1. PR.I.M.O. (PRogetto Integrato Metodologico Orientativo)
Il progetto fu approvato dalla Provincia di Ravenna nel 1999, in accordo
con l’allora Provveditorato agli Studi ed è stato operativo per tre anni
(1999-2001). Esso ha coinvolto progressivamente quasi tutte le scuole
secondarie di secondo grado della Provincia di Ravenna e, nell’ultimo
anno, anche molti istituti comprensivi e scuole elementari.
Le idee principali dalle quali prese spunto l'elaborazione del progetto
furono due:
- sviluppare un'iniziativa dell'Amministrazione Provinciale in grado di
prefigurare l’innalzamento dell’obbligo scolastico, fino a comprendere
l’intero biennio iniziale della secondaria di secondo grado;
- attuare il suddetto innalzamento realizzando una concreta continuità con
le fasi scolastiche che precedono e seguono tale biennio e mediante
percorsi integrati tra istruzione e formazione professionale.
I riferimenti normativi dai quali PR.I.M.O. prese spunto furono:
- il Protocollo d’intesa sottoscritto nel 1997 tra il Ministero della
Pubblica Istruzione, la Regione Emilia-Romagna e le Autonomie Locali, che,
tra gli altri punti, sollecitava la sperimentazione di azioni di riforma e
di innovazione nel campo dell’orientamento e dell’innalzamento
dell’obbligo scolastico;
- l’articolo 21 della legge n. 59/1997 ed il DPR 275/1999 contenente il
Regolamento attuativo dell’autonomia delle istituzioni scolastiche.
2. Aree d’intervento.
I filoni di attività realizzati sono stati:
- nei primi due anni: formazione degli operatori della scuola e della
formazione professionale e sperimentazione di azioni mirate a facilitare i
passaggi degli allievi da un indirizzo di studio all’altro e tra
istruzione e formazione professionale;
- nell’ultimo anno: attivazione di laboratori disciplinari per
sperimentare la continuità verticale nella fascia formativa che va dalla
prima elementare alla maturità.
Gli ambiti nei quali sono state sperimentate attività sono stati la
didattica e l’organizzazione.
Dal punto di vista operativo, PR.I.M.O. si è caratterizzato come una
proposta organizzativa funzionale ad un servizio istruzione affidabile,
orientato alla qualità e a supporto di una didattica attiva e modulare.
Si è cercato di favorire la pratica di una scuola intesa come luogo di
ricerca didattica e di sviluppo della professionalità docente, che
realizza un servizio di istruzione ispirato a criteri di trasparenza e di
qualità, dove l’insegnamento cerca di produrre un apprendimento percepito
dagli allievi come avente senso per la loro vita.
3. L’organizzazione.
Un’idea che fin dall’inizio ha identificato PR.I.M.O. come progetto
innovativo è stata che esiste uno stretto collegamento tra didattica e
organizzazione della struttura scolastica, per cui ogni innovazione della
prima è praticabile solo se è sostenuta/facilitata da un cambiamento nella
seconda.
L’organizzazione pre-autonomia era (è) funzionale ad una didattica intesa
come attuazione di programmi di studio uguali per tutti e scelti a livello
centrale dal ministero. Tutta l’attività, amministrativa e didattica, è
concepita come “adempimento” (di decreti, direttive, circolari, lettere
ecc.).
Se si vuole realizzare una didattica fondata sull’autonoma elaborazione
del Collegio dei docenti (il POF) ed in grado di rendere protagonisti sia
gli insegnanti sia gli allievi, occorre modificare anche l’impianto
organizzativo della scuola, altrimenti l’innovazione rimane un atto
individuale di buona volontà, relegato in una nicchia e incapace di
conferire nuova identità alla istituzione scolastica interessata.
L’innovazione ha bisogno di “spazi” (culturali ed organizzativi) propri,
che la rendono praticabile e visibile.
L’innovazione organizzativa sperimentata ha riguardato il Collegio dei
Docenti ed il rapporto tra amministrazione e didattica.
Sul primo versante si è partiti dalla considerazione che nella scuola
secondaria la progettualità formativa non può che assumere come base la
disciplina.
Da qui la scelta di organizzare il lavoro di progettazione degli
insegnanti nei Dipartimenti di area disciplinare, attivati come
articolazione del Collegio dei docenti, il quale pianifica la propria
attività in modo che nel monte ore annuale assegnato rientrino sia le
funzioni da gestire in plenaria, sia quelle assegnate ai dipartimenti come
articolazioni interne. Ciò permette di inserire la progettazione didattica
come attività formalmente riconosciuta e valorizzata.
