Maruja e Beatriz uscivano dal giornale Focine per ritornare a casa accompagnate dal loro autista. L'auto, pochi metri dopo, venne circondata, l'autista ucciso e le due donne prelevate bruscamente e caricate su due vetture diverse.
Questo fu solo uno dei dieci sequestri che sconvolsero la Colombia nel 1990. Maruja e Beatriz furono condotte con le dovute precauzioni in un casale sconosciuto dove sarebbero rimaste poco tempo, prima di raggiungere il luogo dove era tenuta prigioniera Marina Montoya, sequestrata tre mesi prima e ormai data per morta.
Il marito di Beatriz, dottor Guerrero, quando ricevette la notizia rimase talmente sconvolto da non saper come reagire se non disperandosi. Alberto Villamizar, fratello e marito delle due donne, era il vero obiettivo dei sequestratori che volevano, attraverso di lui, manovrare l'opinione pubblica e influenzare l'Assemblea Costituente. Il motivo principale di questa guerra era il tentativo dei narcotrafficanti di ottenere la non estradizione negli Stati Uniti, dove potevano essere processati e ricevere condanne esorbitanti. Ciò era possibile grazie ad un trattato sottoscritto dall'ex presidente Tubay. Proprio a quest'ultimo toccò di vivere la nuova battaglia in prima persona: la figlia Diana, giornalista, era stata sequestrata poco tempo prima. Con la falsa promessa di un'intervista cadde prigioniera con tutta la sua équipe: Azucena Lievano, Juan Vitta, Richard Becerra, Orlando Acevede e Hero Buss. Nelle mani degli Estradabili c'era già Francisco Santos.
Le vicende delle vittime si intrecciano tra loro in quanto i vari destini sono manovrati da un'unica persona. Marina, Maruja e Beatriz condividendo la medesima situazione si confortavano a vicenda combattendo il severo regime di prigionia: a loro era impedito di parlare se non sussurrando, di recarsi ai serviti liberamente e persino di tossire o russare. Gli unici svaghi erano radio e televisione che trasmettevano programmi dedicati ai sequestrati mostrando i parenti e dando consiglio su come sopportare la prigionia.
Un comunicato stampa annunciò che i sequestrati si trovavano nelle mani degli Estradabili, il cui capo era Escobar; tra i parenti si diffuse lo sconforto e tra alcuni già la disperata rassegnazione di non rivedere i propri cari.
Marina era diventata come una nonna per un carceriere, probabilmente un altro si era infatuato di Beatriz, molti odiavano Maruja. Anche loro vivevano una condizione di prigionia e venivano cambiati periodicamente.
Diana e la sua équipe, dopo essere stati sequestrati, furono divisi in due gruppi: Diana, Azucena, Juan e Richard, Orlando, Hero. Questi ultimi vissero una bizzarra prigionia: sottoposti a severi controlli dovevano ingegnarsi ad essere anche mediatori nelle liti che scoppiavano tra i loro carcerieri. Il gruppo di Diana subì numerosi trasferimenti, vigeva un'atmosfera di faciloneria che causava un costante stato di allarme. La paura comune a tutti i sequestrati era quella di un'azione armata al fine di liberarli: i sequestratori in questo caso avevano l'ordine di sparare agli ostaggi. Diana aveva iniziato a scrivere un diario in cui sfogava il proprio senso di colpa per aver coinvolto i propri colleghi in quell'esperienza e criticava spesso le scelte del governo.
Pacho Santos fu forse il più "fortunato" dei sequestrati, considerata la sua situazione con carcerieri familiari e compiacenti.
All'esterno i parenti furono contattati dagli avvocati degli Estradabili, i quali chiedevano che il presidente Gavira ascoltasse le loro richieste. Questo però non intendeva cedere a nessun tipo di ricatto.
A dicembre si ebbero le prime novità, mentre Maruja, Beatriz e Marina venivano illuse con promesse di scarcerazione, furono liberati a distanza di qualche giorno Juan, Hero, Azucena e Orlando. Richard e Diana furono riuniti in un'unica stanza. Il 23 gennaio, Marina fu prelevata con la falsa promessa di essere liberata; ad un giusta distanza dal nascondiglio fu uccisa e, malgrado il suo corpo venne abbandonato sulla strada, la sua identificazione riuscì solo settimane dopo. Diana rimase uccisa durante un'azione armata della polizia che non riuscì a catturare i carcerieri, ma liberò Richard. Anche Beatriz fu liberata lasciando nello sconforto Maruja che si abbandonò ad un lenta autodistruzione. Solo la notizia delle trattative del marito le resero più accettabile la prigionia.
All'esterno Villamizar, con l'aiuto di padre Herreros, riuscì e raggiungere e trattare con Escobar, la figura chiave della vicenda. In cambio della sua resa e di quella dei suoi uomini pretendeva: l'approvazione del decreto di non estradizione, la punizione per i poliziotti colpevoli di aver esercitato una giustizia personale e un carcere privato. Dopo un lento e pericoloso articolarsi di mosse fu raggiunto l'accordo e Maruja e Pacho furono liberati. La situazione della Colombia poteva migliorare solo con la resa di Escobar, che si costituì mantenendo l'accordo preso con Villamizar.
Il libro ha nelle svolte finali la conclusione di ogni vicenda a livello personale che, secondo me, vale la pena di scoprire da soli.