Ritratto e ricordo di Vittorio Frosini
di Antonio-Enrique Pérez Luňo[1]

1. L’ultimo libro di Vittorio Frosini[2]: La coscienza giuridica. Ritratti e ricordi (edizione a cura di Francesco Riccobono, Giappichelli Editore, Torino 2001), è stato, senza ombra di dubbio, l’ultimo di una lunga serie di scritti da lui pubblicati nell’arco della sua vita intellettuale, ampia e fertile. Nato a Catania nel 1922, è venuto a mancare a Roma il 24 settembre 2001, dopo aver sopportato, con dignità e interezza, una di quelle malattie che guardano in faccia la morte, che in definitiva ha imposto la sua inesorabile volontà. 

Una carriera universitaria densa di fatti, di responsabilità e di opere è sempre restia ad essere racchiusa in pochi dati schematici. Conscio di ciò, passerò in rassegna, senza ulteriori pretese se non quella di una mera evocazione di ricordi, alcuni episodi caratteristici dell’esemplare profilo biografico del professor Frosini. Borsista, in gioventù, del British Council nell’Università di Oxford, conobbe e frequentò maestri che esercitarono un profondo influsso nella sua formazione: Salvador de Madariaga, Alessandro Passe-rin D’Entreves, John Mabbott e Herbert Hart. Non meno consistente fu il debito intellettuale con il suo maestro nell’Università di Catania, Orazio Condorelli, di cui Frosini continuò il lavoro come ordinario di filosofia del diritto nella stessa Università. Successivamente si trasferì nell’Università “La Sapienza” di Roma, dove rimase fino alla pensione. In questa Università ha diretto il prestigioso Istituto di Teo-ria della interpretazione e di informatica giuridica, nel quale ha promosso rilevanti iniziative scientifiche e che, grazie alla sua abile gestione, si è convertito in uno dei principali fori internazionali per l’incontro e per il dialogo tra tecnologi e giuristi. In questa breve rassegna del profilo universitario di Vittorio Frosini non si può neppure omettere la sua attività in qualità di visiting professor presso l’Università di Tokio e di Harvard, come il suo ruolo di componente del Consiglio Superiore della Magistratura, o di socio onorario della Real Academia de Jurisprudencia y Legislación di Spagna.

2. Vittorio Frosini è stato una tra le più rilevanti figure del prestigioso gruppo di filosofi del diritto che hanno insegnato in Italia nell’arco di tempo che va dal dopoguerra in poi. Eredi immediati delle versioni giuridiche dell’idealismo, del neokantismo, del positivismo e dello storicismo, i filosofi del diritto italiano iniziarono, verso la metà del XX secolo, un ambizioso movimento di rinnovamento della cultura giuridica di ampia e profonda influenza. Il nuovo positivismo giuridico di stampo analitico che nacque intorno allo stimolo intellettuale di Norberto Bobbio, la formazione di una scuola italiana di sociologia del diritto promossa da Renato Treves, o il decisivo impulso che per la storiografia filosofico-giuridica significò l’opera di Guido Fassò, costituiscono aspetti imprescindibili di questo capitolo della storia della filosofia del diritto contemporanea.

Vittorio Frosini coincide temporalmente con questa pleiade dottrinale, però non mentalmente. I presupposti e le inquietudini del suo pensiero lo collocano come un porta-bandiera della società tecnologica. Il piano teorico della sua riflessione ha anticipato in modo radicale i temi di cui si occuperà la filosofia del diritto del futuro. Questa sua condizione lo ha portato ad una vita intellettuale inquieta, dinamica, volta maggiormente ad indovinare le rotte future della riflessione giusfilosofica piuttosto che a spiegarne i problemi passati.

Come ogni pensatore essenzialmente critico, la sua opera ha origine e si esplica in una tensione polemica con due delle più influenti interpretazioni del diritto del nostro tempo: l’idealismo e il kelsenismo. Il contesto in cui inizia la vocazione filosofico-giuridica di Frosini è impregnato di idealismo. A questa corrente parteciparono alcuni dei suoi maestri, i cui nomi si iscrivono tra quelli più rappresentativi del neoidealismo italiano: Giovanni Gentile, Guido Calogero, Francesco Collotti, Angelo Ermanno Cammarata, Orazio Condorelli. È certo che per Frosini il diritto si definirà come “morfologia della prassi”, però questa prassi non avrà un senso ideale e astratto bensì sarà frutto di un processo di strutturazione in forme definite volte all’azione sociale. Inoltre all’apriorismo della concezione idealista del diritto verrà opposto da Frosini - per l’influsso intellettuale di Giuseppe Capograssi - il carattere di esperienza comune del diritto, come realtà propria delle forme concrete di vita sociale.

