di Pacifico Topa

Cosimo Mitaritonno un’analisi di paradossi umani in Pensieri sognati (Edizioni Tracce, Pescara 1999)

Cosimo Mitaritonno trasborda tutta la sua inquietudine in “Pensieri sognati”. La promiscuità fra prosa e versi acuisce l’originalità della pubblicazione, evidenziando l’insoddisfatto stato d’animo, l’insofferenza ad ogni normativa, sia poetica, che di prosa. Insomma con questo volume egli ha voluto esulare dalla medianità per avventurarsi verso un nuovo modo di fare arte e cultura. La prosa è la codifi-cazione dei versi che spesso sintetizzano quello che la prosa sciorina. Nei suoi aforismi c’è asprezza, determinazione, quasi rabbia, ma soprattutto, una certa vena pessimistica che aleggia un po’ dovunque, una particolare introversione contraddistingue certi suoi modi di pensare. In lui c’è solitudine definita «intima dolcezza che abbraccia e scandisce il tempo». Mitaritonno non si trincera dietro falsi pudori ed enuncia, coraggiosamente, paradossi che frastornano, per esempio: «L’amore è una menzogna più ovvia e frequente di chi teme la solitudine» e poco più avanti: «folle è colui che crede nell’amore con convinzione di sincerità». A proposito della celebrità egli dice: «La celebrità mi spaventa in tutte le sue forme / è una vetrina di volgarità che sminuisce ed offende... / si viene esposti come merce su una bancarella», concezioni quanto mai originali ed opinabili che denotano un’in-dividualità complessa, assillata dall’abbandono: «Nessuno si accorgerà di me. Come sempre è stato». Da questo stato d’animo non può che scaturire la delusione: «Non ho altro amore / tutto è ingiallito / nel freddo eterno del mio essere...». Spesso troviamo Mitaritonno affacciato alla finestra, c’è in lui questa tendenza ad estraniarsi ed acuire l’abbandono, tanto che ad un certo punto afferma che «la felicità è solo una menzogna raccontata a se stessi...». Ed ancora di più si chiede: «Cos’è la vita se non l’assurda pretesa di rendere reale un’illusione?». Da un animo così provato non può non uscire che una considerazione come questa: «Tutto in me / è una angoscia di rabbia e silenzio». Non manca a quest’originale autore una certa filosofia individualistica, ostile ad ogni forma di compromesso, non indulgente ed avversa all’abitudinarietà, piuttosto assolutistica. C’è nel suo spirito esasperato quasi un’acredine contro la realtà circostante, tanto che a proposito del poeta egli dice che «è ammalato di sé / e il suo vivere / è l’epilogo di un sogno smarrito. Indubbiamente spirito bizzarro!»