1) Le ragioni di una scelta
Il titolo che abbiamo scelto per la nostra giornata di studio avrà forse
incuriosito alcuni. L’abbiamo presa in prestito, come a molti sarà tornato
in mente, da Dante, che ha usato questa espressione nel XXVI canto del
Purgatorio parlando del famoso poeta provenzale Arnaldo Daniello: Dante fa
dire di lui a un altro grandissimo poeta, Guido Guinizelli, che “fu
miglior fabbro del parlar materno”; scrive cioè che Arnaldo lavorò il suo
volgare, la sua lingua madre, meglio di ogni altro.
Dante non usa spesso questa espressione nelle sue opere ma, ogni volta che
lo fa, fabbro significa sempre “artefice che lavora una materia dura”: ciò
avviene sia che parli del fabbro ferraio che foggia un coltello, sia che
ricordi il dio Vulcano, quando forgia le frecce per Giove, sia infine che
paragoni a quella d’un fabbro ferraio, nel II del Paradiso, l’azione degli
angeli che comunicano il movimento e l’influsso divino ai cieli, che poi
l’imprimono alla terra e agli uomini: certo, nel sistema dantesco gli
angeli prendono questa forza da Dio, mirando in lui, ma sono causa
efficiente del moto di tutto l’universo, meravigliosi fabbri da cui
dipende l’armonioso moto cosmico. Come le intelligenze angeliche, così il
poeta plasma la lingua, le dà moto, virtù, armonia: in una parola, le dà
forma.
Dante e tutto il Trecento ci consegnano dunque questo significato, alto e
profondo, della parola “fabbro”. Questa lingua costituisce ancora il nerbo
del nostro vocabolario attuale. Per questo abbiamo inteso saccheggiare il
nostro poeta più grande: chi insegna, è fabbro, dà forma alla materia
dura, che sono sia le conoscenze raggiunte nei vari campi oggetto
d’insegnamento, sia le facoltà cognitive degli apprendenti.
Cosa vuol dire allora dar forma? Ed in che senso i saperi e le capacità di
cognizione di chi impara sono “materia dura”?
Le conoscenze, o meglio i campi di sapere (anche pratico) che li
organizzano e si organizzano in discipline sono inerti se disgiunti
dall’apporto non solo e non tanto del soggetto che insegna ma soprattutto
del soggetto che apprende, dalla crescita individuale e collettiva dei
giovani (e dei meno giovani), se trasmessi come un corpus cristallizzato,
privo di vita e di dinamismo. Sono invece fecondi se presentati nelle loro
chiavi di accesso fondamentali, nel loro significato profondo per la
civiltà umana, con l’attenzione ai metodi, alle interazioni reciproche,
alle forme del ragionare, agli strumenti, agli stili ed ai
bisogni
individuali di apprendimento e sviluppo.
Il maestro è fabbro se dà loro forma, funge cioè da mediatore sapiente fra
i saperi e chi si accosta ad essi con tante domande, spesso inespresse.
Il maestro è fabbro se plasma la sua lingua così da rendere possibile
questo scambio fra generazioni: ogni sapere, lo abbiamo detto tante volte
sulla scorta di Elias Canetti, è comunicazione. Solo un sapere così
concepito, che sia a un tempo sapere e saper fare, è rispettoso dei
soggetti, si pone in relazione con il contesto sociale, dà a chi apprende
strumenti per continuare a imparare nella vita adulta, è alveo di
democrazia.
Dunque, il maestro sarà “miglior fabbro” nella misura in cui saprà
coadiuvare il processo di formazione del ragazzo e della ragazza, li
aiuterà a crescere nel loro sapere e nel loro diventare cittadini e
cittadine in modo armonioso, ad organizzare il loro apprendimento
progressivo e critico perché le loro competenze culturali siano prima di
tutto competenze di cittadinanza.
2) Il nostro percorso
A questi principi si è ispirato il nostro gruppo fin da quando abbiamo
fondato la nostra piccola associazione nel 1993: migliorare la scuola
migliorando le condizioni degli apprendimenti, tanto dal punto di vista
organizzativo (interpretazione e valorizzazione dell’autonomia) quanto,
segnatamente, dal punto di vista didattico.
