Le campane della pace
 
Sono sette, come le note
pronte a cantare
con la lor classica voce musicale.
La mole campanaria
che si perde nella volta del cielo
è invasa nei suoi spalti e feritoie
da miriadi di nidi
dove un alato popolo
è in un’impaziente e sofferta attesa.
Una gazza ladra
allettata dal luccichio dei battenti
inerti ma splendenti
che li becca e strattona
in un tentato stimolo di movenza.
Ma le funi sono immobili
perché i campanari sono indifferenti
oziosi e buzzurri
sempre briachi, litigiosi e violenti
nel riciclaggio atavico ad eterno
dei morti e dei sopravvissuti.
Si spera e s’implora il fato
e si pregano gli atavici e novelli Dei
affinché uomini e poteri
possano esser vincenti sull’insanità.
I mea culpa usi e consunti
sono frequenti ed illusori
come tematiche farse sulla ragione.
Forse... un dì
si decideranno a dar l’anda alle corde
e l’universo sarà scosso dal fragore
di uno scampanio stormante e festante:
la suo eco lambirà monti e valli,
fiumi ed oceani, steppe e deserti.
Farà vibrare le umane membra
ed invaderà dolcemente gli animi
e come inno di ringraziamento
tutte le alate etnie
compresi colombi, rapaci e poeti
si leveranno a stormi ai quattro venti
per portare la buona novella
laddove sordità e cecità ancora impera.