Il Convivio

A. IV n. 3
Luglio - Settembre 2003

Macchia di Luna, poesia tra verso e colore di Maria Flora Macchia (Montedit, Giugno 1994, ristampa 2002)

 

Poesia cerebrale e pittorica, quella di Maria Flora Macchia. Un verso è un colore, ogni parola è una tonalità. Ecco dunque il quadro. Sentimenti di donna, mai esasperati, mai celati, sono gli arpeggi della solitudine cosmica, ma non della rassegnazione. È ricerca continua di se stessi, un inclito liberatorio, e la parola cristallina, pulita, s’incide tra le pieghe della fisicità, come fosse atmosfera rarefatta, ma che in realtà nasconde un magma, un fuoco senza inizio né fine. Discrete armonie in cammino verso l’equilibrio interiore, e la meraviglia del nuovo, sono sensazioni di una fanciulla innamorata del regno delle parole meditate, ancorché scritte. Ergo, ‘scrittura raffinata’ si può dire della poesia di Maria Flora; proprio per questo intellettuale che lascia segni incancellabili nella memoria del lettore. Letteratura degli spazi aperti, dei luoghi dell’anima, musica del ‘silentio noctis’, è questo il tratto della poesia di Maria Flora sebbene le tinte, a volte forti, a volte tenui, siano della stessa materia della solarità tutta mediterranea, nel mezzo della nebbiosità milanese, della quale, però non c’è traccia. Milano, appunto. Più di una volta traspare la milanesità quando si legge di osterie e riflettori e silenzi nostalgici e incontri. La metropoli tentacolare, certo, ma sintetica nel suo pragmatismo efficientista. Milano è un’ipotesi, e Maria Flora ne sviluppa la tesi lirica, per arrivare all’antitesi linguistica: si può dire, dunque per chiudere il cerchio, musica dell’anima, che ferma il rit-mo metropolitano.

                Francesco Di Rocco