LA MATURAZIONE

 

 

 

 

 

 

Il whisky appena distillato ha una gradazione che va dal 57% al 60% di alcol, cioè dai 115° ai 120° proof, ma a questo stadio si presenta incolore, è acre e brucia la bocca; insomma è imbevibile. Dal cassone esso viene ora passato al tino di raccolta dove, prima di metterlo nei barili a maturare, viene allungato con acqua di sorgente, ed ecco di nuovo l’importanza dell’acqua, in modo da portarlo a circa 110° proof. Dopodiché si imbotta e comincia il grande sonno... E’ opinione comune  che la maturazione ottimale sia di una diecina d’anni; in seguito ci sarebbero delle fasi alterne, con lievi scadimenti di qualità seguiti da “punte” di eccellenza . In base a tale teoria - non dimostrata- si vendono whisky di 15, 17, 18, o 21 anni e non di 16, 19 o 20 anni. Infatti il whisky scozzese non può dirsi legalmente tale, e questo fin dal 1915, fino a quando non è stato per lo meno tre anni a maturare negli appositi barili nei magazzini controllati e tenuti sotto chiave dalla dogana del Governo di Sua Maestà. Ma anche dopo tre anni il whisky   è sempre immaturo, per cui il periodo ottimale è come minimo di sei anni. Il ritmo della maturazione dipende in una certa misura dalle dimensioni delle botti: più piccole sono, più essa è rapida. Di regola si può dire che più sta nei fusti e meglio è, ma c’è sempre il pericolo che dopo i quindici anni cominci a sapere un tantino di botte, e, se si tratta di un fusto piccolo, che al quindicesimo anno abbia già preso questo difetto. Inoltre, non tutti i malti si comportano allo stesso modo: quelli delle Highlands maturano più lentamente e sono più longevi, stesso discorso per quelli di Islay; al contrario i Lowland e i Campbeltown evolvono più rapidamente. Più piccolo è il fusto e maggiore è la quantità di whisky che va perduta per l’assorbimento provocato dalla porosità del legno. I fusti sono di legno di rovere con un giusto grado di porosità, in quanto questa caratteristica, permettendo al distillato di “respirare” senza gocciolare fuori, è essenziale al processo della maturazione. Durante la maturazione nei fusti di rovere non solo si ha una perdita di volume, ma anche una perdita di forza, per cui la credenza popolare che più il whisky invecchia e più diventa forte è completamente sbagliata. Sulla perdita sia di volume che di forza influisce anche il grado di umidità del magazzino in cui sono tenuti i fusti per la maturazione: più umido è il locale più il whisky perde di forza, mentre più secco è e più il whisky perde di volume. E’ stato calcolato che ogni anno tra l’assorbimento e l’evaporazione vanno perduti qualcosa come 18 milioni di litri di whisky. Si sa da lungo tempo che i fusti di rovere dove è stato prima lo sherry danno al whisky maturo un tono amabile meraviglioso, infatti è proprio lo sherry di cui è imbevuto il legno dei fusti che passa nello spirito e conferisce al whisky il tradizionale color d’oro. Lo sherry conferisce anche una certa morbidezza e a volte, nel caso di fusti di sherry scuro, dà al whisky anche un leggero tocco del suo aroma. Comunque questa non è una regola: alcune distillerie usano botti di bourbon, altre di porto o ammontillado. Al risveglio il Nostro viene ulteriormente ridotto di gradi, sempre utilizzando acqua, prima dell’imbottigliamento, e la riduzione è fatta a seconda del mercato a cui esso è destinato, variando dai 40% ai 45%. Esistono poi delle confezioni speciali che non vengono “diluite” e vengono denominate cask proof, a gradazione di botte a 57% circa; il più famoso di questi è sicuramente il Glenfarclas, un malto veramente di altissimo lignaggio.