Il Convivio

 

 

A. IV n. 3
Luglio - Settembre 2003

Introspezione psicologica nel romanzo di Pina Ardita: La porta d’Oriente (Il Convivio 2002)


Pina Ardita, pittrice, poetessa e scrittrice siciliana, laureata in lingue moderne, ci offre un romanzo di rara introspezione psico­logica con la premessa di Angelo Manitta: La Porta d’Oriente. A somiglianza del protagonista de L’Etranger di Albert Camus, Pietro Miralda inizia le sue riflessioni esistenziali in chiesa dinanzi al feretro di suo padre, col quale ha avuto un rapporto piuttosto difficile. Inizia col credo socratico della conoscenza di se stesso per giungere ad un vero esame di coscienza al cospetto della vita, le sue problematiche e l’inutilità di ogni sforzo umano che trova una certa giustificazione in un atto di fede e di speranza, d’amore e di solitudine, di solidarietà ed altruismo. E non per questo cessa il suo autoanalizzarsi quando diventa sacerdote e missionario. Pur essendo un racconto a ritroso o alla rovescia, la sua storia ha un principio ed un fine. Gli altri personaggi della storia gli fanno comprendere meglio le difficoltà ontologiche del vero problema che è la vita: da dove veniamo? Dove andiamo? Quale potrebbe essere il significato escatologico delle nostre ricerche, le nostre scelte, i nostri sacrifici? In quest’ottica prettamente esistenziale e relativistica, la dico­tomia gnoseologica della vita e della morte non è risolta neppure nel connubio della vita religiosa con la missione nel Congo.

Il soliloquio di Pietro non trova ragioni sufficienti per giustificare l’esistenza del male e del dolore che regnano nel mondo, neppure alla luce della fede e della rivelazione evangelica. Cosicché, l’incertezza esistenziale e la concezione della relatività di ogni verità acquisita lo spingono sempre verso l’indagine di se stesso, alla conoscenza integrale della propria psiche, alla scoperta gnoseologica del mondo che lo circonda, alla ricerca della propria libertà nel rispetto della libertà degli altri. E trova un barlume di scibile nell’indagine del vero amore verso cui è proteso l’anelito di ogni essere umano.

Questa ricerca di Pietro Miralda si effettua in una maniera filosofica e poetica allo stesso tempo, unendo al momento di riflessione sociologica un afflato mistico di solidarietà umana. La sua partenza per il Congo venti giorni dopo essere stato ordinato sacerdote costituisce un’ulteriore ricerca della povertà e delle malattie che esistono nel mondo. Così Amalia partorisce un bimbo negro che chiama Desiderio e che non riesce a ripudiare. E la trama del romanzo si svolge con la partecipazione di numerosi personaggi che ruotano intorno al protagonista: Jose, Nerella, Dario, Gabriella, Amelia, Todi, Padre Filiberto, Carlo, fra’ Antonio, Joshua, Carotina, Andrea, Enrico e Maurizio. Tutti, a loro modo, riescono a dimostrare che la vita è un viaggio senza meta alla ricerca della libertà di scelta. La vita è un problema che non si può risolvere da un punto di vista filosofico, ma va vissuta nell’amore di Dio e del prossimo. Con La Porta d’Oriente Pina Ardita ci offre la chiave di accettazione della realtà così com’è, venuta da dove sorge il Sole della Verità e della civiltà del Cristianesimo: l’Oriente che, purtroppo, è oggi martoriato da guerre e dissidi ideologici. Da quella Luce si supera la relatività della verità e si giunge alla fede, all’amore ed alla libertà.

Orazio Tanelli