L’IMPORTANZA STORICA DELLA SPEZIA NELL’URBANISTICA DELL’OTTOCENTO

 

Chi guarda la carta  topografica sulla quale Domenico Chiodo riportò il progetto dell’Arsenale M.M.(Marina Militare) non può che rimanere stupefatto dalle ridottissime dimensioni che aveva l’area occupata dall’esistente insediamento urbano.

Che resta oggi di quel borgo antico?

Ben poca cosa!Anche in conseguenza delle distruzioni arrecate dai bombardamenti nel corso dell’ultimo conflitto che si sono aggiunte a quelle iniziate al tempo di Chiodo.

Le vecchie costruzioni allora risparmiate  furono gradualmente inglobate nelle nuove che incominciarono a sorgere oltre i quattro lati delle mura.

Il fenomeno interessò e trasformò il volto urbano, le cui sovrapposizioni e aggiunte sono visivamente percettibili.

Certo, il processo di crescita della popolazione dai ritmi particolarmente rapidi, verificatosi nell’ultimo trentennio del secolo scorso e l’inizio del presente, finì per sovrapporsi al nucleo originario.

Prevalsero presto gli immigrati dalle contrade dell’entroterra e dalle regioni vicine, le maestranze di quello che  era allora il più grande cantiere di lavoro e  che divenne( per restare tale sino alla I guerra mondiale ) il più grande stabilimento d’Italia.

Sono da aggiungere anche i nuovi venuti dalle zone del Mediterraneo a causa del servizio militare.Se non esiste più artigianato alla Spezia è perché nel secolo scorso gli addetti ai piccoli laboratori, quando si decisero a mettere da parte ogni romantico e malinteso prestigio professionale, andarono a dare prova della loro maestria nelle grandi officine dell’arsenale.

Ad un orgoglio antico ne subentrò allora un altro: quello di essere provetti tornitori, fresatori, aggiustatori, attrezzisti.

Il volto autoritario dello stato fu conosciuto dai proprietari terrieri spezzini :tensioni e conflitti sorsero e si protrassero per anni.

Dopo la scomparsa di Chiodo, avvenuta il 19 Marzo 1870, La Spezia poté avere come esponente pubblico un uomo della sensibilità di Giò Batta Paita, che, operando nell’Amministrazione Civica ed influendo anche come deputato negli anni dei suoi mandanti , assecondò favorevolmente i processi di trasformazione che andavano verificandosi nell’ ambiente sociale spezzino .   

Il vecchio insediamento era restato racchiuso per secoli entro le mura che costituivano con bella geometria un rettangolo , di cui ,i lati maggiori misuravano m. 400 circa e i minori m.300, mentre l’organizzazione dell’immenso cantiere dell’Arsenale si estendeva su un milione e 665000 metri quadri per un’ aria 14 volte più grande .

Il cantiere era vastissimo . Solamente di pietrame, si era previsto che dovessero essere necessari  non meno di 3 milioni di metri cubi  per la costruzione delle darsene e bacini, delle fondazioni ,dei fabbricati, delle strade e dei piazzali.

Il contratto dei lavori fu firmato il 7 Febbraio 1862.

Alla fine del 1865 si contavano 8 cantieri di lavoro e 45 officine con tettoie per i  materiali, della complessiva capacità di 2190 uomini e 520 cavalli.

La superficie occupata era di 56000 metri quadri.

Lo sviluppo della lunghezza dei muri di sponda delle due darsene ha riscontro nella relazione in data 10 Aprile 1866 sui lavori dell’Arsenale marittima della Spezia presentato alla camera dei deputati, a 2 km. E 200.

L’opera ciclopica procurò  tuttavia non poche amarezze a Chiodo.

Intoppi estenuanti furono incontrati nelle esageratissime pretese di molti proprietari.

L’avversione di coloro che, negli stessi ambienti militari, sostenevano che l’opera fosse sovradimensionata rispetto alle necessità dell’Italia, non tralasciava occasione per affiorare e per mettere in forse il completamento dell’opera.

Il 29 Agosto 1869, sotto i robusti colpi di mazza di un reparto di zappatori del Genio, cadde la diga che separava ancora la darsena dal mare, e l’acqua irruppe a riprendere il dominio di quei campi che erano stati sottratti dal lento operare della natura  attraverso gli  << interrimenti >>.

Al generale di appena 46 anni ( era nato a Genova il 30 ottobre 1823 ) si doveva no la progettazione e la esecuzione di un’ opera che << meritava all’Italia degno posto >>.

Questa era la consapevolezza che già allora si ebbe – in Italia e fuori – dell’ opera di Chiodo .

La ristrutturazione e l’espandersi della Spezia  costituiscono il paradigma in una città ottocentesca sorta attorno ad un grande stabilimento industriale.

 

 

DOMENICO CHIODO

Domenico Chiodo si potrebbe definire figlio d’arte.

Nato a Genova nel 1823, figlio del direttore generale del Genio marittimo, ebbe un vita breve ma compensata da una carriera rapida e brillante. A 17 anni iniziò la propria attività, a ventidue era capitano, a trentotto  colonnello.

Aveva 37 anni quando gli venne affidata la direzione dei lavori dell’arsenale della Spezia. A Chiodo si devono anche i progetti dell’ Arsenale di Taranto e di quello di Venezia.

Nel 1863 si recò ai cantieri della Senna e a Marsiglia; tuttavia si devono riconoscere una certa autonomia della progettatura di Chiodo ed un certo gusto neoclassico. Morì ancor giovane, già generale nel 1870.

 

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