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odor di scuola…
di Gianfranco Zavalloni

Il primo giorno di scuola

Quando entro in una vecchia cartoleria o in qualche piccola scuola di montagna o di campagna (per lo più abbandonate) risento l’odore del primo giorno di scuola. Un misto di profumo di gomma, di matite appuntite, di inchiostro e di pennini, di fogli, di quaderni e di libri appena stampati, di lavagne e cimose impegnate di gesso e di banchi di legno. Immediatamente la mia memoria torna al 1° ottobre del 1963.
C’è anche un’altra cosa che colpisce in profondità il mio olfatto e che mi fa tornare agli anni delle elementari: il profumo dei fiori di glicine. Nel piccolissimo cortile antistante la scuola che frequentavo, durante i caldi mesi primaverili fioriva una pianta rampicante che aveva formato una sorta di pergolato: il glicine. Il profumo dei fiori di glicine è intenso, forte e delicato al tempo stesso. Quel profumo si accompagna, nella mia memoria, ai giochi fatti sotto quel pergolato e ai ricordi della mia infanzia.

Anno scolastico 1984-85

Una piccola scuola materna di montagna: Sorrivoli. Stefano ha 5 anni. Chiedo se qualcuno dei presenti sa di chi è il grembiule che ho nelle mani. Stefano lo prende in mano, lo stringe, lo porta al viso, annusa profondamente ed esce con una esclamazione che mi lascia sbalordito: «È di Samuele, che oggi non c’è». Il gesto di Stefano, tanto naturale, mi ha risvegliato come da un torpore, da un lungo sonno di ignoranza.
Mi sono reso conto, in quel momento, come spesso noi operatori della scuola, noi cosiddetti maestri o insegnanti, non consideriamo aspetti della realtà presenti nella vita di ogni bimbo e di ogni bimba, di ogni ragazzo e di ogni ragazza. E un aspetto della vita è anche tutto quanto è caratterizzato dagli odori, che solo successivamente si evidenziano distinguendosi in puzze e profumi.
C’è chi si lava troppo! È l’affermazione di Jeanne Van Den Brouck, nel suo “Manuale ad uso dei bambini che hanno genitori difficili”. La maggior parte dei genitori - afferma Jeanne - manifestano una passione smodata per la pulizia. Si lavano il corpo nelle minime anfrattuosità, lavano i vestiti, gli oggetti di uso comune, i figli, l’automobile, e anche la casa; si spazzolano i denti, spazzolano i tappeti, le scarpe; nulla sfugge alla loro furia di pulizia. Non bisogna giudicarli troppo severamente: si tratta, a nostro avviso, di una semplice mania più che di un vizio. Non contenti di lavarsi, spesso snaturano il loro odore personale, tanto gradevole per i figli, aspergendosi di profumi, non sempre sgradevoli, ma tali da mascherare irrimediabilmente il loro odore familiare. Vi sono tuttavia casi nei quali è necessario mettere l’alt alle loro esagerazioni: quando se la prendono con gli oggetti preferiti dai figli. Tutti sanno che un orsetto di pezza maneggiato e carezzato a lungo e impregnato di sostanze piacevoli, un fazzoletto amorevolmente succhiato per settimane, perdono ogni valore dopo essere stati lavati in qualsiasi modo.

Ogni luogo ha i propri odori


Chi ha avuto la fortuna di passare almeno una volta nella propria vita in un mercato popolare dei cosiddetti paesi del Terzo Mondo, sa quanto siano intensi ed estremi gli odori di quei posti. Al di là delle più elementari questioni di igiene pubblica, che spesso noi occidentali sbandieriamo come un mito, si possono distinguere con grande chiarezza i banchi in cui sono esposte spezie, carni e pesci, i carretti-fornelli che propongono spiedini, focacce o frutti misti, i venditori ambulanti di verdure e frutti più o meno esotici.
Senza spostarci di qualche migliaio di chilometri, anche nella nostra occidentale Italia è possibile fare questa esperienza, magari in qualche paesino sperduto nell’entroterra appenninico o alpino. Di sicuro fino a 20/30 anni fa era possibile in quasi tutte le città, poter distinguere con chiarezza gli odori emanati dalle botteghe. Pensiamo al calzolaio, al falegname, al meccanico di biciclette, al fornaio, al barbiere, al salumiere e al droghiere. Anche i negozi di ferramenta avevano un odore caratteristico, distinguibile molto bene da quello di altri negozi. Oggi la maggior parte degli oggetti (da quelli di ferramenta a quelli alimentari) sono racchiusi ermeticamente da una pellicola di polietilene, volgarmente chiamata plastica. Imperversa il mito dell’ambiente asettico e non è possibile distinguere l’odore di un ospedale da quello di un supermercato, l’odore di casa da quello della scuola. Tutto è deterso alla stessa maniera e con gli stessi detergenti. E pensare che nel corso della storia l’odore deve aver avuto un ruolo fondamentale, se ancor oggi si suole definire chi sta per salire sugli altari, dopo una intensa vita spirituale, in odor di santità. Gli stessi bimbi di pochi mesi ci dicono quanto sia importante un particolare odore. Pensiamo ai fazzoletti e agli orsacchiotti che nella prima e seconda infanzia molti bambini non vogliono far lavare. Sparirebbe proprio quel particolare odore, quell’odore di mamma o di qualcosa che permette spesso di andare con sicurezza al nido o alla materna. E qui torniamo alla maniera con cui Stefano sapeva riconoscere i grembiuli degli amici.

A scuola di odori

Qualcuno si chiederà, a questo punto, cosa c’entrano questi argomenti con il fare scuola. Ho voluto parlare di ciò perché credo che, al di là del fatto che appaia o non appaia fra gli argomenti degli orientamenti o dei programmi delle varie scuole di ogni ordine o grado, l’odore sia una questione da tenere in considerazione quando si fa scuola. Nessuno, dal punto di vista scolastico, ha mai pensato di valutare un bambino per la sua capacità di percepire e distinguere gli odori. Forse è meglio che sia così!!
Alla stessa maniera nessuno si è mai sognato di ritenere importante, per la nostra crescita, l’avere impresso nella memoria l’odore di humus che emana un bosco oppure il profumo speciale che sprigionano un prato o un campo di terra subito dopo un acquazzone. È anche per questo che suggerisco agli educatori di non dimenticare, di ricordare sempre che anche i bimbi e le bimbe hanno un naso, anzi
hanno naso.


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