Sul versante del rapporto tra amministrazione e didattica si è
sperimentato lo staff dirigenziale, composto dal dirigente scolastico, dal
direttore dei servizi amministrativi e dai coordinatori dei dipartimenti
disciplinari. L’idea alla quale si è cercato di dare attuazione era di
collegare alle esigenze della didattica l’individuazione e l’uso delle
risorse interne ed esterne alla scuola. In questa ottica, si è provato ad
elaborare il programma, di cui al Decreto Interministeriale 1 febbraio
2001, n. 44, partendo dalle esigenze didattiche individuate dai
dipartimenti disciplinari e procedendo ad una ricognizione
(individuazione/quantificazione) delle possibili risorse da destinare a
soddisfare tali esigenze. In questa ricognizione si è dimostrato di grande
importanza il rapporto con gli allievi e le loro famiglie (per condividere
i bisogni formativi che la scuola si impegna a soddisfare) e col
territorio, inteso sia come soggetti istituzionali che lo governano
(Comuni, Provincia e Regione) e che sono titolari di nuove competenze
amministrative in materia di istruzione, sia come sede di opportunità
fruibili dalla didattica (patrimoni culturali, progetti ed iniziative di
istituzioni culturali, associazioni, volontariato ecc.).
4. La didattica.
Con PR.I.M.O. agli insegnanti coinvolti della scuola e della formazione
professionale è stato proposto l’obiettivo di considerare il primo biennio
della secondaria di secondo grado come la fase conclusiva di un percorso
formativo di base (di obbligo scolastico), dopo il quale scegliere come
proseguire lo studio, se nell’istruzione o nella formazione professionale.
Per sperimentare una tale prospettiva gli insegnanti si sono impegnati su
due direttrici:
- realizzare una didattica attiva, fondata sulla progettazione ed
attuazione di situazioni formative in continuità con la scuola media ed
idonee a promuovere il protagonismo ad apprendere degli allievi;
- migliorare la qualità dei percorsi formativi mettendo in campo il meglio
delle esperienze didattiche realizzate dalla scuola e dalla formazione
professionale e fondate su due diversi approcci formativi: quello
logico-sistematico più diffuso nella scuola e quello empirico–problematico
che più caratterizza la formazione professionale.
5. Un nuova opportunità: il biennio integrato.
Con PR.I.M.O. si sono realizzate esperienze interessanti, ma
caratterizzate dalla episodicità. Per varie ragioni non si è riusciti a
dare la necessaria continuità ed organicità ad un progetto nato con molte
ambizioni, ma senza il respiro e gli spazi necessari per essere portato a
compimento.
Dopo due anni di interruzione, con l’anno 2003 si è presentata
un’occasione estremamente interessante per riprendere e valorizzare
l’esperienza di quel progetto. Si tratta della proposta della Regione
Emilia-Romagna di realizzare i primi due anni del secondo ciclo della
riforma Moratti dentro l’istruzione mediante percorsi integrati tra scuola
e formazione professionale. È una proposta di lavoro che è diventata legge
regionale (la n. 12/2003) e che con l’anno scolastico 2004-2005 sarà
sperimentata in un numero considerevole di scuole (a Ravenna sono 12: 2
istituti tecnici – di cui uno paritario – 2 istituti d’arte e 8 istituti
professionali).
Le finalità che a Ravenna ci siamo posti per attuare il biennio integrato
riprendono le acquisizioni di PR.I.M.O. e si muovono all’interno delle
Linee guida regionali, anch’esse elaborate tenendo molto in considerazione
l’esperienza di Ravenna.
Tali finalità sono così sintetizzabili:
1. migliorare la qualità complessiva del sistema di istruzione e
formazione professionale regionale, rinnovando il rapporto tra formazione
generale e cultura del lavoro. Questo comporta la rivisitazione dei
curricoli della scuola e della formazione professionale, non solo in
funzione del curricolo integrato, ma anche come occasione per elevare la
qualità complessiva dei percorsi formativi, compresi quelli non integrati;
2. cogliere l’occasione della sperimentazione per sollecitare i soggetti
formativi coinvolti ad introdurre innovazioni fondate su un impianto pedagogico-didattico dove conoscenze, azioni e comportamenti sono
utilizzati per promuovere lo sviluppo delle capacità intellettive del
giovane che diviene protagonista della costruzione del proprio
apprendimento, anche mediante la valorizzazione dei caratteri tipici
dell’esperienza: empatia, comunicazione, coinvolgimento, operatività;
3. spostare in avanti di due anni (o almeno di uno) dopo la terza media il
momento della scelta degli allievi e delle famiglie su come proseguire
nella formazione personale: se rimanendo a scuola per acquisire in altri
tre (o quattro anni) un diploma, oppure passare nella formazione
professionale per ottenere in uno (o due anni) un primo livello di
qualifica avente valenza nazionale ed europea;
4. sperimentare un sistema di riconoscimento dei crediti formativi in
grado di facilitare i passaggi tra indirizzi/ordini di studio e tra i due
sistemi di istruzione e formazione professionale;
5. cogliere l’occasione di questa sperimentazione per valorizzare
l’autonomia delle istituzioni formative, attuata rinnovando il loro
rapporto col territorio e con i soggetti preposti al suo governo (Comuni,
Provincia e Regione).
È una scommessa alta, estremamente interessante che impone agli operatori
dei due sistemi di mettersi in discussione per ricercare nuove soluzioni
didattiche ed organizzative. È un’opportunità ricca di possibili sviluppi
positivi per arricchire la professionalità docente e per valorizzare
l’autonomia delle istituzioni formative (le scuole ed i centri di
formazione professionale).
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