- Giovanni Di Girolamo certo non finisce di
stupire. E il piccolo volume “Stornellate” (G.D.G. Teramo 2002) lo dimostra.
L’opera nasce quasi per gioco, quasi per una scommessa con se stesso, così
come afferma lo stesso Di Girolamo nella breve nota introduttiva: «Qualche
sera fa, dopo aver lavorato ad un’ennesima revisione del mio “Manuale di
metrica italiana” giunto al capitolo appunto dello ‘stornello’, ecco l’idea
di nuovo mi si affaccia alla mente; vado a letto, e il frullio nel cervello
continua: non faccio fatica a trovare il titolo e neppure il sottotitolo:
“Cento stornelli”. Insomma, per non farla lunga, ho cominciato a scrivere,
ed al mattino, quando mi sono definitivamente svegliato da alcuni
dormiveglia, di ‘stornelli ne avevo composti diciotto». Ma qual è la
caratteristica dello ‘stornello’? Si tratta di una composizione breve, di
tre versi, di cui il primo è di 5/7 sillabe, mentre il secondo e il terzo
sono rigorosamente endecasillabi. Anche riguardo alla rima ci sono delle
regole ben precise. Il primo e il terzo verso sono rigorosamente rimati,
mentre il secondo verso ha una consonanza con gli altri due.
Se da una parte lo ‘stornello’ di Di Girolamo si rifà ad uno schema
tradizionale, dall’altra parte mostra una vivacità di vita ed un’esplosione
di colori intrisi ad effetti erotico-amorosi del tutto inaspettati. Il primo
stornello è programmatico: «Fior d’amore, / per te piansi e versai lacrime a
mare, / ma ti regalo ancor l’anima e il cuore». Si tratta di cento fiori
rapportati a cento concetti d’amore. Il lavoro, che potrebbe dare
l’impressione di essere ripetitivo, in effetti non lo è, e prova ne è il
fatto che appena le composizioni sono andate tra le mani degli amici di Di
Girolamo, costoro, in particolare Antonio Di Giambattista e Giorgio Fedele,
ne sono stati a tal punto contagiati che anche loro hanno scritto degli
stornelli. A quel punto non poteva che nascere un volume a tre mani, una
raccolta di 300 stornelli. Ed è questa probabilmente la prossima
pubblicazione di Giovanni Di Girolamo. Perdersi in parole è certo superfluo.
Meglio è forse leggere direttamente alcuni stornelli. Eccoli:
Fiore d’acanto
vorrei fermare il tempo un sol momento,
per non scordarmi più l’ultimo incanto.
Fior di genziana,
tu che conosci tutta la mia pena,
perché rimani ancor così lontana?
Fiore di loto,
quando sai che l’amore se n’è andato,
capisci bene che la vita ha un vuoto.