Il Convivio

A. IV n. 3
Luglio - Settembre 2003

Silvio Craviotto, Bestiario, 2003.

 

Autore già noto di raccolte quali Scarti e scorie, I minuti del recupero, dove con immagini iperboliche e con una vena di sottile e dissacrante ironia propone ora interrogativi provocatori e trasgressivi, ora costrutti ermetici, poeta dalla lunga esperienza e dalla vasta produzione, Silvio Craviotto stavolta dichiara, con l’ormai consueta autoironia: “Aggiungo alla mia quasi ampia collana la piccola “perla” (artificiale?) di questi versi, ispirati da alcuni tra i nostri fratelli animali”, e aggiunge: “non sono pochi ad aver capito quale aura vivificante spira dalla presenza degli animali ma ancora troppi sono coloro che li considerano oggetti o cose senza sensibilità né amore”. Già nel precedente I minuti del recupero una sezione del volume era ispirata al gatto, ma adesso, in questo Bestiario, gli animali tornano a pieno titolo, da protagonisti quasi  incontrastati:  “Se follia c’è in questi “carmi”, la ritengo meno perniciosa di quella che condusse e continua a condurre alla produzione della Bomba e a voler spingere il volo, già ampiamente realizzato, di Icaro verso remoti spazi e corpi siderali”. Di toccante, recente attualità è, infatti, L’astronauta, composizione sull’onda emotiva di eventi tristemente noti, posta quasi a suggello, a ideale conclusione della raccolta: “…In lui s’estenua anche il ricordo / d’essere stato uomo: preme solo / la volontà di ancora proseguire / il folle volo verso nebulose / donde non è ritorno a patrie prode / e sola libertà sarà il morire”. Inconsciamente parafrasando il noto adagio “Più conosco gli uomini…”, il provocatore Craviotto scioglie le sue lodi a tutta una galleria di animali, cominciando dai pesci dell’esordio - a lui zodiacalmente vicini - ecco sfilare poi lucertole, lombrichi, ancora gatti, canarini, scriccioli, cavalli, delfini, ricci, merli, insetti, uccelli, pesci e mammiferi, nei versi ora avvicinati ora discostati agli umani, per similitudine o per diversità. E da loro Craviotto apprende e trasmette lezioni di vita e di saggezza: “Lombrichi, voi scavate come me / assiduamente nella negra terra, / la rendete feconda: non così / fa chi proclama pace e aizza guerra…” (da Lombrichi), o: “…Il merlo è la voce che risale / ironica dal fondo della mia / iniquità, da un fondo / confuso e oscuro e dice verità / di natura invisibile a chi ancora / pensa soltanto a divorare il mondo” (da Il merlo). Bestiario è, in fondo, una meditazione sull’uomo e sulla sua pochezza e vanità, meditazione di cui i versi dell’ultima composizione, Meditazione d’un autunno tardo, costituiscono insieme l’epilogo e il testamento: “…il Destino che unisce / l’uomo all’aquila e entrambi / al lombrico; che fa / tutt’uno della stella Aldebaran / con la fogna e il liquame / entro cui mi dibatto senza mai / sentirmi vinto o disperato, pago / solamente d’esprimere / col mio silenzio alterno a questo grido / la mia insonne protesta e assieme ad essa / la mia forza, la gioia di sentirmi / vivo, padrone e insieme / schiavo di un’impossibile promessa”.

                Maristella  Dilettoso