Questo ha significato studiare nuove strade sia rendendo più funzionali i
curricoli di studio nell’ottica della verticalità (dalla scuola
dell’infanzia all’insegnamento superiore) e dello scambio orizzontale, non
tanto attraverso l’individuazione dei soliti temi comuni, ma soprattutto
sul piano metodologico fra ambiti di attività, discipline, percorsi
formativi anche diversi, sia fomentando e praticando una didattica il meno trasmissiva possibile, anzi
laboratoriale ed interattiva. Di tali
argomenti si accennerà sia durante la mattinata sia in particolar modo in
alcuni gruppi di lavoro del pomeriggio. Esempi di curricolazione verticale
nell’ottica delle competenze sono stati preparati in esperienze
pluriennali di formazione seminariale con docenti di vari ordini e gradi
di scuola, e stiamo cercando di renderne leggibili i risultati nel nostro
sito e nella rivista on-line in corso di progettazione.
L’elaborazione sui curricoli è stata resa possibile dal riconoscimento che
ogni sapere concorre all’acquisizione di competenze cognitive (fatte di
conoscenze e abilità operazionali) comuni: sarà il tema che tratterà
Mario Pinotti nel suo intervento. E su un progetto dell’USR in tema di portfolio
delle competenze studentesche è impegnata per APS Marinella Sarti, che ci
presenterà le proprie valutazioni in merito.
Negli ultimi anni soprattutto il rapporto costante con la scuola così
detta militante, in esperienze di formazione complesse che hanno visto
coinvolte, anche insieme, scuole dell’infanzia, elementari, medie e
superiori, e che hanno sempre tenuto in considerazione i problemi degli
insegnanti in formazione iniziale nei corsi di scienze della formazione e
delle SSIS, ha permesso di elaborare una serie di proposte operative
praticabili e proficue. Abbiamo chiesto ad alcuni dei protagonisti di
queste esperienze di darcene brevemente conto: Elena Accorsi, Oriana
Ballista, Annalisa Munini ed Oriano Pirazzini.
Il modello che perseguiamo ha poi ben presente la nuova centralità della
Regione e delle realtà locali, impegnate su un fronte fondamentale: creare
occasioni di formazione e istruzioni che combattano concretamente la piaga
dell’abbandono e/o della dispersione scolastica e la non comunicabilità
fra sistemi formativi fra loro e col mondo del lavoro. Il progetto del
biennio integrato della Regione Emilia Romagna che Giulia Antonelli ci
illustrerà va in una direzione con la quale ci sentiamo profondamente in
sintonia.
Ma per ripensare alla scuola in termini di competenze da raggiungere e
sviluppare, utilizzando al meglio le risorse esistenti (e sono tante), è
stato necessario rimeditare la figura del miglior fabbro, considerare cioè
un modello di professionalità docente che ottemperasse alle esigenze dette
e che da ultimo ci ha impegnati in un costruttivo dibattito con molte
altre associazioni professionali in un progetto diretto dall’Ufficio
Scolastico Regionale: questo sarà il tema sul quale interverranno
Giancarlo Cerini per la parte sostenuta dall’USR e dall’IRRE, ed
Ermanno
Rosso per la posizione di APS.
Del Parri e di APS poi, come vedete dal programma, mostreremo anche i siti
web che stiamo allestendo. Abbiamo altresì in animo di dar vita ad una
rivista on-line, omonima dell’associazione, perché il dialogo sia con gli
insegnanti che con altri destinatari sia sempre più fervido.
I gruppi di discussione del pomeriggio hanno la funzione di sostituire a
un dibattito generale momenti di approfondimento e scambio autentico fra
tutti i partecipanti.
Non mi resta che ringraziare tutti quanti hanno generosamente accettato di
collaborare a questa iniziativa, dall’Istituto Parri e dal Liceo Fermi che
ci ospitano a tutti i relatori ed ai convenuti, che invitiamo a prendere
contatto con noi anche inseguito mandandoci le loro considerazioni
all’indirizzo apscuola@iperbole.bologna.it.
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