Il Convivio

A. IV n. 3
Luglio - Settembre 2003

La morte fantasia del tempo: Gastone Silletta e il suo Topo cantautore (Montedit, Milano 2003)

«Nessuno aveva mai preso sul serio il vecchio Brian. Soprattutto da quando iniziò a raccontare di aver parlato con un topo. In paese, mai nessuno l’aveva degnato di particolare attenzione, negandogli persino il saluto, se ciò non fosse stato solo indispensabile, specialmente quando si tenevano i grandi discorsi sulla pace e la fratellanza lungo le strade del paese, e poteva sembrare indecoroso agli, occhi degli altri, non salutare un proprio compaesano». Questo l’avvio del romanzo (fiaba-favola-racconto) di Gastone Silletta. Riteniamo opportuno riportare le prime righe del libro perché esse ne rappresentano un campione fedele: tutte le pagine scorrono leggere, fluide, piane; non si incontrano sbalzi, la forma è sorvegliata, la narrazione compatta, la scrittura efficace. Basti notare, per esempio, quante informazioni apprende il lettore semplicemente scorrendo le parole dell’incipit de Il topo cantautore: si conosce subito un certo clima, si individua immediatamente la dimensione spaziale della storia, si desume facilmente la condizione del vecchio Brian. Queste cose non accadono se non si ha a che fare con un bravo scrittore, anche se esordiente. Né ci si immerge in una storia avvincente e talvolta persino commovente, se quell’esordiente non possiede un talento davvero apprezzabile. Esiste tuttavia un altro aspetto del libro sul quale crediamo necessario soffermarci, ossia la componente dialogica che ne è parte: e dobbiamo riconoscere a Silletta di aver centrato anche in questo caso il bersaglio, visto e considerato che ha saputo conferire ai dialoghi una freschezza e un’immediatezza certamente lodevoli. Per quanto riguarda la storia in sé, non possiamo non condividere e far nostre le parole del prefatore, Massimo Barile, quando afferma che Silletta “è assai abile nel seguire sempre il filo conduttore che si dirama all’interno della storia, a sciogliere i nodo dell’incomprensione, a far fluire abilmente le varie situazioni e anche le vicende più terrificanti, a dipanare sempre le intricate elaborazioni della mente umana. L’Autore è il padrone assoluto della trama ed è lui che decide quando deve nascere il viaggio attraverso la selva scura”. Per parte nostra confessiamo che, nel mentre leggevamo il libro, abbiamo avuto l’impressione che Silletta abbia riversato in queste belle pagine una sorta di enciclopedia del proprio vissuto, intrecciando fra le righe sottili fili di esperienza personale, di sogno, di disillusione e di fantasia. E il fatto che la storia riesca a sorreggere bene tutto questo cospicuo insieme di note gaie e dolenti, ci pare senza dubbio indicativo.
Simone Gambacorta