Il Convivio

A. IV n. 3
Luglio - Settembre 2003

Simbologie in Echi Lontani, poesie di Fortunata Cafiero Doddis (Grafo editor, Messina 2001)

 

“Echi lontani”, silloge poetica ai Fortunata Cafiero Doddis è frutto di una esternazione ad ampio raggio che mette in risalto la cospicua vena creativa e la profonda sensibilità femminile nell’affrontare tematiche diuturne, se vogliamo anche banali, ma sempre attinenti al nostro vivere quotidiano. Si può ben parlare di una evocazione di reminiscenze che vengono man mano evidenziate, impreziosite da una espressione linguistica sempre determinata, decisa, in piena sintonia con il carattere dell’autrice. Leggendo questa raccolta se ne trae la chiara definizione di una creatrice consapevole di ciò che dice e convinta di ciò che enuncia. Con stile classicheggiante il tema viene arricchito da delicate simbologie. «In antico canto / ritrovo... erranti primavere / nel mio spirito è... Universo». Fantasiosa allusione a quella realtà personale che aleggia, sia pur con malcelato crepuscolarismo. Nella poesia di Fortu­nata Cafiero c’è delicatezza poetica, il verso scorre preciso per unirsi all’assunto, quasi timoroso di sconvolgerne l’ordine. Lo spirito romantico affiora quando afferma: «La mia malinconia / si scontra / con esiliata solitudine». Lo stato di abbandono che sovente assale e che tarpa ogni volontà. Lei si riconosce insoddisfatta, «un usignolo privo di ali / vive avara libertà / dietro reticolati / di dorata prigionia». C’è malessere spirituale, c’è sconforto, disagio, impossibilità a dar sfogo alla sua libertà. Se ne fa una ragione aggiungendo: «I sogni non svaniscono / polvere impalpabile / si annidano nei pensieri / da essi prendono vita». Ma ogni consolazione per quel senso di insoddisfazione che ogni tanto riaffiora... «è la mia vita soffusa di ombre e rimpianti / marionetta mossa da altri desideri». Sulla futilità dell’esistenza terrena è lei stessa a dirci: «Maschera di Pulcinella / recita la vita / tutti comparse / di un teatrino di pupi». Riecheggia, qui, il pirandelliano concetto di una società mistificata... «Il cerone cela / sguardo implorante». È il dramma da una realtà che ci è accanto! Col suo stato d’animo sempre afflitto da angosciosi dubbi, lei prosegue. «Ho attizzato il fuoco / su rabbiose ceneri / mesto bagaglio / di stantio diario». Si nota una certa stanchezza per un mondo che si disinteressa dei singoli. Nella sua poetica ci sono anche momenti di lirismo. «Tu sinfonia dolcissima / hai da sempre sublimato / il mio essere / dato vita agli incerti fragili sogni». Il pessimismo è strisciante. «Un labirinto questa mia vita / minata da ombre oscure / da sgualciti rimpianti». Una confessione di un’anima costantemente angosciata. «Mi lascio trascinare / immota e stanca / da corrente impetuosa / verso intense / vaghe / trasparenze d’amore». Persiste le mestizia, quasi la vita fosse briciole di vento che il tempo porterà via. La sua poesia fa molto pensare.               

Pacifico Topa