Il Convivio

A. IV n. 3
Luglio - Settembre 2003

Improbabili risposte, la poesia mitica di Lidia Maggiolo (Editoriale Padova, 2003)

 

L’uomo, e quindi l’umanità nella sua essenza riflessiva e coscienziale, si pone sempre delle domande: chi sono? dove vado? quale è la mia finalità? È questa la premessa per andare alla ricerca di se stesso, e soprattutto alla ricerca di risposte, che sembrano diventare ‘improbabili’, o meglio incerte per la poetessa padovana Lidia Maggiolo. Per lei, così come si legge nella breve nota biografica «la vita è fatta di piccole cose. L’amicizia è importante... Scrive poco e quel poco è fatto di domande sulla vita e sulla morte». Ed in effetti è questa la linea direzionale delle sue liriche: in una fusione tra vita ed arte: una ricerca interiore che sboccia in una serenità d’intenti e soprattutto giunge ad un approdo mitico-esistenzale, come già evidenzia il disegno di copertina di Alberto Bolzonella, dal titolo “La nascita degli dei”. Emblematica in tal senso è la lirica che apre la silloge: «È un’improbabile risposta / ripetere che gli dei ci sono / che ci assistono». E gli dei che la poetessa canta, e sono presenti nella vita quotidiana, sono le emozioni, i sentimenti, i rapporti con gli altri, ma soprattutto gli ideali di felicità e di libertà che riescono a scandagliare i più profondi meandri dell’esistenza. Che l’uomo quotidianamente sia sempre a contatto con figure mitiche la poetessa lo dice chiaramente della seconda lirica: «Figure-miti / e draghi dalla bocca di fuoco / ritrovano la luce / in un artefizio di eternità. / Il vento solleva desideri sopiti / e ricrea nella polvere l’intimità». Ancora la figura-mito diventa protagonista nella omonima poesia in cui «la memoria dà forma al tempo: / questa liberazione da ogni vincolo, / da ogni oscura presenza / è quasi una vittoria». Questa liberazione è una liberazione quotidiana, una ricerca che approda ad una luce di conquista interiore. Le figure-mito assumono allora una funzione simbolica. L’uomo è circondato da simboli che accompagnano la sua esistenza e se non fosse per essi, forse perderebbe la sua vera significazione. Se il tempo dissolve ogni cosa, la conquista interiore non è dissolubile, è eterna, è una luce manifesta il mistero. E il mistero porta alla riflessione. Il silenzio ammorbidisce e concilia la riflessione. Se i grandi interrogativi sull’esistenza suscitano attimi di scoraggiamento e di solitudine, allora non resta che vivere alla giornata. La vita umana si presenta sotto varie sfaccettature, con i suoi contrasti e le sue ambizioni, le sue sofferenze e i suoi problemi. Il ‘carpe diem’ oraziano, può portare felicità, ma si tratta di fugace felicità, in quanto è nella propria anteriorità che si deve trovare la risposta ad ogni quesito. E Lidia Maggiolo scava in se stessa per trovare quella felicità, che è emozione vera e conquista duratura. La sua esistenza, nella quotidianità delle azioni, ha un sapore di straordinarietà. Anche le sue poesie hanno il sapore della straordinarietà delle cose scritte per caso. E ci viene in mente il grande Catullo che scrive le sue ‘nugae’, le sue sciocchezze che sanno esprimere l’universalità delle emozioni. Il lettore viene attratto dal fascino del poetico ragionare della poetessa padovana, del suo immedesimarsi nella vita, delle sue ampie descrizioni liriche, del profondo sapore di genuinità e sincerità. La poetessa si rivela autenticamente se stessa e come scrive Luciano Nanni nella prefazione appaiono «evidenti il rigore linguistico, la cristallina purezza del dettato e la trasfigurazione di quei significati che parevano intraducibili. Se è vero che il dato stilistico si evince dal lessico, ebbene qui la sua personalizzazione è atto compiuto». «La poesia diventa, in tal modo, tutto ciò che deve essere: armonia controllata, verso misurato, fermezza gentile, emozione, immagine, traduzione di memoria, espressione dello spirito, indicazione discreta...» scrive Mario Klein.

                Angelo Manitta