Di Kelsen, dirà Frosini, si può ripetere ciò che affermava Hegel in relazione a Spinoza: è necessario spinozieren per poter philosophieren. Il sistema di Spinoza rappresentò un momento chiave nella storia del pensiero europeo, che per ciò stesso doveva essere superato. Secondo Vittorio Frosini, Kelsen assomiglia a Spinoza: in entrambi c’è un’identica esigenza speculativa di un assoluto monismo, in funzione del quale Dio diventa natura per Spinoza e lo Stato diventa diritto in Kelsen. All’ordo rerum e all’ordo idearum del primo corrisponde il parallelismo tra i fatti e le norme propugnato dal secondo. Si riscontra addirittura in entrambi la curiosa mescolanza tra il riconoscimento del diritto della forza, inteso come l’unico autentico diritto naturale, e la energica affermazione del dovere di tolleranza civica delle filosofie e delle credenze (ideologie per Kelsen) contrastanti. Di fronte allo spinozismo giuridico di Kelsen, di fronte alla sua rigorosa concatenazione di norme, e alla coerenza logica del suo pensiero, di fronte a questo “spirito sistematico” dispregiativo della realtà e delle passioni e delle illusioni umane, vengono opposte da Frosini le esigenze fattuali e assiologiche dell’esperienza giuridica. Le obiezioni avanzate da Vico a proposito dello spinozismo, in nome dell’umanità che lotta laboriosamente per costruire la sua storia in funzione dell’immagine di una umanità migliore, sono state riprese da Frosini per riaffermare i valori che fondano e ispirano l’esperienza storica del diritto.

Bisogna sottolineare che ciò che fondamentalmente ha fatto di Frosini un filosofo del diritto stimolante e originale è stata la sua attitudine a superare e trascendere, dal presente, il piano tematico della sua critica all’idealismo e alla dottrina kelseniana, per situarlo in un orbita proiettata nel futuro: quella della società tecnologica. La critica frosiniana all’idealismo in nome dell’esperienza, e al kelsenismo in funzione dei valori dell’umanità, non hanno supposto un ritorno a concezioni storicistiche o assiologiche del passato. Il merito intellettuale di Frosini risiede nella sua capacità prospettica per discernere e disegnare l’orizzonte dei diritti e dei valori nell’era tecnologica, nella quale cominciamo già a vivere, e che sarà il contesto immediato della esperienza giuridica del futuro.

 

3. Da quanto esposto finora si comprende la pluralità degli aspetti sui quali si è proiettata l’opera di Frosini, e conseguentemente, la molteplicità dei punti di vista dai quali è possibile affrontarla. Negli ultimi mesi, già molto malato, la sua figura di spicco, tesa come un arco disposto al lancio della sua ultima freccia verso l’orizzonte della cultura, ha offerto il lascito del suo libro: La coscienza giuridica. Ritratti e Ricordi. Si tratta di un’opera che lascia trasparire certe intuizioni premonitorie di Frosini, che scorgendo la prossimità della sua fine ha voluto lasciarci la sua personale visione di alcune figure del pensiero filosofico e giuridico, che più incisivamente hanno contribuito a forgiare la sua identità intellettuale.

Il libro, fedele a quanto suggerisce il titolo, si arti-cola in una serie di ritratti, ossia, in un insieme di valutazioni di autori del passato particolarmente prossimi alle sue idee e inquietudini; e in una serie di ricordi integrati da brevi ritratti di quei maestri, colleghi e amici che più direttamente hanno influenzato il suo lavoro di filosofo del diritto.

Nella prima parte dell’opera predomina quello che, secondo l’insegnamento storiografico di Hegel, dovrebbe qualificare la Historia filosófica (philosophische Geschichte), ossia, una spiegazione razionale dell’esistenza che indaga il senso universale e concreto delle dottrine e degli avvenimenti umani. Nella seconda, invece, si inseriscono i profili biografici di figure che più si conformano alla circostanza esistenziale e intellettuale della stessa personalità di Vittorio Frosini. Rispetto a questi pensatori, Frosini opera come storico del presente, realizza una forma di ursprüngliche Geschichte, di Historia vivencial o inmediata, nell’accezione hegeliana; nella quale lo storico ha il vantaggio di essere cronista di fatti e dottrine di cui ha potuto testimoniare la genesi ed espressione.

