Il Convivio

A. IV n. 3
Luglio - Settembre 2003

Pinella Musmeci e la poesia dei sentimenti
di Angela Barbagallo


 

Scrive Gaetano Quinci, nella Prefazione al volume di poesie “Il Ponte d’argento” di Pinella Musmeci: «Si ripercorrono, a volte, girovagando con gli occhi dei sentimenti, i misteriosi itinerari del cuore e ciò che prima poteva sembrare finito, passato, dimenticato, acquista improvvisamente un valore infinito, come se il tempo, da sempre considerato passeggero e penalizzante, fosse d’un tratto diventato eterno, gratificante». È, quella di Quinci, un’asserzione tendente ad un particolare tipo di poeta, saturata di freudiana capacità dell’Io, in coloro che si avventurano nel misterioso mondo dell’inconscio per far salire alla coscienza il passato, svincolato dal carcere del tempo e farne nuova vita di sentimenti e di sensazioni. E Pinella Musmeci appartiene a questa élite poetica che richiede, oltre al sentimento, il linguaggio che deve comunicare ciò che non è materia e non è giudicabile, per ampia parte, con la ragione.

Se si possiedono questi requisiti, e Pinella li possiede, allora il sentimento, inteso come strumento psichico, porta alla superficie ciò che il tempo ha fatto scivolare nell’inconscio, abisso misterioso ed informe che per lievitare e risalire alla coscienza vuole la faticosa ascesa del sentito nel tempo umano, che è sfuggente.

Certo, quindi, ciò che aggiunge il Quinci quando fa di Pinella Musmeci una poetessa del sentimento, unico strumento umano idoneo a quanto sopra detto, ma perché? Analizzando il termine strumento notiamo che esso, nella sua accezione più nobile, si pone come sensazione interiore, affetto, moto dell’animo. Ciò significa che il sentimento viene espresso e trasmesso nei valori, in quel che per ognuno di noi vale, è essenziale, sta a fondamento nella nostra vita, del nostro operare, del nostro essere. E Pinella Musmeci di ciò ci parla attraverso la sua poesia calando nel verso il passato, sfumando nel tempo revocato, nel sogno, il presente nella sua realtà e il futuro nella vaghezza del desiderio che possa essere come il cuore anela.

Speculando nei suoi volumi di poesia pubblicati esemplifichiamo quanto detto: «Solitudine» in “Il ponte d’argento”: «Parole che non dico/ vuota dentro è la vita / vuote le case, la gente / le strade. / Niente ha più senso / in questo mondo / di vuota solitudine». La poetessa sente, avverte che la realtà è crudele, distrugge, annienta e fa piombare il cuore nel vuoto della solitudine.

«Come radici». «Come radici, pensieri e sguardi / affondo in questa antica terra / nell’esilio del cuore, lei sola mi dà forza di vivere». E la forza di vivere la poetessa riesce a trovarla in due valori: nell’amore e nei figli. «Preghiera ‘70». «Dio, se ci sei, dall’alto del tuo mondo, dammi un amore, ma un amore solo / Un uomo che mi sappia intenerire / il cuore, che mi sappia comandare / un uomo che mi faccia innamorare». Dio ha esaudito la sua preghiera e la solitudine si è allontanata, cedendo il posto alla gioia dei figli e alla simbiosi di una famiglia unita. E questo miracolo d’amore, Pinella lo consegna ai suoi figli in una lettera, che è poesia del cuore e dell’anima: «Lettera ai miei figli». «Figli miei, negli istanti del dolore / a me non ho pensato / ché la mia vita / allora non aveva alcun valore. / Pregando l’ho offerta al Signore Creatore. / Figli miei, se nel cammino / perderete di vista la speranza / portate con voi le mie parole: / Due volte siete nati, da un atto d’amore». La sublimità di questa lirica si commenta da sé.

Nel volume di poesie “Autunno isolano” che la poetessa ritiene «il canto della piena maturità», il valore più nobile dell’essere umano segna l’apice della sua poesia poiché contiene un messaggio umano, pervaso di religiosità: “L’invito alla solidarietà”. E nell’originale volume di poesie precedute da prosa, dal titolo “Anti-Heroides”, protagoniste sono cinque donne: Anita, Teodora, Saffo, Margherita e Simone. Come nota Luigi Benintende, fine analista critico, queste cinque donne nulla hanno a che fare con il consumismo avvilente del femminismo poiché si tratta di donne nobili, dove per nobile, Benintende indica esemplari di ciò che è il femminile. Esse “rinascono” aggiunge il critico in questione, o meglio, sgorgano dalle virtù e dal coraggio delle donne presentate, dall’intelligente ricerca dei sentimenti che ha portato la Musmeci a calarsi, tramite la ricerca, storicamente documentata, nella personalità e nei sentimenti di queste donne, a volte identificandosi in esse, come si può vedere leggendo le prose che precedono le singole liriche dedicate ad esse.

Si tratta di liriche bellissime che hanno un pregio speciale: quello di presentarci le protagoniste vive, pulsanti, credibili e belle, nella loro peculiarità umana ed eroica.