di Antonia Izzi Rufo

Lia Sfilio Borina, alternarsi di gioia e dolore nel romanzo Una storia quasi dal vero, (Bastogi, Foggia 2002).

Il testo segue un percorso cronologico non solo nel verificarsi degli avvenimenti, ma anche nell’evolversi dei tempi e nello svolgersi dei fatti. È la ricostruzione della storia di una famiglia benestante della Sicilia, la famiglia dell’autrice, a partire dalla fine dell’800 fino ai tempi attuali. Un’autobiografia? La narrazione si svolge in forma di diario e assume, molto spesso, l’aspetto di una fiaba con i suoi personaggi buoni e cattivi, lo sbocciare di sentimenti d’amore e tutte le vicende della vita nel suo alternarsi di gioia e dolore. L’eroina intorno alla quale si muove tutta la schiera dei protagonisti del romanzo è la nonna Rosalia che la scrittrice fa sfilare sul palcoscenico dalla nascita alla morte. E con lei il nonno, il cavaliere Paternò. Entrambi dotati di sani principi morali, generosi e comprensivi, ed anche belli natu-ralmente, riscuotono immediatamente, fin dalle prime pagine, la simpatia dei lettori. La Sicilia, terra d’origine dei Paternò, in particolare Catania con tutti i paesini che le fanno corona, viene descritta nei suoi aspetti caratteristici, nella sua etnia, nella sua tradizione, nelle sue stupende bellezze naturali, nel comportamento e nella mentalità dei suoi abitanti, negli usi e costumi che la distinguono. Le abbondanti espressioni dialettali - proverbi in maggioranza - esprimono, in modo vivo ed incisivo, meglio della lingua, semplice e scorrevole. L’espressività del popolo sa di verismo e naturalismo e s’avvicina al modo di esporre di Verga e di Zola. L’autrice riscopre un modo di vivere e di pensare in via di estinzione, e lo fa con brio, con ironia a tratti, ma anche con un senso di nostalgia. Si ha la sensazione di ascoltare una nonna che, nelle serate d’inverno, narra le sue storie ai nipotini, presso il caminetto, nel tepore di un’accogliente cucina antica.