Il Convivio

A. IV n. 3
Luglio - Settembre 2003

Gaetano G. Perlongo, Il calabrone ha smesso di volare, prefazione di Angelo Manitta

Calabrone = insetto dell’ordine degli imenotteri, si-mile alla vespa... Fig. persona molesta, importuna (Dizionario Gabrielli). Angelo Manitta: «Il calabrone, metafora dell’uomo, insiste nel voler volare, e quindi nel voler continuare ad essere diverso da quello che è». Igor Sikorsky, con una espressione ironica: «Ma il calabrone questo non lo sa e perciò continua a volare». Protagonista delle liriche, adunque, è l’uomo, visto non nel suo aspetto migliore, ma nel suo volersi mettere in evidenza, nel suo mostrarsi, nella sua ambizione (perciò presunzione e congenita ignoranza) di «volere apparire diverso da quello che è» (ipocrisia)... Un’immagine per nulla gratificante, ma squalificante e deludente. Due le parti della silloge: nella prima emerge la ribellione del poeta contro il sistema attuale - nel suo essere negativo - nel quale l’uomo si muove, non certo a suo agio; nella seconda la protesta contro l’andamento politico e sociale dell’età contemporanea è la “rabbia” dell’autore per l’impossibilità di operare il cambiamento... Ma c’è l'alternativa, il canale di emergenza: il rifugio nel ricordo di ere “sane” di un passato che affonda le sue radici nella notte dei tempi e ancora nella creatività rigeneratrice della poesia (Poiein). Meditazioni critiche, constatazioni amare, metafore, parallelismi, conclusioni scoraggianti. «Ho sognato tutto quanto un uomo possa desiderare, o aborrire» egli scrive,«e gente che da vecchia / si prepara alla morte / invece di rimuoverla».La vita è bella e va vissuta fino in fondo, vuole intendere l’autore, non va rinnegata; peccato che gli uomini, certi uomini, costringono a detestarla! Varie le tematiche affrontate: la globalizzazione, con l’apatia dell’umanità violentata nella propria identità; la burocrazia, «figlia bastarda di madre qualunquista»; gl’insegnamenti tratti dall’esperienza, le riflessioni sulla religione e la politica che inducono alla miscredenza e alla condanna della mistificazione; il novecento, secolo dell’apparenza e della falsità che porta a cercare conforto nella solitudine… Il poeta è molto giovane, ma dimostra profonda maturazione psicologica, chiaroveggenza, capacità introspettiva, impulso al rinnovamento in positivo delle istituzioni... Rinnovamento che, purtroppo, appare ancora ipotetico.
Antonia Izzi Rufo