- «Nessuno
aveva mai preso sul serio il vecchio Brian.
Soprattutto da quando iniziò a raccontare di aver parlato con un topo. In
paese, mai nessuno l’aveva degnato di particolare attenzione, negandogli
persino il saluto, se ciò non fosse stato solo indispensabile,
specialmente quando si tenevano i grandi discorsi sulla pace e la
fratellanza lungo le strade del paese, e poteva sembrare indecoroso agli,
occhi degli altri, non salutare un proprio compaesano».
Questo l’avvio del romanzo (fiaba-favola-racconto) di Gastone Silletta.
Riteniamo opportuno riportare le prime righe del libro perché esse ne
rappresentano un campione fedele: tutte le pagine scorrono leggere,
fluide, piane; non si incontrano sbalzi, la forma è sorvegliata, la
narrazione compatta, la scrittura efficace. Basti notare, per esempio,
quante informazioni apprende il lettore semplicemente scorrendo le parole
dell’incipit de Il topo cantautore: si conosce subito un certo
clima, si individua immediatamente la dimensione spaziale della storia, si
desume facilmente la condizione del vecchio Brian. Queste cose non
accadono se non si ha a che fare con un bravo scrittore, anche se
esordiente. Né ci si immerge in una storia avvincente e talvolta persino
commovente, se quell’esordiente non possiede un talento davvero
apprezzabile. Esiste tuttavia un altro aspetto del libro sul quale
crediamo necessario soffermarci, ossia la componente dialogica che ne è
parte: e dobbiamo riconoscere a Silletta di aver centrato anche in questo
caso il bersaglio, visto e considerato che ha saputo conferire ai dialoghi
una freschezza e un’immediatezza certamente lodevoli. Per quanto riguarda
la storia in sé, non possiamo non condividere e far nostre le parole del
prefatore, Massimo Barile, quando afferma che Silletta “è assai abile
nel seguire sempre il filo conduttore che si dirama all’interno della
storia, a sciogliere i nodo dell’incomprensione, a far fluire abilmente le
varie situazioni e anche le vicende più terrificanti, a dipanare sempre le
intricate elaborazioni della mente umana. L’Autore è il padrone assoluto
della trama ed è lui che decide quando deve nascere il viaggio attraverso
la selva scura…”. Per parte nostra confessiamo che, nel mentre
leggevamo il libro, abbiamo avuto l’impressione che Silletta abbia
riversato in queste belle pagine una sorta di enciclopedia del proprio
vissuto, intrecciando fra le righe sottili fili di esperienza personale,
di sogno, di disillusione e di fantasia. E il fatto che la storia riesca a
sorreggere bene tutto questo cospicuo insieme di note gaie e dolenti, ci
pare senza dubbio indicativo.
|
|