Premessa: la trasversalità come domanda
sociale e il compito della scuola.
Su quale sfondo normativo, su quale scenario
culturale innestare oggi una riflessione sulla relazione fra
‘disciplinarità’ e ‘trasversalità’? L’attuale dibattito politico sembra
lontano da questi temi, nonché dagli interrogativi più profondi che lo
hanno sollecitato in questi anni, eppure questa resta una questione
cruciale per affrontare con una qualche speranza di successo le sfide
lanciate dalla società contemporanea alla scuola, cui urge ridefinire il
proprio compito specifico.
La società ed il mondo del lavoro tutto chiedono
infatti persone preparate, in grado di analizzare correttamente i dati
inerenti al proprio lavoro, di elaborarne diagnosi e valutazioni, di
studiarne gli elementi così detti di criticità e trovarne soluzioni
efficaci; nei casi più elementari, si domanda loro di applicare con
proprietà e coerentemente le strategie risolutive elaborate da altri.
Società e mondo del lavoro richiedono dunque persone efficienti,
collaborative, disposte al cambiamento, capaci di trasferire competenze da
un ambito ad un altro. Si insiste da ogni parte, e non da oggi (ma oggi
meno garbatamente), sull’importanza di competenze tecniche e relazionali
che esulano dai campi tradizionali del sapere trasmesso nella scuola.
Ebbene, se si deve convenire con l’opportunità di
rispondere alle esigenze espresse, è indispensabile altresì rendersi conto
che un approccio che contrapponga competenze trasversali ai saperi che si
coagulano nelle discipline è non solo obsoleto, ma sterile: tali capacità
operazionali e contestuali non possono, infatti, darsi di per sé, al di
fuori degli oggetti specifici di ogni scienza (in senso lato) e dei
paradigmi culturali che la strutturano, né possono darsi al di là degli
ambienti di apprendimento individuale e collettivo della scuola, poiché
una società democratica nella sostanza non vorrà esecutori di procedure,
ma cittadini che pensano e liberamente scelgono.
Occorrerà allora interrogarsi sia su quali
discipline e, nei primi anni scolari, su quali campi disciplinari e/o di
attività orientare l’insegnamento e l’apprendimento, sia, soprattutto, su
come insegnarle e come metterle in relazione reciproca, facendo emergere
non solo le specificità ma le interconnessioni, specialmente dal punto di
vista del metodo, dei linguaggi, delle operazioni cognitive messe in
opera.
La sfida è questa. Se vogliamo raccoglierla, se
confidiamo, come vogliamo ancora confidare pur con il cuore gravato
dall’inquietudine, che ci sia ancora spazio e volontà, da parte delle
istituzioni, di ripensare alle decisioni ed alle strategie intraprese (nota
1). Né gli
insegnanti né gli altri intellettuali che di educazione, formazione e
istruzione si occupano possono, infatti, essere disposti a rinunciare al
solo compito che la scuola non può delegare a nessuno, perché che nessun ‘ente’,
nessun web, nessuna formazione a distanza può farlo al suo posto: parlo
del compito democratico di fornire a tutti non solo l’accesso
all’istruzione e alla formazione, ma gli strumenti per un apprendimento
efficace, sempre più autonomo e capace di misurarsi in terreni nuovi e di
elaborare criticamente quanto appreso, e dunque un corredo di
competenze strutturate su conoscenze salde ed abilità
operative (sul piano cognitivo innanzi tutto) indispensabili per decifrare
il mondo nel quale viviamo nelle sue coordinate spaziotemporali sia
fisiche sia antropiche, risalendo alle sue radici e valorizzando il
bisogno di comprensione del presente, per parteciparvi con consapevolezza
piena sul piano culturale, politico e sociale, e per inserirsi
fruttuosamente, capitalizzando quanto appreso, in altri segmenti del
sistema formativo e nel mondo del lavoro.
