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Associazione “Progetto per la scuola”, Forum delle Associazioni disciplinari

Rossella D’Alfonso

Per un progetto integrato, contributo alla tavola rotonda su “Curricoli e competenze”

Giornate nazionali dell’autonomia, Roma 29/2-1/3/2000

 

I. Perché ripensare le discipline

        È stato misurandosi intorno al dibattito sui saperi essenziali nella scuola di base che è nato, nel 1998, il lavoro comune fra APS e le associazioni disciplinari afferenti al Forum[1]. La riflessione su questo tema è stata rifondata poi entro un progetto più ampio di paideía che, interrogandosi su quale tipologia culturale ridisegnare per la nuova scuola riformata, sapesse dialogare, a fronte delle sempre più frequenti sollecitazioni a cedere a saperi effimeri o strumentali, con le esigenze poste dal mondo contemporaneo, traendo però i suoi fondamenti nelle discipline, esito storico dei saperi codificati dalla tradizione e dalla ricerca e portatori di sguardi certo ‘parziali’ sul mondo, ma fondati epistemologicamente ed integrabili in un modello reticolare e dinamico di costruzione della conoscenza.
        C'è bisogno infatti di un sistema formativo capace di riorientare i saperi ‘irrinunciabili’ consolidati dalla tradizione e significativi per la strutturazione dell’identità culturale individuale e sociale integrandoli ad altri, richiesti dalle trasformazioni socioculturali contemporanee, per tradurli in competenze durevoli, applicabili dai discenti anche fuori delle situazioni di partenza. Ma i nodi e gli obiettivi trasversali della formazione si concretano nell’insegnamento delle discipline e, nel ciclo primario, degli ambiti disciplinari, cui altre attività devono integrarsi, non sostituirsi.
        Ridare alla scuola il suo ruolo capitale di socializzazione attraverso il medium della cultura comporta poi ripensare in modo dialettico la relazione fra discipline 'accademiche' e discipline insegnate, per valorizzarne l'impatto educativo dal punto di vista di chi apprende e dunque anche il contributo alla costruzione della coscienza personale e civile. Ne discende non solo una riaffermata centralità della ricerca didattica, ma un'idea di conoscenza quale meta, non mai definitiva, del processo di apprendimento, cui l'insegnamento sia di guida: conoscenza intesa dunque come acquisizione del soggetto e fine, non oggetto dell’insegnamento, chiamato a stimolare, problematizzare e suscitare domande su conoscenze, dati e problemi, sul loro contesto e sulle loro relazioni, sui modelli sottesi e sulle loro interpretazioni a partire dai bisogni di comprensione di sé e della realtà di ciascun giovane.
         Perciò s'è avviato un ripensamento dei curricoli di studio delle diverse discipline[2], muovendo, oltre che dalle finalità condivise, dalla definizione delle competenze cui portare gradualmente gli allievi, ciclo per ciclo, e dalla revisione degli statuti epistemologici stessi delle discipline, chiedendosi quale contributo ciascuna potesse offrire al profilo formativo degli apprendenti. La scelta e la graduazione, in verticale (dalla scuola di base alla scuola superiore) come in orizzontale (fra i diversi indirizzi), dei contenuti ritenuti fondamentali per raggiungere quelle competenze è affidata all'individuazione dei nuclei fondanti di ogni disciplina, attorno a cui strutturare i contenuti scelti, che in parte dovranno essere comuni e quindi indicati dal centro a garanzia dell'omogeneità nazionale, in parte saranno opzione delle singole scuole.  È da sottolineare che ogni disciplina si muove entro un progetto unitario e coerente nel quale tutte si relazionano reciprocamente in un'ottica di sistema[3]. Se, infatti, è il soggetto che apprende a ristrutturare e unificare in una rete di connessioni quanto le discipline propongono, sta però alle discipline, come sistema culturale, articolarsi in una mappa concettuale aperta e visibile, in cui ciascuno studente possa costruire consapevolmente il proprio viaggio formativo, ed agli insegnanti rendere trasparente tale mappa senza perdere di vista le specificità disciplinari.
        Tenendo come sfondo l’autonomia scolastica e l’architettura sottesa al riordino dei cicli, il primo nodo da risolvere è stato, come sempre in ogni comunità di ricerca, la costruzione di un linguaggio comune[4], su cui s'è aperto il dibattito poi anche in numerose scuole. Definire il vocabolario ha significato sia scegliere un modello interpretativo comune, analitico ed euristico, sia gettare le basi teoriche della traducibilità del lessico specifico di ciascuna disciplina rispetto alle competenze e rispetto al proprio linguaggio.

