io non ho idea di come vada indirizzata una barca!

    - Fino a quando saprai ben ballare, potrai fare anche questo! Presto, non abbiamo tempo!

    Nel frattempo anche un’altra onda si infranse sulla barca, la quale oscillava come una enorme culla.

    - Povera me, non vedo più mio figlio! - gridò la moglie dell’uomo che veniva dal Sud.

    Il piccolo gli era scappato dal seno ed ella divenne come pazza. L’uomo del Sud prese a cercarlo nella barca, muovendo freneticamente le mani. Lo trovò in un angolo e lo prese, stringendolo come se avesse voluto conficcargli le dita nella carne umida.

    - Oh figliolo, quanto mi hai fatto spaventare! – disse, baciandolo con le labbra bagnate come se non lo avesse visto da un secolo.

    Tutto era una vera follia. Il mare, la pioggia, gli emigranti, la barca con il ragazzo che, ballando, restava sospeso come un gabbiano che vola innamorato.

    - Non ci sia inimicizia tra di noi, no! - parlò con voce profonda Martin.

    - Sì, che sia così fratello, così! - parlò Areni, adesso tutto bagnato.

    Il vento urlava, il mare continuava con la sua pazzia. I viaggiatori della notte, spaventati a morte, con gli occhi risplendenti d’angoscia, si strinsero corpo a corpo come se si fossero trovati davanti al plotone d’esecuzione. Per primo c’era il ragazzo, il quale, con la corda del motore tra le dita, non si saziava di guardare l’infinito mare perduto nell’oscurità e nel vento. Nessuno parlava, perché nessuno aveva niente di dire. Le onde si rincorrevano una dopo l’altra, con crudeltà. Le donne, tra le lacrime, stringevano i bambini.

    - Prendete il fuoco d’artificio, è sotto la coperta! - parlò il barcaiolo con debole voce. Areni tirò subito fuori l’accendino dalla sua tasca e accese il fuoco. Il cielo, per un momento, s’illuminò di mille stelle che ricadevano sul mare.

    - Forse Dio vedrà questa luce!

    - Nessuno la vedrà, nessuno!

    - Nel cielo danzavano i lampi. La barca si stava riempiendo di acqua nera.

    - Sapete nuotare? - chiese Areni con il corpo già in acqua.

    - Io no, ma imparerò oggi! - disse impaurito il ballerino.

    - Sì giovanotto, imparerai, sono sicuro, tieniti forte alla mia spalla. Dammi la mano!

    Le onde ballavano una folle danza, una danza che, forse, il ragazzo non avrebbe mai potuto ballare in tutta la sua vita. Le donne non si vedevano più, le aveva inghiottire il mare. L’uomo del Sud sentì il pianto di un bambino e lo prese tra le sue braccia. Intanto sentì qualcuno tirarlo da sotto l’acqua.

    - Lasciami, lasciami, non tirarmi, ho un bambino, non vedi? - gridò l’uomo del Sud.

    Da sotto per un secondo sbucarono due mani con le dita aperte, le stesse che prima erano come un amo e adesso parevano dormire. Poi sparirono nella profondità del mare, alleggerendo l’uomo del Sud che stringeva ancora il bambino.

    Intanto Areni cercava di salvare il ragazzo. Le sue gambe e il suo corpo erano neri nella notte.

    - Non aver paura, giovanotto, dimmi il tuo nome, come ti chiami, parla, parla?

    Agim è il mio nome, Agim! Significa alba della mattina! - Le labbra del ragazzo si muovevano come se avessero voluto creare un danzatore di flamenco, il ballo sognato dal ragazzino. Le labbra vibravano come due farfalle dentro un reticolato, creavano un ballo (vicino alla morte).

    - Ah, come è bella la mia città, solo che non esiste in essa una pista per ballare. Chissà se mai ballerò.

    - Ballerai Agim, ballerai!

    Dopo… dopo… il rumore dell’onda avvolse tutto. Areni con Agim guardavano la morte che accarezzava il mare, (quella perdita senza occhi e senza bocca che infastidiva il cielo….) dopo qualcuno li tirò giù… non videro più niente… voci straniere entrarono nelle loro orecchie insieme con l’acqua… nulla...

     

    ***

    Un viso pulito, chiaro, un corpo vestito con l’uniforme di un capitano, un’ombra sulla piccola nave straniera…

    - Quanti sono i sopravvissuti?

    - Non lo so, qui siamo tre insieme con una bimba.

    - Chi è vivo? - chiese Areni. Egli aprì gli occhi e ascoltò l’uomo del Sud che raccontava con voce debole.

    - Qualcuno me la tirò da sotto, io stringevo la bimba, lo pregai, gli dissi di lasciarmi: «Non mi vedi?». Dopo mi guardò con occhi disperati e fu trascinato sul fondo. Io pensai di avere mia figlia tra le mie braccia … oh… non posso crederci… ho salvato la bimba di Martin… forse per questo mi lasciò andare… forse… oh!

    Respirava con fatica. Egli piangeva, gridava, urlava, si sconvolgeva come un uccello che arde.

    Il capitano lo guardava speranzoso di poter lenire almeno un po’ il dolore di quest’uomo, ma ciò era impossibile. Era un dolore che veniva da una terra lontana, straniera, una terra lacerata dallo sgomento. Il mare gridava ancora, aveva preso troppo questa notte: due donne, un bimbo, due uomini.

    Areni voleva piangere, il suo era un pianto che gli arrivava fino in gola e, dopo, gli provocava un desiderio di vomitare. Il ballerino restava calmo dentro la coperta straniera. Con voce tenerissima parlò:

    - È tutto finito, càlmati, càlmati, Areni!

    - No Agim, comincia adesso, questo è il gemito che fa tornare indietro. Guarda l’uomo del Sud, guardalo, è diventato pieno di dolore. Stringe la bimba dei naufraghi come se fosse sua figlia.

    - Tu come ti chiami? - chiese il capitano all’uomo del Sud.

    - Nessuno! - rispose lui con le labbra sui capelli della bimba. Egli la coccolava con le mani ingiallite, poi le sussurrò con voce di cigno:

    - Non piangere, piccola… non piangere!