Tra le figure di spicco del passato, trattate nel libro, emergono i nomi di Vico, Filangieri, Constant, Rossi, Amari, Arcoleo, Orlando, e Santi Romano. Tra i maestri che hanno maggiormente determinato la formazione di Frosini si iscrivono personalità così rappresentative della cultura giuridica contemporanea come: Del Vecchio, Cesarini Sforza, Mortati, Kelsen, Perticone, Condorelli…

Sono anche protagonisti dell’ultima parte del libro un rilevante elenco di personalità della cultura giuridica, po-litica e filosofica che in qualità di maestri e di amici furono particolarmente affini alla evoluzione intellettuale degli anni della maturità di Frosini. Bisogna qui ricordare i nomi di Satta, Passerin d’Entrèves, Marongiu, Calogero, Treves, Capurso, Sandulli e Bentivoglio. La mera menzione di questo catalogo di autori è abbastanza eloquente perché si valuti l’interesse e l’attualità del impegno teorico di Frosini. Frosini nella sua indagine non ha preteso di portare a termine dei ritratti completi tendenti a spiegare con esaustività i dettagli biografici delle personalità inquadrate: ognuno dei suoi ritratti e ricordi è piuttosto una sorta di flash lucido e illuminatore di un istante in grado di rivelare il nucleo delle idee di ognuno degli autori studiati.

Nella accurata Prefazione che introduce al libro, il professor Francesco Riccobono, distinto e fervente discepolo di Frosini, ci fa notare che il testo non è una mera galleria di profili biografici. L’espressione coscienza giuridica, che serve da titolo all’opera non è casuale; costituisce il nervo di informazione che da unità all’insieme di sembianze intellettuali incluse in essa. Questa espressione rispecchia l’ideale teorico di Frosini tale come è stato formulato dal suo libro La struttura del diritto (Giuffrè, Milano 1962; esiste una edizione spagnola a cura di A.E. Pèrez Luño, pubblicazioni del Real Collegio di España, 1974) che costituisce, secondo l’autorevole criterio di Riccobono, il contributo filosofico-giuridico più importante di Vittorio Frosini. Per Frosini, infatti, la coscienza giuridica non si esaurisce nella mera “coscienza nomologica”, cioè nell’attività del giurista che tende alla conoscenza e alla elaborazione dei materiali nor-mativi immediati, bensì si amplia nella esigenza riflessiva e critica a partire dalla coscienza generale dei valori e degli sviluppi della scienza.

 

4. Il libro di Vittorio Frosini costituisce una guida per seguire l’itinerario intellettuale di quei giuristi contemporanei, che hanno saputo trascendere la coscienza nomologica, per arrivare ad una coscienza giuridica, in quanto attitudine integratrice delle apportazioni scientifiche e delle istanze assiologiche in seno all’esperienza giuridica. È diventata comune una osservazione di Fichte secondo la quale ogni filosofo fa una filosofia in accordo con i tratti della sua personalità.Questa asserzione si corrobora pienamente con l’attitudine di Frosini, la cui opera filosofico-giuridica, in particolare quella che motiva questo profilo, riflette i tratti di acutezza, sensibilità, generosità e compiutezza formale che distinsero la sua personalità umana. I ritratti che ci vengono offerti nel suo ultimo libro si conformano con un ammirabile quadro di perspicacia e chiaroveggenza; costituiscono anche un esercizio costante di sensibilità e di generosità intellettuale.

Un celebre motto aristotelico insegna che la filosofia è nata dalla ammirazione: dalla meraviglia di fronte ai fenomeni del mondo esterno e di fronte agli avvenimenti della vita umana. Un filosofo che, quando una perfezione passa davanti a lui, non sente la necessità di ammirazione mostra scarsa sensibilità filosofica. Questa capacità ammirativa che consiste in un riconoscimento, fatto di sensibilità e generosità verso qualche tratto d’eccellenza del pensiero, non ha niente a che vedere con la lusinga o il compiacimento intellettuale. Niente è più contrario allo spirito e al metodo scientifico che l’attitudine dogmatica e l’esaltazione acritica. Però queste esigenze di rigore non devono confondersi con la strettezza di giudizio o la meschinità nella valutazione dei meriti del talento altrui.

Nietzsche spiegò, con indiscutibile efficacia, le peculiarità del risentimento intellettuale. La persona inetta, tur-pe, vitalmente insoddisfatta, distilla frustrazione e non riesce a zittire il disprezzo che prova verso la sua propria personalità, cerca una autogiustificazione nel negare tutte le cose valenti che lo circondano; visto che non può autostimarsi, tenderà a cercare ragioni per dispregiare tutta la virtù. Non vedrà che difetti, errori e insufficienze negli intellettuali migliori, la cui mera esistenza presuppone per lui una costante umiliazione. Così creerà un equilibrio artificiale tra i migliori e se stesso.