II. Dal glossario condiviso: nuclei fondanti e competenze come ordinatori comuni dei nuovi curricoli.

        Contro la tendenza ancora diffusa a identificarli coi contenuti più importanti, abbiamo inteso "nuclei fondanti" in un’accezione generale e astratta, tale da caratterizzare la struttura, anche epistemologica, delle discipline: sono concetti e ordinatori fondamentali che ricorrono in vari luoghi di una disciplina e hanno perciò valore strutturante e generativo di conoscenze, ed orientano, dal punto di vista della disciplina, la scelta dei contenuti prioritari dell'insegnamento e dell'apprendimento[5]. La ricerca sui nuclei fondanti è quella più difficile che impegna ora la nostra indagine, che necessita dell'apporto di altre voci autorevoli.
        Secondo la definizione concordata, “competenza” è, nell’istruzione, ciò che, in un contesto dato, si sa fare (abilità) sulla base di un sapere, cioè di conoscenze sia esperite sia concettualizzate, per raggiungere l’obiettivo atteso e produrre conoscenza; è quindi la disposizione a scegliere, utilizzare e padroneggiare le conoscenze, capacità e abilità idonee, in un contesto determinato, per impostare e/o risolvere un problema dato.
        Di "competenze trasversali" (o macrocompetenze) parliamo non perché astraggano dalle discipline ma perché pertengono a più discipline o a tutte, declinandosi diversamente in ciascuna di esse nelle competenze specifiche o settoriali. Poiché ogni sapere può essere concepito come un discorso da comunicare o da interpretare, le competenze possono essere ricondotte nel loro grado massimo di generalità e sotto questo profilo alle quattro categorie del saper ascoltare, leggere, parlare, scrivere:

v    la prima (macro)competenza individuata è dunque  saper comunicare, con tutte le sue implicazioni anche pragmatiche. Essa si fonda sulla possibilità di costruire e interpretare il sapere specifico di ogni disciplina in termini di altre macrocompetenze:

v    saper selezionare (osservare, percepire, delimitare il campo d’indagine, scegliere i dati pertinenti,…);

v    saper leggere, in senso lato (analizzare, inferire, decodificare, interpretare correttamente, …);

v    saper generalizzare (sintetizzare, astrarre, andare dall’informazione al concetto e così via);

v    saper strutturare (mettere in relazione, confrontare, falsificare le ipotesi, strutturare un modello aderente ai dati selezionati e conscio dell’uso sociale dei saperi, rappresentare lo/nello spazio e il/nel tempo, elaborare prodotti, …).

Come si evinceva anche dalla definizione iniziale, la differenza fra capacità (quelle elencate potrebbero essere capite come tali) e competenze sta nel fatto che queste si traducono in 'comportamenti' entro un contesto e grazie a ciò sono osservabili e quindi anche certificabili.

