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Uccello migratore perso al vento (prima
classificata)
di Umberto Vicaretti
a guado inquiete tornano memorie.
Sul quadrante dell’orologio a muro
lente salpano le ore verso l’alba
sognando naufragi di cobalto e luce.
Qui tra pareti stupefatte
come il ragno immemore e tenace
anch’io fallaci reti tendo ai sogni
e aspetto.
Ma le farfalle volano altri cieli
e il tempo sfalda inesorabile
certezze e accordi
corrompe calici reclina steli:
il giorno sarà sangue e lunghi artigli
luce decomposta disarmonia
che lacera presepi e redenzioni
(ahi! fiumi messaggeri della terra
dov’è ora l’Eden e perché l’azzurro
delle vostre vene trascolora in minio?).
Bruciano le città del mondo e alti
crepitano fuochi e ampolle d’odio.
Già s‘invera il presagio della notte
ed io ritrovo intatta la mia pena
uccello migratore perso al vento
straniero ai cieli ed alle rotte amiche:
invano cerco approdi oltre le nebbie
e ignoti e incerti séguito orizzonti.
Confusamente stretto alla mia resa
smarriti viaggiatori insieme andiamo.
E non sappiamo dove.