Se condividiamo questa premessa, il processo
di costruzione della conoscenza non può più essere visto come
immagazzinamento, o come impronta che alle precedenti si aggiunga come su
una tavoletta di cera, ma quale rete da arricchire
progressivamente di nuovi nodi e interconnessioni, di cui l’insegnante sia
regista e sappia favorire i processi di apprendimento anche autonomo e
critico, non più solo colui o colei che trasmette un sapere dato.
La geografia del sapere si configurerà allora non
come un territorio già esplorato del tutto, di cui allo studente non resta
che prendere atto, bensì come una regione di cui acquisire certo ‘testi’,
‘strumenti’ e ‘linguaggi’ preesistenti, ma per utilizzarli al fine di
esplorare zone nuove, di farle proprie partendo anche dalla propria
esperienza, di rinegoziare volta a volta, attraverso una didattica che
sia, a pieno titolo, attività di ricerca, l’identità delle conoscenze,
concependone i confini come “qualcosa di dinamico e sempre soggetto a
spostamenti e, soprattutto, ad attraversamenti” (nota
2): ci sono oggetti e problemi che non solo non
appartengono a una disciplina piuttosto che ad un’altra, ma che devono
necessariamente essere studiati tenendo conto dei diversi punti di vista
che ciascuna offre o propone (nota 3).
Tutta la ricerca sul curricolo ci insegna
ch’esso è, alla lettera, la gara e la pista di corsa di ogni studente, è
il suo percorso: esso deve pertanto sapere coniugare la centralità dei
saperi con la centralità della persona in formazione, e fare incontrare le
discipline sul piano dello sviluppo delle competenze - le medesime, su
oggetti diversi -, sul piano della traduzione fra i linguaggi loro
specifici, sul piano dei nodi culturali attorno a cui si strutturano e si
trasformano e, infine, sul piano del comune fondamento sistematico e
storico.
In questa prospettiva, perciò, le discipline (nonché gli ambiti
disciplinari nella scuola di base) non solo devono essere ripensate
come campi di significato che forniscono un orizzonte intersoggettivo, ma
devono acquistare anche un significato personale per chi impara e sapersi
tradurre in operatività.
Essenzialità e ricorsività nel curricolo verticale
delle discipline.
Viene di qui la necessità
di rimeditare cosa si insegna in termini anche di quantità, perché
porgere attenzione ai processi, alle difficoltà di apprendimento ed agli
interessi dei singoli chiede tempi lunghi. Va favorito allora un
insegnamento capace di concentrarsi su elementi essenziali e prioritari,
da trattare a fondo, ritornandovi più volte, a gradi diversi di
complessità, nel corso del curricolo, che va concepito nella sua
dimensione verticale, così da ridare un senso pieno alle idee di
continuità e ricorsività, selezionando dunque i contenuti in base
ai nuclei concettuali fondanti dei saperi e alla significatività degli
apprendimenti.
Non si tratta pertanto di ‘ridurre’ meramente il
sillabo tradizionale dei saperi, ma di riorganizzarlo attorno ai suoi
concetti generatori, cioè (secondo l’ottica della disciplina) attorno ai
suoi nuclei fondanti, ma in modo che (assumendo anche la
prospettiva di chi apprende) la selezione e la scansione dei contenuti
tengano conto delle effettive possibilità di apprendimento degli allievi,
e non avvengano secondo un ordine a priori dettato solo dal campo
di sapere in oggetto (nota 4).
Sul fondamento della struttura specialistica
della disciplina, la progettazione dell’insegnamento e l’insegnamento
stesso dovranno portarne alla luce la struttura formativa, costruendo una
cultura della scuola che attraverso la mediazione didattica ponga
attenzione alla progressione degli obiettivi (come indicatori di
competenze) e dunque alla graduazione delle competenze.
Competenze trasversali alle discipline e nuclei
fondanti dei saperi disciplinari.
Competenze.
La costruzione di un curricolo per competenze
rende possibili queste operazioni. Se fino a qualche tempo questa sembrava
essere soprattutto una petizione di principio, ora l’elaborazione e la
sperimentazione di curricoli così concepiti da parte di moltissime scuole
o reti di scuole italiane (massime gli istituti comprensivi) ne mostra la
praticabilità (nota 5).