III. Criteri per la strutturazione dei curricoli e la scelta dei contenuti prioritari

        Se poche sono le competenze generali e pochi, anche, i nuclei fondanti che strutturano le discipline, i criteri per l'elaborazione dei curricoli devono essere improntati alla verticalità, alla continuità, alla gradualità, all'attenzione alla processualità. Questo comporta un'opzione di fondo per una didattica laboratoriale (intesa come modalità di lavoro) capace di stimolare negli apprendenti autonomia di scelta e di azione, capacità di imparare ad apprendere, acquisizione progressiva di capacità critiche. Implica anche che la selezione e organizzazione dei contenuti prioritari avvenga - secondo le finalità formative proprie di ciascun ciclo, indirizzo, materia - tornando a spirale sui medesimi nuclei fondanti (delle discipline o comuni a più d'una), a livelli diversi di complessità e in contesti mutati, con oggetti differenti e con un grado di consapevolezza crescente da parte degli allievi, muovendo non solo dal semplice al complesso ma dall'esperienza alla concettualizzazione alla metacognizione.
      Se tali criteri di selezione dei contenuti si desumono dall'analisi disciplinare, altrettanto cruciali saranno quelli che emergono dai bisogni formativi degli allievi e della società. I contenuti prioritari dell'insegnamento e dell'apprendimento appaiono oggi alla nostra riflessione quelli che forniscono una strumentazione concettuale atta a comprendere il reale e consentono a chi apprende di elaborare conoscenza: comprendere la propria identità personale e culturale e sapersi relazionare con l’alterità, nello spazio e nel tempo sia antropico sia naturale ci sono parsi gli scopi capitali di una paideia intesa come costruzione progressiva e cooperativa della propria cultura, come dialogo e confronto, muovendo, come in ogni epoca, dalla necessità di capire il nostro presente, di agire in esso consapevolmente, di progettare di qui il futuro.
        Si tratta di obiettivi che dovrebbero accomunare i tanti soggetti chiamati a intervenire nel dibattito aperto e principalmente le istituzioni: il fine culturale e democratico dell’operazione è un presupposto irrinunciabile perché la scuola dialoghi con tutta la società ed il mondo produttivo; ed è importante che partire dalle esigenze della cultura attuale non si traduca in un appiattimento sul presente, ma della nostra identità culturale si valorizzino i punti di forza (la centralità della persona, i diritti dell’uomo, la tolleranza, l’incontro, la solidarietà,…), che nel passato anche molto lontano trovano la loro origine.
        A questi temi si è inteso dedicare la giornata nazionale di studio del 6 maggio prossimo, a Bologna, “Una filosofia per i nuovi curricoli della scuola riformata: il contributo delle associazioni disciplinari”, aperta al confronto con altre associazioni e studiosi.


[1] cfr. R. D'Alfonso, La giornata di Bologna: quali competenze per i nuovi curricoli?, in “Annali della P.I.” 3-4, 1999, pp. 69-77.

[2] Cfr. il dossier della Prima giornata nazionale di studio su competenze e nuovi curricoli, Bologna, 8 maggio 1999., in “Annali della P.I.” 3-4, 1999, pp. 69-167 (ora anche nel  Dossier n. 1 del 2000 degli “Annali della P.I.”, intitolato “Il laboratorio della riforma. Autonomia, competenze e curricoli” e nel sito www.istruzione.it nel link 'autonomia / documenti', pp. 133-233) e, ora, l'imminente dossier sulla Seconda giornata nazionale di studio su competenze e nuovi curricoli, annunciata a Roma il 29 febbraio e svoltasi a Bologna il 6 maggio 2000, sempre per i tipi Le Monnier.

[3] cfr. in particolare le risultanze del convegno del 6 maggio citato, su cui cfr. R. D’Alfonso, Quale filosofia per i nuovi curricoli della scuola riformata?; S. Garulli - R. Fiorini, Sintesi della giornata di studio; A. Colombo, Attraverso i curricoli delle associazioni disciplinari; M. Pinotti, Punto di vista epistemologico, punto di vista psicopedagogico: una prospettiva indispensabile per l’insegnamento, in “Progettare la scuola”, n. 7 (luglio-agosto 2000), ed. La Nuova Italia.

[4] Cfr. “Annali” 3-4, cit., passim; A. Colombo – R. D’Alfonso, Competenze e nuovi curricoli, in “Università e scuola” 2/R, 1999; contributi vari sui siti www.territorioscuola.com, www.hermescuola.na.com; Associazione “Progetto per la scuola” – Forum delle associazioni disciplinari, Glossario minimo per un curricolo nazionale, in “Progettare la scuola”, I,  4, 2000 (sui nn. 0 e 1 cfr. poi due articoli di M. Ambel); R. D’Alfonso, Per la costruzione di un linguaggio condiviso, aprile 2000, in www.territorioscuola.it.

[5] A esempio, nuclei fondanti dell'educazione linguistica - come risulta dalle discussioni del GISCEL, del LEND e altre associazioni - potrebbero essere 'testualità' e 'variabilità'.

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