Il Convivio

A. IV n. 3
Luglio - Settembre 2003

Elisa Orzes Grillone: L’orso nella faggeta
di Tito Cauchi

Romanzo d’amore o romanzo storico. “L’orso della Faggeta” di Elisa Orzes Grillone, è un romanzo pubblicato dalle Edizioni Nuova Impronta, Roma 2002; la sua copertina è illustrata con un dipinto che ha per soggetto una faggeta. Altri otto dipinti sono riprodotti all’interno del libro, coniugando così la passione pittorica con quella di scrittrice: 180 pagine di piacevole lettura, tutta fatta d’un fiato, se non fosse stato per la necessità di dovere interrompere per pranzare, cenare, dormire.

In quarta di copertina si apprende che l’Autrice «è nata a Cencenighe Argodino (Belluno). Vive da moltissimi anni a Roma... Ha esordito in poesia nel lontano 1959. È impegnata a portare avanti valori d’arte e cultura che abbiano coerenza e significati di fede nella vita, ideali e contenuti umani... che danno un valore alto alla spiritualità dell’uomo». La breve prefazione di F. Priulla ci apre lo spettacolo: «Su di un promontorio panoramico, s’erge austero il castello di Bellavista del Conte Guglielmo Orseno, dove egli vive insieme alla moglie adorata e bellissima e alla figlia, Stella Diletta... ben presto la contessa morrà... non mancano accenni al quadro storico dell’epoca con i disordini sociali e l’avvento del fascismo»; l’altro protagonista è Emilio Collante, laureatosi in Ingegneria Agraria, il quale continua come il padre giardiniere, a lavorare presso il Castello, in Toscana.                È un romanzo d’amore a lieto fine, d’altri tempi. Si avrebbe l’impressione che l’Autrice abbia tirato fuori da un cassetto un manoscritto lasciatovi nell’Ottocento (nò, quì, quà, sò, i gnomi, Giugno, Ottobre, popolo Italiano): il garbo nel linguaggio, la scansione delle vicende, i buoni sentimenti. Sull’intreccio amoroso non mi intrattengo: è semplicemente stupefacente; ma è l’architettura del romanzo che mi ha interessato, in breve mi sembra tutto molto dosato, equilibrato, tanto che non saprei se definire il romanzo in senso storico, per via della contestualizzazione, o in senso favolistico. Non si trova una parolaccia, una sia pur minima sconcezza, un’azione ardita da parte di un innamorato, una piccola trasgressione se non solamente un bacio sul palmo dell’amata; questo insieme con altro dà uno spaccato sull’educazione dei giovani nobili dei primi del Novecento. Le origini dell’Autrice traspaiono ben radicate nel romanzo. Grande spazio nella narrazione viene occupato dal libro che il protagonista pubblica con lo pseudonimo di “Oscar dell’Amore”, dal titolo “La Vetta al Sole”.

Vediamo di connotare i due protagonisti. Lei inizia con i suoi sedici anni, le sue frecce d’oro e le sue letture imposte, fa sapere di avere studiato in un istituto svizzero, Manzoni, Fogazzaro, e poi Grazia Deledda, Giovanni Verga, Luigi Capuana; un po’ meno Luigi Pirandello, nient’affatto Gabriele D’Annunzio. Si studiavano Dante, Leopardi, Carducci... Parlando del padre di Emilio, così si esprime: «L’ho considerato come il miglior uomo del mondo, naturalmente compreso il mio babbo!» (pag.105). Lui inizia con i suoi ventitré anni, bell’uomo, bruno, pettinato ‘alla Mascagni’; fa sapere che da ragazzo leggeva Salgari; per tutto il romanzo lui si nomina Orso (da cui il titolo), perché così lo chiamava il padre da ragazzo, per via del suo carattere... L’amore verso una faggeta accomuna i due giovani, in un contesto ambientale che non lascia dubbi: «Forse qualche fata benefica... Coccinella portafortuna, mentre un Usignolo cantava il suo sogno ad una Capinera» (pag. 41). Non mancano le coloriture delle rose, delle gardenie, la bellezza delle grandi piante, le fate e gli gnomi, i profumi del giardino, l’atmosfera incantata di favola, il cavallo di nome Principe della protagonista, affettuosamente chiamata in famiglia Allodola e dal giardiniere di famiglia Lodoletta.                Contesto storico, aggiunto o strumentale. Il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra contro l’Austria e la Germania. Nelle conversazioni a volte sono i personaggi che esprimono la loro opinione, a volte si riportano notizie di giornale, altre volte si sovrappone la voce narrante... A volte è come se una voce di campo recitasse gli atti eroici come: «ebbe la forza di lanciare la sua stampella al nemico. Era un ragazzo romano, nato a Cassino, e si chiamava Enrico Toti» (44)... NeI 1918 si scatena una epidemia chiamata ‘la Spagnola’... La guerra viene considerata come una continuazione del Risorgimento e quando si giunge alla sua conclusione, ascoltiamo da Emilio come i giornali riportando la vittoria, chiamata di Vittorio Veneto, riferiscono però che lascia un bilancio di «seicentomila morti..., la bella canzone del Piave, scritta da un certo D. Mario, napoletano... questa guerra è una Vittoria Mutilata, perché ci hanno negato la costa Dalmata e Fiume», lascia un sapore amaro e un senso di pietà.

Ulteriori considerazioni. Tutti i riferimenti storici si potrebbero, in un certo senso, trascurare: i personaggi e i luoghi potrebbero essere pure inventati senza che il pathos amoroso venga meno; ma Elisa Orzes Grillone non si limita alla favola d’amore, lei intesse la trama in un periodo storico italiano in cui trova effettivamente riscontro, che tuttora è pregno di tanta emotività e di revisionismo. Così con tanto tatto stilistico, senza infastidire il lettore, l’Autrice scandisce il tempo registrando eventi storici: dai preparativi (1914) della prima guerra mondiale (1915/18) ai primi anni del fascismo(1925). Personaggi di primo piano sono: il Conte Guglielmo Orseno, che per tutto il romanzo rivolgendosi ad Emilio o parlando di lui, usa l’epiteto ‘ragazzo’, è bell’uomo, intelligente, fiducioso, ha un amore immenso per la figlia, e un altro amore per la sua tenuta... Altro importante protagonista è Cesare, il giardiniere che lavora da oltre cinquant’anni nel castello, che si prende cura dei fiori e che soprattutto è il confidente della Contessina, nonché un pilastro su cui contare per la conduzione della tenuta... Non mancano le sorprese e gli equivoci che si sarebbero potuti risolvere come ingredienti per tutt’altro genere di romanzo e che invece hanno avuto il merito di aumentare il pathos, ma che tuttavia potrebbero avere un valore simbolico etico: se non si vuole dichiarare qualcosa, al suo posto non si dichiari qualcos’altro.

Mi chiedo, in chiusura: l’Autrice intendeva realizzare un romanzo d’amore o fare del revisionismo storico? Tant’è che parlando di Mussolini, usa più di una volta l’attributo ‘famoso’ e ne tratteggia la biografia; parlando dei disordini verificatisi all’inizio del fascismo attribuisce il termine di ‘fannulloni’ a quelli che cantano ‘avanti popolo’; infine, ma non ultimo, parlando (dell’assassinio) di Matteotti dice che ‘degli sconsiderati fecero morire per maltrattamenti’ il deputato socialista, e subito dopo (come per controbilanciare) aggiunge che il deputato fascista Cansalini era stato ‘ucciso’ mentre accompagnava la figlia a scuola (rendendo così più efferato l’assassinio).