di Angelo Manitta


 

Kalsa di Placido Petino, un romanzo tra futuro e passato


«Nel romanzo “Kalsa” (ed. Prova d’Autore, Catania 2000) Placido Petino sembra staccarsi dai precedenti per una drastica svolta di linguaggio che cuce adesso i suoi personaggi… Si tratta in effetti di un romanzo volto al futuro, nella rivisitazione del passato. Attraverso un linguaggio spigliato e concomitante agli altri romanzi nella forma sintattica e stilistica, ma completamente rinnovato nel contenuto, il Petino esamina qui il mondo musulmano della Sicilia dell’VIII secolo con uno stratagemma nuovo e nello stesso tempo antico: uno scienziato americano di origine italiana, Frank Finocchio, si cala attraverso una macchina del tempo nel passato arabo della Sicilia, mentre un anziano narratore (che gli è stato vicino ma con cui spesso è in contrasto) rivive situazioni e pensieri. Il narratore appare quale Sancho Panza che con il suo buon senso cerca di frenare don Chisciotte, il quale vorrebbe combattere contro i mulini a vento del passato e della scienza, ma soprattutto della macchina che supera e invischia l’uomo. Frank Finocchio, che proprio per il suo cognome dal doppio senso volgare utilizza un linguaggio triviale e appare spesso tracotante e sicuro di sé, alla fine la spunta, riesce a portare il suo interlocutore in un passato virtuale che fa rivivere come presente. I due protagonisti appaiono allora come una metafora tra scienza e uomo, attraverso un ideale viaggio, dove appare a volte, pur nella transitorietà, la fede dell’uomo nella scienza e in Dio. Ma la transitorietà è la conoscenza e la sete del sapere. Punto focale del romanzo è la concezione del tempo, ma soprattutto la sua relatività. Il passato e il presente si fondono nella ricerca e nella scoperta scientifica. Eppure ciò che emerge è sempre l’uomo e l’umanità. Il tempo si presenta come concezione relativa, secondo la teoria di Einstein. Eppure l’uomo vuole sempre andare oltre, come Frank Finocchio, come Ulisse, come Dante. Il viaggio che compie lo scienziato è un viaggio metaforico, quasi tra anima e corpo, tra materia e spirito, tra scienza e quotidianità. Il linguaggio triviale e volgare ad un certo punto scompare totalmente. Il personaggio si purifica. Il suo corpo diventa energia e spirito. Anche il narratore in effetti ha vissuto una esperienza misteriosa e quasi incredibile, tanto che avendola raccontata agli amici nessuno lo crede. Anzi è costretto ad essere rinchiuso in un manicomio. Ma pure lì continua a narrare la sua verità. Il romanzo, che si svolge su due piani narrativi diversi: diacronico e sincronico, si presenta quale salto tra passato, presente e futuro. «Incredibile – scrive infatti Petino. – Quel nanerottolo bizzarro, quel miscuglio di stizza e di oscenità era il programmatore dei prodigi, il più grande studioso di realtà virtuale vivente su questa faccia di terra. Era venuto per perfezionare un avveniristico esperimento di applicazione di tale effimera realtà alla storia del periodo di presenza dominante araba in Sicilia». Gli ascoltatori stanno impalati davanti alla narrazione dell’anziano, ma il protagonista, malgrado tutto, ritorna sempre alla realtà ed ha sempre fiducia in se stesso. «Mentre guardi quei vecchi rabbrividire di freddo pensi solo alla calda sorsata che ti aspetta. È quanto di meglio possa aspettarti dalla vita: il più sicuro passaporto per i tuoi sogni, un passaporto senza scadenze».


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