Come è ormai chiaro, utilizzo il termine “competenza”
per indicare ciò che, in un contesto dato, si sa fare (abilità) sulla base
di un sapere, cioè di conoscenze sia esperite sia concettualizzate, per
raggiungere l’obiettivo atteso e produrre conoscenza; è quindi la
disposizione a scegliere, utilizzare e padroneggiare le conoscenze,
capacità e abilità idonee, in un contesto determinato, per impostare e/o
risolvere un problema dato.
Quali competenze? Si tratta di competenze
trasversali o generali o macrocompetenze: esse sono comuni a più
discipline non in quanto astraggono dalle discipline ma perché attengono a
più discipline o a tutte, declinandosi diversamente in ciascuna di esse
nelle competenze specifiche o settoriali.
Walter Benjamin scrive che ”ogni comunicazione di contenuti spirituali è
linguaggio” (nota 6): è come dire che ogni
sapere può essere concepito come un discorso da comunicare o da
interpretare. Le competenze possono dunque essere ricondotte nel loro
grado massimo di generalità e sotto questo profilo alle quattro categorie
del saper ascoltare, saper leggere, saper parlare, saper scrivere. Tali
categorie pertengono alla prima competenza generale, che potremmo definire
allora
- saper comunicare, inteso nella sua complessità
e nelle sue diverse articolazioni (relazionarsi, confrontarsi con
l’altro da sé, trancodificare, elaborare ‘testi’ - in senso lato -
coerenti e coesi anche sul piano delle presupposizioni e così via). Tale
macrocompetenza si fonda sulla possibilità di costruire e interpretare
il sapere specifico di ogni disciplina ed area, nei termini delle
seguenti competenze generali:
- saper selezionare (osservare, percepire,
delimitare il campo d’indagine, scegliere i dati pertinenti,…);
- saper leggere (in senso lato, e pertanto
analizzare, inferire, decodificare, interpretare, …);
- saper generalizzare (sintetizzare, astrarre:
andare dal particolare al generale, dall’informazione al concetto,…) e,
da ultimo,
- saper strutturare (mettere in relazione e in
rete, confrontare, falsificare le ipotesi, strutturare un modello
aderente ai dati selezionati e conscio dell’uso sociale dei saperi,
rappresentare lo/nello spazio e il/nel tempo, elaborare prodotti, …).
Esito di una riflessione
emersa dal dibattito interno ad ogni disciplina o campo disciplinare prima
e dal confronto poi fra questi, le competenze generali trasversali
risultano dunque pochissime, sempre le stesse nel corso del
curricolo: non competenze diverse si conseguiranno pertanto nei vari
cicli o indirizzi o altri segmenti, bensì gradi differenziati delle
medesime, specificati entro ciascuna disciplina, che deve saper
riconoscere ed indicare le proprie competenze peculiari rispetto a questo
quadro generale (nota 7).
Nuclei fondanti.
I “nuclei fondanti”, è ormai noto, non
vanno confusi con i contenuti più importanti (i “saperi essenziali”, i
“contenuti minimi” ecc.), ma intesi in “un’accezione più generale e
astratta, tale da caratterizzare la struttura, anche epistemologica, delle
discipline: concetti fondamentali che ricorrono in vari luoghi di una
disciplina e hanno perciò valore strutturante e generativo di conoscenze”
(nota 8), orientano cioè, alla luce
delle modalità di apprendimento proprie di ogni età e persona, la
scelta dei contenuti prioritari dell'insegnamento e dell'apprendimento.
L’orientamento euristico di questa definizione chiede ad ogni disciplina
di ripensare il proprio statuto epistemico. Condividerla implica
anche cercare i punti di intersezione con le altre discipline.
Per concludere.
