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Considerazioni sulla valutazione del lavoro dei docenti

1. Cosa valutare
Il principio che il lavoro dei docenti si debba valutare non è in discussione. Esso consiste nell'insegnamento e nelle attività connesse al suo miglioramento e supporto. L'operazione preliminare alla decisione su cosa e come valutare è comprendere appieno che tale lavoro, per definizione, è un processo di cui le conoscenze teoriche sia scientifiche sia didattiche sono un pre-requisito e che si attua in situazione ed in tempi lunghi o medio-lunghi: in altre parole, che è traducibile in una competenza o, meglio, in un sistema di competenze, osservabili, valutabili e certificabili attraverso indicatori.

2. Quali indicatori /1
Il primo ed il solo che si può, anzi si deve salvare dell'art. 29 è quello del curricolo personale, il più possibile ricco anche di elementi non 'formali' ma documentati o documentabili (se, come si auspica, si può autocertificare). Esso dà anche conto dell'esperienza da un punto di vista qualitativo (v. sotto, punto 3.3).

3. Considerazioni preliminari all'individuazione di altri indicatori.
      3.1. Quanto agli altri indicatori, né una prova strutturata, per quanto raffinata, né un'altra forma di 'esame' che si esaurisca in una verifica della durata di un'ora, né una lezione simulata, né una sola lezione in classe sono indicatori attendibili di ciò che abbiamo definito un processo. Cerchiamo perciò di giungere meditatamente a soluzioni praticabili, capaci di mettere in luce la qualità di questo processo ma tali da non ledere la dignità professionale di alcun docente. Non è utile né auspicabile, infatti, una opposizione - inevitabile - fra una percentuale di docenti "bravi" e una percentuale (maggioritaria, per di più), di docenti "non bravi": la conseguenza gravissima sarebbe il definitivo scardinamento del prestigio della scuola presso le famiglie e la società tutta, dandone un'immagine che anche se non corrisponde alle intenzioni del legislatore sarebbe irrecuperabile.
      3.2. Invece, la scuola - la nuova scuola - delle competenze e dell'autonomia non può attirare su di sé nemmeno il sospetto di essere formata e gestita da un 80% di virtuali incapaci o troppo 'giovani' professionalmente per essere bravi.
      3.3. E qui veniamo a un'altra considerazione. Se è vero che l'esperienza ha un valore, lo ha non in sé e per sé, ma per la sua qualità, quindi l'esperienza declinata come anzianità non ne ha nessuno: come in ogni professione, esistono ottimi insegnanti appena immessi in ruolo o ancora incaricati e pessimi insegnanti anche dopo trent'anni di esperienza. L'anzianità (almeno 10 anni, diceva il contratto, ma 5 o 3 non farebbe differenza) non può essere un indicatore di qualità. L'esperienza di qualità, invece, è già valutabile attraverso l'indicatore 1, il curricolo.
      3.4. Un secondo ordine di considerazioni riguarda, poi, il nodo cruciale dell'accesso alla docenza. Esso si pone senz'altro alla radice di tutto il nostro discorso, poiché ne è il segmento iniziale capace di influenzare profondamente, nel male come nel bene, tutta la carriera di un insegnante e la bontà del sistema scolastico. La selezione iniziale dev'essere seria e testare sia le conoscenze e competenze teoriche disciplinari e didattiche sia le attitudini a gestire la relazione specifica sottesa al processo di insegnamento e di apprendimento, attraverso una valutazione della consapevolezza dei problemi inerenti e di quali strategie didattiche (e relazionali in quanto funzionali agli obiettivi didattici) sia possibile e opportuno adottare per risolverli. Come si vede bene, sono le stesse conoscenze che vedremo messe in campo poi a scuola, e quindi tradotte in competenze.
      3.5. La prima conseguenza è che sono inaccettabili i corsi concorsi per chicchessia (precari o già in ruolo) o le immissioni ope legis e simili.
      3.6. La seconda conseguenza, che si deve avere il coraggio di introdurre pur gradualmente e meditatamente e con tutte le garanzie del caso, è che chi è al di sotto della soglia stabilita (che non può essere 'minima' nel senso di solo sufficiente, perché la scuola è un'istituzione troppo importante in un paese per giocare al ribasso) o non entra o, se è già entrato, deve essere formato di nuovo e, se non basta, rimosso dall'insegnamento.
      3.7. La premessa indispensabile all'attuazione di quanto detto è la definizione di standard di qualità nazionali, flessibili però in modo da consentire di dare conto delle specificità locali (della singola scuola) e coerentemente con l'autonomia scolastica: si deve cioè realizzare un equilibrio fra le due istanze.
      3.8. Siamo così giunti al nodo del merito. Le differenze fra gli insegnanti, come fra tutti gli altri professionisti, sono evidenti e innegabili, ma:
1) non si possono utilizzare i criteri di selezione dei professionisti nel privato, poiché manca il 'libero mercato';
2) in nessun ambiente professionale si differenzia in base al merito, se questo non è quantificato
- in termini di produttività (nella scuola si deve poi definire cosa sia il suo prodotto) o
- in termini di funzioni, così che a responsabilità precise corrispondano competenze precise.
      3.9. La prima funzione da riconoscere come distinta dalle altre è, comunque, quella docente, che interessa tutti: non si può capire perché si distinguono i dirigenti e i responsabili amministrativi ma si appiattisce l'area della docenza sull'"altro personale": è culturalmente e politicamente inaccettabile. Anche la differenziazione stipendiale dev'essere sensibile, molto.
      3.10 Allorché cominciamo a differenziare, la sola ipotesi percorribile correttamente appare dunque la costruzione di una carriera in termini di funzioni.

