Giuseppe Manitta
di Maria Pina Natale
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Giuseppe Manitta:
linguaggio austero e profondo in Meteore di luce (Il Convivio,
Verzella 2002)
A chi leggesse queste
poesie senza conoscere i dati anagrafici dell’autore verrebbe subito in
mente che si tratti di un vegliardo, carico di sapienza e di esperienza. E
invece Giuseppe Manitta è appena un ragazzo. E allora ci si chiederà con
stupore: donde tanta carica di sapienza e di esperienza? È presto detto: è
un ragazzo che vive intensamente ogni attimo della sua giovanissima
esistenza. E da tanta intensità di vita e di pensiero sbocciano nel suo
animo fiori poetici di grande bellezza e di sofferta partecipazione ai
grandi enigmi del Creato. È così che il suo linguaggio poetico diventa
austero e profondo, misterico come l’arpeggiare solenne di un sottofondo
musicale.
In età in cui solitamente si privilegiano petali, farfalle, minuscoli
dettagli che lèvitano ariosi e leggeri come ali, Giuseppe invece sceglie il
dettato del canto elegiaco per enucleare dal duro bozzolo esistenziale
quello che Montale chiamava “il male di vivere”, sviscerandone con arte
sapien-te i singoli dettagli. Attraverso un verso altrettanto severo, che
non indulge a nessuna tentazione ritmica o sonora, il suo canto si spiega al
vento come il coro di una tragedia greca che abbia come palcoscenico il
mondo intero e l’intera umanità. Una poesia pertanto che coinvolge, con
impressionante realismo, tutto l’Universo. Il verso-simbolo: «Questo è il
canto dell’uomo che soffre», ripetuto a distanza di tempi e di spazi senza
una norma precisa, diventa una sorta di corifeo di questa singolare poesia e
ci offre la misura della serietà dei contenuti, che tuttavia sanno esprimere
il serico filo coinvolgente uomini e cose, aspetti della natura e il canto
stesso del poeta. Morbide percezioni di ali di cigni, spume di mare, occhi
di ragazza, diamanti, farfalle, pampini, alghe, pallide viole, vagare di
stelle e, qua e là, anche immagini trasfigurate dalla fantasia come foglie
di cristallo, sagome di sabbia, gigli di rugiada, oppure ossimòri come
ghiaccio ar-dente, stelle di ghiaccio, lucide ombre, costituiscono il
caleidoscopico substrato visivo di questo mondo poetico che, nel settore dei
sentimenti, arde di amore evangelico per tutti i diseredati dell’umanità e
perfino per il passaggio dell’Uomo-Dio su questa terra in tutte le sue
poliedriche sfaccettature. Un test insomma di emozioni e di immagini, quali
soltanto il caldo cuore di un fanciullo, accoppiato a una pensosa maturità
sa assemblare nella intimità del proprio “io” per poterlo poi offrire a un
pubblico di amatori e di profani. |
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