Il Convivio

A. IV n. 3
Luglio - Settembre 2003

Roulette Balcanica, un dramma che si conclude in tragedia di Drazan Gunjaca, (Terremerse, ed. Fara)

Un dramma che si conclude in tragedia, un lungo dialogo - pesante - imperniato quasi tutto sulla guerra, che si rivela, in ultimo, un romanzo d’amore. Settembre, verso mezzanotte, a Pola, nel soggiorno di un appartamento al quarto piano... Petar e Mario, serbo l’uno croato l’altro, in divisa il primo in borghese il secondo, entrambi militari, siedono presso un tavolo su cui sono poggiati due bicchieri, una bottiglia di cognac e due pistole. Petar ha deciso di uccidersi, ma non sa come; Mario non crede del tutto a quanto l’amico dichiara e risponde che «i Serbi non sanno fare nulla senza dare spettacolo». Discutono della guerra, del perché e per chi si combatte. Chi sono loro? Invasori o liberatori? Non lo sanno. Combattono perché vi sono spinti, costretti, ma uno scopo certo, giustificabile, non sanno se c'è... Sono loro gli ideali o di altri? Le guerre si fanno per i capricci di pochi, perché nessuno le vuole, però si fanno e tutti ne sono coinvolti e ne subiscono le conseguenze... Mario non tornerà in caserma, perciò s’è tolta la divisa; consiglia a Petar di toglierla anche lui, non è prudente farsi vedere in uniforme... Che brutta faccenda è la guerra! Un giorno si fa parte dell’esercito del proprio paese, l’indomani si diventa invasori di quel paese. Che paradosso! Quale incongruenza! Il riferimento di Petar al “suo suicidio” è ricorrente, come per inciso egli sembra accennarvi, e non pare, la sua, un’affermazione seria. «Amico (a Mario), ti ho chiamato per farmi consolare... Devo uccidermi, ma non ho il coraggio, sono un vigliacco». La moglie di Petar è andata via con i bambini, s’è recata dai genitori in Dalmazia. Per non essere “seccata”, ha detto che il marito era morto. Petar soffre per la partenza della moglie, ma dimostra calma e pacata (sembra) rassegnazione, anche se continua a ribadire il suo proposito di “farla finita” e a chiedersi «perché si fa una guerra che non si dovrebbe fare...». Sempre in quel salotto arrivano altri personaggi. Tragicomico (e anche disgustoso) l’episodio del “bocca a bocca” di Ivan su Iovica per rianimarlo e quando il poverino si ritrova con la dentiera in bocca e corre a vomitare (che schifo!). Infine Petar decide di scrivere una lettera che l’amico dovrebbe dare ad Ana, la moglie, dopo che si sarà ucciso... Ma si ucciderà sul serio? Sì, purtroppo. Questo è il “finale-sorpresa” che lascia sconvolti e fa dimenticare la guerra... I due amici ascoltano un disco croato e cantano, poi uno serbo... Infine si abbracciano e Petar si spara alla tempia. Mario piange, incredulo. Squilla il telefono: è Ana. Mario: «Troppo tardi. Ora potrai ascoltarlo “in silenzio”; Petar non ha potuto accettare che nel vostro futuro lui non ci fosse più». Petar s’era suicidato, non per la guerra, ma per amore.

Antonia Izzi Rufo