Il Convivio

A. IV n. 3
Luglio - Settembre 2003

Lucha Chamblant, la ricerca interiore in Ricordi - Poesie (ed. in proprio dicembre 2002)

 

«Carissimo Angelo, con coraggio e tenacia ho portato a termine quest’ultimo lavoro e sa Iddio quale sforzo mi sia costato! È un piccolo omaggio che ti invio insieme ai miei più sentiti auguri per un anno veramente felice». Queste parole di dedica scritte dalla poetessa romana Lucha, cioè Luciana Chamblant, al suo volume di Poesia “Ricordi”, sono davvero commoventi. Esse si possono idealmente riferire ad ogni lettore che si accosta alle sue liriche, frutto di un intenso amore per l’arte, ma soprattutto di una ricerca interiore fatta attraverso il ricordo e la pittura. Il volume, infatti, è accompagnato anche da molti bei quadri, dai colori vivi e dall’ampio significato metaforico e simbolico. In essi la pittrice, oltre che sulla carta, sa trasporre i suoi sentimenti. Gli oggetti rappresentati sono spesso fiori o vasi. Il fiore è manifestazione di delicatezza d’animo. Il vaso diventa il contenente, il fiore il contenuto. In questo rapporto tra contenente e contenuto, cioè tra persona amata e persona che ama, è il fiore a sbocciare, il fiore dell’amore. Per questo la pubblicazione ne valeva la pena! Le poesie di Lucha (come i suoi quadri) sono, infatti, davvero toccanti e scaturiscono dal profondo del suo cuore e del suo animo, specchio dei suoi sentimenti: ma dire questo sarebbe molto riduttivo, in quanto le 86 liriche presentano un’attenzione linguistica e lessicale, e un continuo labor limae, che le rende veri e propri bozzetti di sentimenti, passioni, riflessioni, descrizioni, essendo nato il volume dalla concomitanza tra cuore e ragione, come dire tra passione e razionalità. Anche il linguaggio è vivo, soprattutto quando la lingua non è quella italiana, ma l’aggraziato romanesco: linguaggio ‘popolare’ che colpisce nel segno e sa esprimere un’intera individualità riflessiva. Lo stile è semplice e accattivante. Si tratta di 124 pagine in cui nell’alternanza lingua-dialetto il tema principalmente espresso è l’amore. In tal senso le molte liriche si presentano come un’interiore biografia, come lo scandaglio del proprio essere, la ricerca di una pace interiore, forse perduta, ma non per sempre. La speranza di una vita migliore e di una vita felice è il concetto, infatti, che pervade ogni poesia. La vita è bella, direbbe Roberto Benigni, ma questa vita bella è altalenante: al bello si contrappone il brutto, alla pioggia e alla tempesta si contrappone il sereno. Così è pure l’amore. Il rapporto con l’altro non sempre corre liscio: «Le senzazzioni mò sò terminate / e quela bella favola è finita, / tramezzo i veli azzuri de le fate! / tramezzo ‘n orizzonte rosso foco, / fra er dondolio de mille cannofiene, / pur si lo cerchi nun c’è più quer logo!». Ma poi tutto si risolve, quello che sembrava finito riprende di nuovo vita: «Si nun te vedo mòro / nu’jje la faccio più, / lo vòi capì... t’adoro, / ce sei sortanto tu! // Ce sei sortanto tu, / drent’a sto monno boja, / nun vojo vìve più / senza sentì sta gioia!». In quest’altalena tra gioia e dolore, tra odio e amore, direi quasi tra vita e morte, ecco che appare un funesto presagio: si avvicinano gli ultimi giorni, forse. Allora si vuole chiedere scusa, volendo riacquistare una eterna pace interiore: «Io sento ‘na tristezza / che svincola ner còre, / ciò poi tanta amarezza / che taja ‘gni vigore! // Sto pe partì lontano / ner reggno de le stelle, / chi ssà come saranno? Da quì pareno belle!». Proprio attraverso questo spirito di libertà, l’autrice percorre un lungo cammino di riflessione per giungere all’unione totale: bello vivere insieme. Alla fine, anche se i capelli sono bianchi, la vita appare felice e la vecchiaia meno detestabile. Insieme ci si consola, il ricordo della vita passata dà speranza per il futuro: «Si quarche vvòrta ce guardamo in faccia, / parleno  l’occhi dietro quei sorrisi, / de la bellezza mia nun c’è più traccia, / mentre i discorzi sua sò ‘n pò svaniti! // Lui nu’ mme la lascia mai la mano, / e se la porta stretta stretta ar core, / forze pe l’antri  tutto questo è strano. / Perché la vita è piena de dolore! //  Sò sessantanni che vivemo assieme, / quanno ce penzo me pija ‘n gran stupore, / così prego Iddio pe nun avè antre pene, / fàcce morì assieme, ma co lo stesso amore!». Per tutto ciò, a mio avviso, Lucha è una delle poetesse romane che andrebbero rivalutate e meglio conosciute.    

Angelo Manitta