GLI OLIVETANI 
DAL TINO A RIA

La nascita delle Grazie

 

storia4.jpg (21430 byte)

Il cristianesimo approda nel Golfo

storia30.jpg (35314 byte)

Il cristianesimo giunse nel nostro Golfo dal mare e si diffuse, in un mondo agricolo e pagano, per opera di alcuni monaci ed eremiti di provenienza orientale.
Soprattutto nelle isole essi condussero una vita di preghiera e di solitudine, fondando poi piccole comunità e cenobi.
La loro presenza per gli abitanti ebbe una notevole importanza sia per l'aspetto spirituale, in quanto esercitò un ruolo fondamentale nella vittoria cristiana sulle vecchie credenze pagane, sia per l'aspetto economico, in quanto le abbazie, nel Medioevo, con i loro estesi possedimenti   entrarono in gioco nella lotta per il potere locale, scontrandosi spesso con l'autorità dei vescovi o dei vari signori.

Il  monachesimo non  arrivò soltanto dal mare: dopo l'invasione dei Longobardi, progressivamente si erano intensificati gli scambi fra Emilia e  Liguria ( attraverso la via di monte Bardone  denominata, al tempo  dei Franchi , Francigena) e ciò aveva favorito anche l'arrivo di monaci  provenienti dalle zone d'oltreappennino.
 
Nacquero così dei centri monastici anche nell'entroterra: noi abbiamo visitato quello di Brugnato, fondato, secondo la tradizione , da San Colombano e di cui si hanno notizie storiche a partire dall'epoca della dominazione longobarda (VI - VII sec.). 
Nell'isola del Tinetto,già dai primi secoli cristiani, c'era un romitorio; a Porto Venere sul promontorio dell'Arpaia, nel VI sec., c'era un monastero intitolato a San Pietro, sorto su un cenobio preesistente di osservanza orientale, probabilmente paconiana (ciò è testimoniato dal  culto di San Pacomio ,venerato a Porto Venere da età antichissima ,  fino agli inizi dell’Ottocento.  S. Pacomio  visse in  Egitto  nel IV sec; i suoi resti si conservano nella  Chiesa di San Lorenzo di Porto Venere).

Qui i monaci vivevano in povertà, pregando e lavorando insieme: la loro umile presenza attrasse Venerio, un giovane di nobile famiglia, nato nel 560 alla Palmaria.
Egli venne accolto fra i monaci di Porto Venere e nel 594 divenne abate del piccolo monastero.
La Chiesa negli anni della dominazione longobarda stava attraversando una grave crisi spirituale per la decadenza dei costumi, per la disorganizzazione nel clero  e per l'eresia ariana.
Anche nel piccolo  convento di  Porto Venere alcuni monaci preferivano dedicarsi ai piaceri terreni; ciò  provocò l'intervento dello stesso papa Gregorio  Magno , che  depose l'abate Giovino.

A  Venerio  toccò il difficile  compito di riportare la comunità sulla retta via: egli vi introdusse la regola di S. Benedetto e con la sua vita virtuosa divenne esempio per tutti.
La gente dei dintorni e i pellegrini venuti da lontano accorrevano a Porto Venere, richiamati dalla santità e dai prodigi di Venerio.
Forse spinto dal desiderio di condurre una vita di preghiera e di meditazioni, Venerio si ritirò al Tino, dove non si isolò dalla comunità, continuando  a tenere stretti legami spirituali.
 
Morì nel 630 .  Secondo la tradizione popolare, che gli attribuisce molti miracoli, salì al cielo in mezzo  ad  una  schiera di angeli mentre dalla terra sgorgava un'acqua miracolosa e si  diffondevano nell'aria soavi profumi. Dalle scarse notizie storiche  sappiamo che inizialmente il corpo fu sepolto nell'isola del Tino e che in seguito venne trasferito, per decisione del vescovo di Luni Lucio, sulla  terraferma, forse nella chiesa "in Antoniano"(sito indicato oggi dalla pieve di S. Venerio, vicino a Migliarina).Nel IX secolo i resti furono portati a Reggio Emilia , per metterli al riparo dalle incursioni dei Saraceni.
In quel secolo, infatti, contro le coste del Mar Ligure si intensificarono le scorrerie dei Normanni e soprattutto dei saraceni: si spense la vita commerciale e marinara e le navi dovettero limitarsi al traffico litoraneo.
I Franchi tentarono  qualche incursione contro i pirati e forse a queste spedizioni parteciparono navi di Luni e di PortoVenere .

La  minaccia dei pirati aumentò nel X secolo : i saraceni  facevano  strage di  uomini, saccheggiavano case  e chiese  e con le navi cariche di bottino riprendevano il mare. La  Chiesa ormai era passiva: ci si ritraeva dal litorale verso luoghi più sicuri e le coste e le valli si riempivano di torri e di castelli.
La vita civile riprese lentamente agli inizi del secolo XI, per la ritrovata, seppure temporanea, tranquillità del mare.

storia34.jpg (28662 byte)

In questo periodo verso la  metà dell'anno 1000,  nel 1054 circa,  il prete Pietro, nell'isola del Tino, fondò un monastero, secondo la regola benedettina, in onore di Dio, della  Beata Vergine Maria  e di S. Venerio.
Si recò quindi a Roma dal Papa e ne ottenne l'approvazione.
Papa Leone IX concesse  ai monaci di eleggere l'abate  e stabilì  che il monastero non fosse sottoposto all'autorità di nessuno, eccetto a quella diretta del Papa: esso perciò non dipendeva dal Vescovo di Luni.
Pietro presso la piccola chiesa,  secondo la tradizione eretta sulla primitiva tomba di Venerio,  ravvivò il culto del Santo che  mai si era spento nella desolazione dei secoli bui dell’Alto Medioevo.
Egli restaurò e ingrandì l'antico edificio ed ottenne le prime donazioni dagli Obertenghi, signori della Lunigiana. Sotto di lui e sotto il secondo abate il  monastero acquistò un notevole patrimonio terriero nel lato occidentale del Golfo e nelle tre isole.
Le  largizioni degli Obertenghi ( i quali si erano disgregati in diversi rami per interessi politici e territoriali) diminuirono nell'ultimo quarantennio  del  sec. XI ; i nuovi benefattori del Tino furono i signori di Vezzano e di Trebiano ed alcuni  proprietari minori.
Nel 1080 i monaci del Tino ricevettero in Corsica una prima donazione dagli Obertenghi, seguita da altre dei signori locali, sicché anche in quell'isola il chiostro benedettino ebbe un notevole patrimonio territoriale e varie rendite.
Sull'avvenire dell'Abbazia  del Tino certamente influì l'occupazione, da parte dei Genovesi, di Porto Venere, che apparteneva ai signori di Vezzano.

storia39.jpg (24475 byte)

Nel 1113, come si legge sulla porta  d'ingresso, Porto Venere divenne "Colonia Januensis": per sanare la situazione che si era determinata a seguito dell'occupazione militare, Genova acquistò Porto Venere dai signori di Vezzano.
Era inevitabile che i Genovesi cercassero di assicurarsi l'appoggio, se non il dominio, del monastero del Tino, con le sue isole e i suoi possedimenti nel Golfo e nella Corsica.
Nel 1133 il monastero del Tino, insieme con quello di Brugnato, venne assoggettato all'arcivescovo di Genova, pur rimanendo proprietà della Santa Sede: papa Innocenzo II, con questo gesto, voleva ricompensare  i Genovesi, per averlo sostenuto, quando alla sua elezione era stata contrapposta quella di un antipapa.


Pagina successiva