Il sereno razionalismo illustrato e le ferme convinzioni democratiche di Frosini si allontanano, o più esattamente si oppongono all’ideario di Nietzsche. Nonostante, esiste un punto di coincidenza tra Nietzsche e Frosini: il loro comune rifiuto al risentimento. Frosini rappresenta l’antitesi di qualsiasi forma di risentimento intellettuale. Conscio che per scoprire il volto veridico delle cose sul piano culturale è necessario adottare una attitudine ampia e generosa, poiché tutta la realtà, specialmente la realtà delle persone, presenta sempre una molteplicità di aspetti alcuni favorevoli, altri avversi. La vita del genio più egregio, vista con avversione, può essere malevolmente interpretata. Soltanto dalla sensibilità e dalla generosità è concesso captare gli aspetti più degni di ammirazione delle grandi figure della storia del pensiero. Dal rancore sarà solo possibile contemplare quello che è meschino e abbietto. Aveva ragione Ortega y Gasset quando indicava che dalla strettezza dell’animo non si fa storia, al massimo si fa un campanile.

La prospettiva intellettuale e morale del mediocre, che indovina quando cerca di giudicare i propri congeniti, è inadeguata quando si applica a personalità di talento. Wolfgang Goethe seppe analizzare questa idea magistralmente in Le affinità elettive, dove scrive: «Si dice che non esistano eroi  per i camerieri. Ma è soltanto perché l’eroe non può essere riconosciuto che dall’eroe. Il cameriere probabilmente saprà apprezzare il proprio simile. Non c’è maggior consolazione per la mediocrità che quella di sapere che l’uomo di genio non è immortale».

Frosini, che assolutamente non appartiene alla categoria dei meschini e mediocri, si è visto a volte intrappolato proprio per essere stato in grado di comprendere e compartire la sua grandezza, per la forza soggiogatrice del pensiero dei protagonisti dei suoi ritratti e ricordi. Questo determina che, in alcuni momenti, venga compromessa la sua brama d’oggettività per la propria ammirazione, che viene suscitata dalla traiettoria personale e intellettuale di quelle personalità della storia contemporanea delle idee filosofiche giuridiche. Però questa ammirazione non implica per nulla la perdita di rigore e del distacco critico preciso: è solamente un sentimento legittimo d’adesione a idiosincrasie e idee condivise.

 

5. La presenza di Vittorio Frosini nella cultura filosofica-giuridica dei paesi di lingua spagnola è stata intensa e feconda. Alla edizione del suo libro La struttura del diritto, della quale ho menzionato precedentemente, deve aggiungersi, tra le altre, le traduzioni castellane di due dei suoi libri più importanti: Cibernetica, diritto e società (traduzione castellana di C. Salguero-Talavere e R. Soriano Dìaz, con prologo di A. E. Pèrez Luño, Tecnos, Madrid 1982) e La lettera e lo spirito della legge (traduzione castellana di C. Alarcon Cabrera e F. Llano Alonso, con prologo di C. Alarcòn, Ariel, Barcellona 1985). Diede lustro anche quando ebbe la grata responsabilità accademica di dirigere le tesi di dottorato della professoressa associata Maria Cinta Castello, riguardo L’informatica giuridica nel pensiero di Vittorio Frosini, difesa con i massimi voti nell’Università di Siviglia, ove Frosini ci onorò di far parte della commissione. Fu quella l’ultima visita di Vittorio Frosini alla nostra Università e fu anche l’ultima occasione nella quale i professori e gli alunni della Facoltà di giurisprudenza di Siviglia ebbero l’occasione di beneficiare del suo sapere e della testimonianza viva della sua qualità umana.

La morte, al culmine del cammino di un pensatore, rivela la sua più autentica e piena realtà. Come tutte le cime, la morte è la vetta che offre una prospettiva dalla quale si chiariscono e si apprezzano gli aspetti più rilevanti di una personalità intellettuale. Vittorio Frosini, durante la sua vita non fu solo ciò che era con se stesso, ma anche ciò che era con noi. I caratteri principali del suo carattere rimanevano avvolti nelle nostre proprie inquietudini, affinità e compiti condivisi. La sua immagine si deformava nella atmosfera densa dei nostri interessi; ora ritorna come figura storica. L’intelligenza, il coraggio e la convinzione che mise nello studio della filosofia del diritto, di cui è mostra eloquente il suo ultimo libro, continueranno a vivere come esempio per coloro che furono suoi amici e discepoli.


[1] Antonio- Enrique Pérez Luňo. Professore ordinario di Filosofia del Diritto nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Siviglia (Spagna).

[2] Vittorio Frosini (Catania 1922 – Roma 2001) è stato docente di filosofia del Diritto nell’università di Catania e direttore dell’Istituto di Teoria della interpretazione e di informatica giuridica presso “La Sapienza” di Roma, oltre che membro del Consiglio Superiore della magistratura.

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