4. Quali indicatori /2
      4.1. L'idea di cui si è discusso al punto precedente (3.8 e 3.10) è già prefigurato e in parte realizzato attraverso le così delle Funzioni Obiettivo e va declinato anche per altre aree, o precisando e distinguendo quelle già indicate dal contratto, in termini di competenze precise. Si deve dunque andare avanti per questa strada ma oltrepassando i compiti eminentemente organizzativi delle F.O.
      4.2. Vanno dunque distinti:
1) un ambito organizzativo gestionale legato alle funzioni dirigenziali, che costituisca il primo gradino per questa specifica carriera (vicario, staff di presidenza eccetera);
2) un ambito organizzativo che riguarda le attività connesse e funzionali alla docenza e i rapporti con studenti, famiglie, enti eccetera.
1) e 2) sono in nuce nelle F.O. Vediamo ora come affrontare gli aspetti qualitativi dell'attività docente in termini di funzioni, individuando un ambito che genera degli indicatori:
3) l'ambito è quello di ricerca e studio scientifici, disciplinari e didattici; esso si esplica nelle funzioni di
* tutorato, formazione e aggiornamento dei docenti
* ricerca - azione (progetti, riforme, curricoli, ...)
* documentazione (= raccolta di esperienze e dati qualitativi) e supporto tecnologico
* progetti integrati ai curricoli per l'integrazione (dell'handicap, del disagio, dell'immigrazione, ...);
* ...
Importante in tutti è che il lavoro di ogni singolo preveda momenti di diffusione, di ricaduta sugli altri.
Importante è che per alcune di queste attività si possano prevedere degli esoneri (prefigurati dagli organici funzionali, ma questi non danno luogo in tutte le scuole a un recupero di tempo).
      Al centro devono essere posti:  1) la ricerca e lo studio sul modo di riqualificare e comunicare i saperi, con lo scopo precipuo di combattere con gli strumenti culturali propri della scuola la discriminazione socioculturale tuttora in atto, che fa sì che la scuola di massa non abbia affatto garantito né la mobilità sociale né la crescita culturale della 'popolazione' per cui era nata (i tassi di analfabetizzazione sono in continua crescita, e non solo in Italia: cfr. rapporto OCSE); 2) la tessitura di reti di solidarietà fra scuole e fra scuole e altri soggetti, conquistando / rivendicando gli spazi istituzionali per questo.

5. Quali indicatori /3

      Resta il problema delle competenze attivate nel processo di insegnamento e di apprendimento, che è il vero focus di tutti i processi e del sistema: queste non si testano né con una prova strutturata né con un esame e così via (lo si è già detto). Poiché si tratta di un processo con tempi lunghi, la strada sulla quale è opportuno avviarsi è quella di centri territoriali di servizi per i docenti e di un osservatorio permanente sul territorio (già previsti dalla normativa).
      L'analisi e la valutazione di tale processo vanno compiuti in itinere, in classe, da parte di un team e per tutti i docenti, indipendentemente dall'istituto contrattuale che preveda una maggiorazione stipendiale: deve divenire una prassi, ma deve dar luogo a una maggiorazione stipendiale solo su richiesta degli interessati.
      Questo aspetto non può essere risolto adesso, perché mancano gli strumenti (tra cui standard nazionali): invece va avviata con più forza ed essere funzionante entro due anni la rete territoriale di cui sopra, prevedendo una formazione specifica e severa per i valutatori, i quali è opportuno siano anche esterni alla scuola.
    Quindi, bisogna separare la valutazione, che va fatta sempre e come valutazione formativa, dall'incentivazione, da erogare dopo la valutazione solo su richiesta.

6. In sintesi:

6.1. cosa valutare e incentivare ora:
a) il curricolo
b) le funzioni:
            organizzativo gestionali > carriera della dirigenza
            organizzativo gestionali > supporto all'attività docente
            studio e ricerca, disciplinare e didattica


6.2. cosa non valutare ora
c) le competenze in classe (in re)

a) e b) contengono infatti in nuce l'idea di una carriera, obiettivo irrinunciabile per una qualificazione non solo degli insegnanti ma della scuola tutta, nonché premessa perché questa professione sia desiderabile e attiri non solo i 'missionari' (l'eccellenza, sempre troppo poca per trasformare il sistema) da un lato e i delusi da altre professioni intellettuali dall'altro, ma gli ingegni più preparati: dipendo solo dalle scelte politiche che la scuola, la scuola pubblica, sia una buona scuola, alla quale serve meno un 20% di presunti eccellenti che non un 90% di persone con una preparazione medio alta, equamente remunerata (anche senza ripetere i confronti con l'Europa) e con prospettive di carriera;
c) può essere solo messo in cantiere, sebbene con decisa fermezza.

Roma, 22 febbraio 2000

Rossella D'Alfonso
Associazione Progetto per la scuola, Bologna

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