La religione non insegna l’odio tra i popoli


Questa frase, «la religione non insegna l’odio tra i popoli», è stata pronunciata da Sir Mohamed Iqbal, il famoso poeta novecentesco di origine indiana. Infatti, la religione non insegna odio tra i popoli ma unisce la gente: i valori umani esistono ancora e sono vivi, scavalcano tutti gli ostacoli per migliorare l’umanità. Il primo obiettivo delle religioni deve essere proprio quello di unire tutti i popoli senza distinzione di cultura, fede, colore, etnia, lingua o altro. Se lavoreremo fianco a fianco, spalla contro spalla, come dice anche il Santo Corano che affianca spalla contro spalla nella moschea, davanti a Dio, i re e gli ultimi dei loro servi, nascerà una nuova era di solidarietà, uguaglianza, fratellanza, rispetto.
Io credo profondamente in questo e credo anche che le religioni non abbiano mai insegnato l’odio tra gli esseri umani. Non vivo nel mondo dell’immaginario, come forse qualcuno può pensare, ma in quello pratico. Infatti, io ho avuto la fortuna di crescere, in Kashmir, in mezzo a persone di diverse religioni, tradizioni ed abitudini. Mia madre, ad esempio, abitava, da bambina, in un quartiere misto di induisti e musulmani, anzi, la sua vicina indù le ha fatto da seconda mamma. Tutto il quartiere partecipava insieme alle feste, al divertimento, al dolore, alle cerimonie. Quando mia madre si è sposata, come usa nel mio paese, ha ricevuto dal-la sua famiglia doni da portare con sé nella casa del marito. Anche la vicina indù, allora, ha preparato per lei quello che si prepara per una vera figlia. Io stesso frequentavo un college, il Gandhi Memorial College, dove gli studenti erano in maggioranza induisti ma anche buddisti, musulmani e qual-che cristiano. Insieme abbiamo studiato, giocato, litigato, proprio come fanno tutti i ragazzi del mondo. Noi musulmani, ad esempio, durante il mese di Ramadan, digiuniamo dall’alba al tramonto, cioè non mangiamo né beviamo per molte ore. Quando ero a scuola, i miei compagni induisti non bevevano o mangiavano davanti a noi, per non metterci a disagio. Nelle loro famiglie si insegnava a rispettare pure le nostre abitudini. Così era anche per noi. Infatti noi musulmani possiamo mangiare la carne bovina, a differenza degli induisti che non la toccano neppure quando muoiono di fame! Ebbene, nel mio paese è considerato sconveniente mangiare carne bovina, nonostante non ci sia alcuna nostra proibizione. Tutti preferiamo la carne di agnello e pollo. Insomma, nel mio paese, partecipavamo insieme alla vita quotidiana, agli affari, alle gioie e al dolore ed ho potuto capire che l’uomo può vivere unito, come una grande famiglia o come in un giardino dove esistono tanti e diversi fiori colorati di differenti dimensioni, o tanti piccoli zampilli e sorgenti d’acqua che poi si uniscono a formare un grande fiu-me, dimenticando la loro origine. Tutti gli uomini discendono da Adamo ed Eva e da Dio, così come un albero che apre le braccia e diventa grande con tanti rami, mentre il tronco è lo stesso.
Ma attenzione! Tutto ciò è possibile quando non si interferisce negli aspetti religiosi altrui, si rispettano le loro credenze. Oggi, però, noi vediamo continuamente nel mondo che, in nome della religione, si compiono azioni malvagie, massacri, guerre, omicidi, sfruttamenti e quanto di più terribile sa produrre la cattiveria dell’uomo. In nome della religione si calpestano i diritti degli altri, soprattutto dei più deboli. Anche nel mio paese, purtroppo, non è più come una volta: frange di fanatici sovvenzionati da altri paesi per mire espansionistiche, hanno distrutto la nostra vita pacifica. Così è stato ovunque, nel corso della storia! Ma chi fomenta l’odio, che poi si trasforma in violenza, si colloca al di fuori non solo di qualsiasi religione ma dell’umanità stessa. Chi pensa ancora che la fede sia la base di molte sopraffazioni nel mondo, vada a rileggere i testi originali e studi le situazioni storico-geografico-politiche dei paesi dove succedono malvagità. Dopo avrà imparato se veramente si possa imputare la religione o se non sia l’uomo che la usa per giustificare lo sfruttamento degli altri, delle loro risorse, e le sue folli ambizioni di potere.
Se il palazzo della religione fosse costruito su fon-damenta di odio e dolore di molti, noi non ne avremmo bisogno e dico, io per primo, che questo palazzo dovrebbe essere distrutto così che sulla terra non ne rimanga traccia. Io credo, invece, che i pilastri del palazzo siano amore, pace, giustizia, fratellanza, uguaglianza, valori dei quali, oggi più che mai, l’umanità ha disperato bisogno. Spesso sentiamo o leggiamo che il mondo occidentale parla di terroristi musul-mani e fondamentalisti islamici, generalizzando. Chi è terrorista e fanatico non ha niente a che vedere con l’Islam, è uscito dalla nostra religione; i cristiani direbbero che è stato scomunicato, cioè si è allontanato dalla comunità dei credenti perché non ha rispettato le sue regole fondamentali. Pensate che l’Islam non autorizza neppure l’uccisione di animali, se non è per scopi alimentari! È proibito, infatti, ucciderli per distrazione, per sport o, comunque, senza ragio-ne. Io penso che anche i nazisti, ad esempio, non si potevano certo considerare cristiani, così come ci sono nella storia tali e tanti esempi di aberrazioni dell’uomo, lontane, vicine e contemporanee a noi, che è impossibile citarle tutte.
Per chiarire meglio il mio pensiero sull’Islam, voglio citare alcune norme della nostra Sciari’ah, la legge islamica: «Limitazioni e restrizioni sono state imposte dalla Legge dell’Islam per impedire all’uomo di usurpare i diritti altrui. L’Islam non vuole che l’uomo diventi egoista ed egocentrico al punto di aggredire impunemente i diritti altrui e di violare tutti i principi morali per ottenere la soddisfazione personale del suo spirito e del suo corpo. In una società veramente pacifica e prospera, la gente non dovrebbe soltanto non violare i diritti altrui, ma dovrebbe cooperare con gli altri, stringere delle relazioni, promuovere delle strutture sociali che contribuiscano al benessere di tutti ed alla costruzione di una società umana ideale. Per quanto riguarda i rapporti con i non musulmani, è raccomandato ai credenti di non essere intolleranti o di strette vedute, di non insultare o criticare i capi religiosi o i santi dei non musulmani, di non dire niente d’offensivo riguardo alla loro religione, di non cercare inutilmente dei dissensi con essi, ma di vivere in pace ed in buona armonia. Il credente islamico deve possedere una comprensione umana ed una cortesia più grandi degli altri, deve comportarsi con nobiltà e modestia. Le cattive maniere, l’oppressione, l’aggressività, la ristrettezza mentale sono contrarie allo spirito stesso dell’Islam. Un musulmano è venuto al mondo per divenire il simbolo vivente della bontà, della nobiltà d’animo e dell’umanità. Egli dovrebbe soggiogare i cuori degli uomini con il suo carattere e con l’esempio che dà».


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