Ora, la riflessione deve misurarsi proprio su
queste prospettive, lavorando sia sulle basi teoriche della
traducibilità del lessico specifico di ciascuna disciplina rispetto
alle competenze e rispetto ai loro linguaggi, sia su qui nodi, su quelle
zone di confine di cui si diceva poc’anzi. In questa analisi,
paiono assumere una priorità assoluta la discussione della categoria di
storicità dei saperi, la messa in evidenza della dimensione sistematica
delle discipline linguistiche, letterarie e storiche e della dimensione
storica di quelle scientifiche.
Esempi
- risultati della formazione a docenti sulla
graduazione delle competenze disciplinari e trasversali in curricoli
verticali dalla scuola dell’infanzia alla superiore, a Bologna, Bolzano,
Chieti, Parma, Piacenza, Ravenna, Siracusa, Verona, ecc.
- seminari sull’incontro fra i saperi del 2000 e del
2001 (Bologna e Forlì) nonché del 2002 (Bologna), insieme con
l’Associazione Il Mulino, l’Ist. Reg. “F. Parri” di Bologna, l’IBC
Emilia Romagna: cfr.
www.territorioscuola.it ,
www.mulino.it , ecc. che ne stanno pubblicando sul web le sintesi.
NOTE
nota 1) Il presente contributo rinvia
alle elaborazioni contenute nel volume Curricoli per la scuola
dell’autonomia, a c. di A. Colombo, R. D’Alfonso, M. Pinotti, Firenze, La
Nuova Italia, 2001 e presentate in diverse occasioni, fra le quali il
seminario di studi “La ricerca sul curricolo e il ruolo degli insegnanti”,
tenuto a Cesena il 26 gennaio 2002. (torna al testo)
nota 2) S. Tagliagambe, Alla ricerca dei
confini, in “Iter”, 5 (1999), pp. 6-12, p. 11. (torna al
testo)
nota 3) Gli sconfinamenti fra
letteratura, storia, filosofia, arte fisica, linguistica e matematiche
sono indispensabili per affrontare moltissime questioni, dalla percezione
del tempo e dello spazio all’uso e alla relazioni fra i linguaggi naturali
e artificiali, per non fare che esempi ovvi. Vorrei richiamare qui
l’esemplificazione, molto convincente anche per bambini della scuola
elementare e non solo dei gradi successivi di scuola, che U. Eco propose
in un suo intervento dal titolo Riflessioni sui ‘saperi’ in un convegno a
Roma del 2000 e di cui non m’è stato possibile rintracciare la
pubblicazione. (torna al testo)
nota 4) cfr. P. Meirieu, Imparare… ma
come?, Bologna, Cappelli, 1990; Id., La pédagogie entre le dire et le
faire, Paris, ESF, 1995. (torna al testo)
nota 5) (v. infra Esempi). (torna al
testo)
nota 6) W. Benjamin, Sulla lingua in
generale e sulla lingua dell’uomo, in Angelus novus (1955), Torino,
Einaudi, 1995, p. 53. (torna al testo)
nota 7) Va sottolineato che queste, che
potrebbero benissimo essere ‘capacità’, sono riconoscibili come
competenze, verificabili e certificabili, solo allorché si esercitano in
un contesto, o disciplinare o più ampio, e gli allievi attivano le scelte
necessarie a svolgere con successo un compito dato in un contesto dato
(“di quali abilità, dati, capacità ho bisogno per ottenere il fine di…?”):
prendendo a prestito i termini della linguistica, la competenza si attiva
sul piano sintagmatico (combinando conoscenze, capacità e abilità, …),
attingendo ai repertori disponibili sull’asse paradigmatico (scegliendo
conoscenze, abilità, capacità…). (torna al testo)
nota 8) Associazione “Progetto per la
scuola” – Forum delle associazioni disciplinari, Glossario minimo per un
curricolo nazionale, edito in www.hermescuole.na.com, in “Progettare la
scuola” 4 , 2000, pp. 40-44 e altrove. (torna al testo)
Rossella D’Alfonso, Associazione “Progetto per la scuola”, Bologna,
apscuola@iperbole.bologna.it
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