Il Convivio

A. IV n. 3
Luglio - Settembre 2003

   
di Maria Enza Giannetto

Mara Lupo, La perfezione sbagliata (L’Autore libri, Firenze 2000) – Prima classificata

                       

Storia di conflitti e contrasti che si incontrano però nell’armonia, in un punto in cui i contrari cessano di essere tali per fondersi nella perfezione totale. Una “perfezione sbagliata” per il senso e il gusto comune, ma che ha tanto di divino da esulare dalla vita e dall’amore terreno. Una perfezione sbagliata dal punto di vista di chi vede l’amore come possesso, come gelosia, sotterfugio e che è costretto a ricredersi di fronte all’unione di due anime, alla condivisione e allo struggente appartenersi di due esseri viventi. La trama si articola in lunghe descrizioni che vanno dall’ambiente circostante (di cui il mare con la sua intensità è sempre l’elemento centrale) al mondo interiore, ai sentimenti e le sensazioni. Tre donne e tre esistenze che si intersecano nel blu del mare. Elemento che percorre l’intero romanzo e che ne segna la conclusione e la pace ritrovata quando, negli occhi “blu mare” di Valeria, Silvia riscopre la perduta pace interiore. Un mare che, nella sua apparente tranquillità, nasconde correnti contrarie, allo stesso modo in cui conflitti interiori ed emozioni contrastanti compongono le vite delle protagoniste. È come se l’autrice ci tenesse a sottolineare che dentro ognuno di noi convivono diverse nature e diversi modi di sentire. La vita è contrasto e ognuna delle protagoniste sembra celare questa realtà: Elena, madre e moglie attenta, raffinata e ossequiosa, amante debole di un uomo senza scrupoli e donna che ritrova la sua femminilità e se stessa solo attraverso la riscoperta dell’amore con Silvia; Silvia, insegnante dolcissima, donna forte e razionale capace di slanci appassionati e intrattenibili; e infine Valeria, la voce narrante di molte parti del libro, colei a cui è affidato il difficile compito di dipanare la complicata matassa dell’amore tra le due donne. Il libro è descrittivo ma di una descrizione che si solleva dal reale per toccare elementi eterei, che sono poi quelli in cui l’autrice, attraverso una ricerca meticolosissima di vocaboli, mai superflui o monotoni, riesce a regalarci il pulsare e i fremiti più importanti del romanzo. Un libro emozionante, da leggere tutto d’un fiato e che tuttavia quando si conclude ti lascia con una sensazione di nostalgia.

 

Giovanni Di Girolamo, A volo di farfalla (La Versiliana Editrice, 2002) – Secondo classificato

                       

Quest’ultima fatica letteraria di Di Girolamo riesce ancora una volta a fornire un’idea assai precisa del talento letterario e narrativo dell’autore, quasi come se lo scrittore si trovasse nell’ambiente a lui più consono proprio quando “racconta” e scandaglia l’animo umano. Un romanzo, lontano da qualsiasi eccesso, in cui viene realizzata l’idea classica della “perfezione” che si staglia a metà tra tutti gli eccessi. E nessun eccesso mostra la narrazione che è sempre scorrevole, senza intoppi. Dialoghi, descrizioni, monologhi, che assolvono perfettamente la loro funzione narrativa e che risultano veri capolavori di “artificio letterario”. Ricercatezza lessicale, periodare agile e sicuro, costruzioni metodiche che rivelano il grande lavoro di cesellatura che ne sta alla base e che portano ad una narrazione scorrevole e spedita. Si tratta di un romanzo di verità, che ha come contenuti primari eventi e situazioni reali ma che riesce a scandagliare gli angoli più remoti e intimi dell’animo umano e tematiche esistenziali più ampie. Ed è come se alla fine della narrazione il lettore avesse vissuto tutte le emozioni dei protagonisti e ne conoscesse intimamente l’animo. Ben costruiti i personaggi principali: Diana, la protagonista della storia, silenziosamente interrogata e presentata al lettore, una figura femminile vista nella sua interezza e con tutte le sue contraddizioni; Don Enzo che sbroglia l’intricato intreccio della storia e che nella marginalità in cui sembra trincerato ha invece un ruolo fondamentale. Diana ripercorre un lungo cammino esistenziale che la porta ad assaporare un’unica verità: la stabilità, l’appagamento emotivo (la felicità) sono solo un momento interiore che si può assaporare in condizioni personali particolari. Don Enzo è invece il personaggio a cui Di Girolamo affida quell’apertura verso l’infinito e l’eterno. Egli apporta quell’anelito di religiosità, di spiritualità all’interno del romanzo, donandogli l’elemento immateriale di cui ogni grande opera necessita.

 

Margherita Biondo, La collina (Centro Studi Giulio Pastore, Agrigento 2000) – Terza classificata

 

La collina è l’ultima esperienza letteraria di Margherita Biondo, una donna dagli innumerevoli interessi artistici e la cui intensa vita culturale è sempre segnata da numerosi riconoscimenti e premi. L’intero romanzo ruota intorno al personaggio di Giovanni un viandante solitario nella sua collina, nelle vie di Milano, nonché nelle vie della vita. Simbolo di una cultura del viandante, dell’abbandono alla ricerca di miglior vita e alla scoperta di ciò che la vita veramente gli riserva, egli abbandona la realtà soffocante che lo circonda fin dalla nascita e intraprende un vero e proprio percorso iniziatico che lo risolleva facendogli riconquistare la fiducia in se stesso e la dignità. La crescita interiore prevede lunghe sofferenze, come la discesa all’inferno prima di trovare il paradiso. Così Giovanni è costretto a superare ogni ostacolo e deve scontrarsi con il bene e con il male delle persone prima di ritrovare se stesso. Nei lunghi nove anni del suo vagare per le vie della metropoli egli, allontanatosi dal verghiano “scoglio”, è costretto a superare difficoltà di ogni tipo per costruirsi un angolo suo e autonomo dall’antica collina. Una collina che può essere il luogo natio di chiunque e di nessuno, che non ha una localizzazione geografica precisa, ma che può essere ogni angolo della Sicilia. Dopo esperienze d’ogni genere il suo percorso non può che concludersi con un amalgama essenziale del suo piccolo e antico mondo con quello spietato e gigantesco della metropoli. Nel suo vagare, nel suo vivere e combattere per una posizione Giovanni assurge a emblema dell’intera umanità e si rende conto che con il passare del tempo la vita gli ha comunque risposto. Un libro di speranza e di fede nell’uomo e nelle sue possibilità, in cui l’autrice, attraverso la storia del protagonista, sembra voler infondere quest’estrema fiducia nelle possibilità dell’individuo: «Nel disperato appello di quel destino mortale l’esultanza si stagliava sull’anima dell’intera umanità, poiché la sua storia è una storia universale».