di Enrico Marco Cipollini e Pacifico Topa


 

Antonia Izzi Rufo: versatilità di una poetessa-saggista


La Ginestra di Giacomo Leopardi
La bio-bibliografia su Giacomo Leopardi è sterminata e alle nuove voci che s’aggiungono bisogna dire un grazie per i contributi, mai abbastanza, che apportano a questo grande quanto infelice intellettuale. Come sempre il saggio editato di Antonia Izzi Rufo (dal titolo “La ginestra di Giacomo Leopardi”, Il Convivio, Gennaio 2003, con prefazione di Angelo Manitta) parte da motivi biografici: una gita a Napoli e al Vesuvio. E la dissertazione acquista un valore non pedante, ma sembra un breve iter sul grande poeta e filosofo in cui l’Autrice profonde le sue conoscenze in modo che Leopardi possa essere letto da tutti. Da buona studiosa di psicologia e pedagogia la Izzi sostiene che chi aggravò la già gracile salute del Leopardi fu l’ambiente ed oggi non sarebbe successo. A parte queste notazioni psicosomatiche e pedagogiche l’Autrice si sofferma sulla “Ginestra o il fiore del deserto”, la lunga poesia leopardiana che chiude il periodo del Nostro onde perviene ad un nuovo messaggio di solidarietà. Solidarietà non spiritualistica o idealista, ma basata sulla irrimediabilità della trista condizione umana. Ed ha ragione la Izzi Rufo del pessimismo cosmico e ateismo del filosofo-poeta Leopardi, della scoperta della filosofia come il Vero che non si basa sulla speranza di salvezza umana. Per il suo pessimismo esistenziale fu letto da Schopenhauer e poi da Nietzsche, i precursori della crisi dei valori. Tutta l’Europa conobbe Leopardi e ne diede interpretazione diverse da Autore ad Autore. Ma qui la Izzi Rufo colpisce nel segno l’animo del poeta e del filosofo senza illusioni o speme alcuna (Enrico Marco Cipollini).

Riscopriamo Mimnermo e Solone
Il volume di Antonia Izzi Rufo “Riscopriamo Mimnermo e Solone” (Il Convivio, Gennaio 2003, con prefazione di Angelo Manitta), è un interessante trattato di linguistica con cui l’autrice, sapientemente, disquisisce in tema di lingua classica. Una rivisitazione di cultura greco-romana che affascina chi sente il bisogno di approfondire le proprie conoscenze. Leggendo il volume è come se si facesse un tuffo nel clima mitico del mondo omerico con il vantaggio di poterne trarre utili stimoli, interessi cognitivi, appagamento di curiosità. Indici questi della profonda cultura che alberga nell’animo dell’autrice che ha intrapreso un cammino quanto mai arido ed aspro oltre che arduo. Ebbene, la Izzi lo ha fatto con quella spigliatezza e disinvoltura che sono proprie di chi è padrone della materia. Vasta la panoramica che ci propone l’autrice, lo confermano le numerose citazioni e le allusioni a culture e autori diversi. Questo volume può ben considerarsi un saggio letterario utile per un ampliamento di conoscenze e per un appagamento culturale idoneo a chi ha un grado alquanto superiore alla norma (Pacifico Topa).
Dopo Saffo, la nostra Autrice si è soffusa per sua indole personale sulla “Ginestra” leopardiana ed ora una rivisitazione di Mimnermo e Solone. Il tutto è partecipato, agito, vissuto. Tale introduzione a codesti due classici gode della sensibilità dell’Autrice che li riscopre come tratto d’unione tra il passato e il presente,con riferimenti ad Orazio (il noto “carpe diem”, cogli l’attimo fuggente) all’amato Leopardi e al Pascoli. Mimnermo rivela ancor oggi un’ampia e variegata gamma di sentimenti dove sono predominanti giovinezza ed amore: una dolce sensualità che proviene dalla giovinezza, la quale spinge ad assaporare il piacere dei sensi. Ma la brevità della giovinezza è in contrasto con il senso della morte che ci impedisce di vivere ed assaporare la giovinezza tanto breve. La sua poesia è dolore, dove c’è amore non esiste sempre il presagio della morte? Orazio ci dice che Mimnermo è il cantore della gioia e della giovinezza e che odia veramente il disfacimento del corpo quando gli anni avanzano inesorabilmente. È un vero e proprio incubo tale disfacimento del corpo e il Ns. non sa trovare pace in quanto è nella natura umana l’impotenza nel prolungare la vita che è profumo, gioia, amore e sensualità. Diversa l’indole di Solone, uno dei sette saggi dell’antica Ellade. Pensa il famoso legislatore che ogni età abbia il suo aspetto positivo: è un saggio lontano dall’elegia di Mimner-mo, dalla sua sensibilità quasi femminea. Solone in poesia, fu il primo poeta attico, cerca con entusiasmo di esortare il popolo di Atene in senso morale e raramente esiste la “vis poetica” nei suoi componimenti. Ha fatto sì bene la Izzi Rufo a parlarci di un Solon cantato da Pascoli nei suoi “Poemi Conviviali”. Buona lettura per un libro ben strutturato (Enrico Marco Cipollini).


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