GLI OLIVETANI DAL TINO A RIA

La nascita delle Grazie

(XIII - XIV secolo)

Nella lunga e difficile guerra tra Genova e Pisa, il Monastero doveva per forza gravitare nell'orbita genovese, ma tra la fine del XII sec. probabilmente si accostò ai vescovi di Luni , i quali erano stretti a Pisa nella politica antigenovese.
Gli abitanti della Palmaria e i coloni dell'isola del Tino subirono spesso le tristi conseguenze del conflitto, con la devastazione delle case e delle colture .
Nel 1200 il monastero del Tino, come altri istituti benedettivi ed ecclesiastici, attraversò un periodo di grave crisi economica e spirituale. In quel periodo i Comuni, sempre più forti,   cercavano  anche di controllare le terre dei monasteri e le donazioni alla Chiesa diminuivano per il crescente distacco spirituale dei fedeli. 
Sul Chiostro del Tino le  repubbliche di Genova e di Pisa, in conflitto per il dominio  sul mar Tirreno, continuavano ad esercitare forti pressioni, perché i monaci, con le loro tre isole, potevano essere  alleati preziosi.
Era inevitabile che nel convento si formassero due opposte fazioni, una pisana e l'altra genovese e che, di conseguenza, scoppiassero gravi disordini.

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La crisi che travagliava il Chiostro era anche morale, oltre che politica ed economica: papa Gregorio IX, infatti, venuto a sapere che i monaci conducevano una vita dissoluta, nel luglio del 1235, incaricò una commissione di religiosi per risanare il convento o con nuovi benedettini o affidandolo, come avvenne, ai canonici agostiniani del fiorente monastero  di  Santa Croce di Mortara .

I religiosi  incaricati dal Papa, recatisi al Tino, espulsero i monaci turbolenti dal Chiostro, ridotto ormai all'estrema rovina. Gli  agostiniani di Mortara rimasero solo per qualche anno sul Tino, perché ben presto furono a loro volta  violentemente cacciati via dai benedettini, i quali ripresero il convento nel 1240. Gli  agostiniani, lasciando il Convento, sottrassero documenti dall'archivio, che andarono poi perduti.
Gli anni del pontificato di Gregorio IX e di Innocenzo IV furono caratterizzati dalla lotta tra Papato e Impero, che coinvolse con i Comuni dell'Italia settentrionale, le repubbliche di Pisa e Genova, schierate rispettivamente la prima con l'Imperatore e l'altra con il papa Gregorio IX, il quale, dopo avere   scomunicato due volte Federico II, nel 1241 adunò a Roma un concilio per dichiararlo definitivamente decaduto.
La flotta pisana intercettò quella genovese, che portava a Roma i prelati francesi e lombardi, e la semidistrusse, facendo prigionieri numerosi religiosi. Con la vittoria del Giglio Pisa, dopo aver conquistato Lerici, tendeva ad impossessarsi di tutto il Golfo: in momenti così difficili, il ritorno dei benedettini al Tino fu una garanzia per Genova, la quale manifestò la sua gratitudine ai monaci con vari atti di benevolenza. Le vicende del conflitto erano alterne.

Dopo la morte di Federico II , che suscitò un'enorme impressione, Genova attraversò un periodo di grande vitalità e potenza, riuscendo a conquistare, nel giugno del 1256, il borgo di Lerici con un assalto da terra e da mare.

 Certamente il Chiostro, nei confronti della Repubblica genovese in ascesa, ebbe un minore peso politico. Le ostilità tra le due repubbliche continuarono negli anni successivi, con attacchi pisani contro Porto Venere e la Palmaria, spesso devastata. La pressione pisana diminuì dopo la battaglia della Meloria e cessò definitivamente con la vittoria genovese di Curzola. Alla fine del conflitto, nel convento, aumentò il numero dei monaci e dei conversi, furono recuperate le terre alienate negli anni precedenti, venne amministrato  con diligenza  il patrimonio.
Ma il secolo XIV fu caratterizzato, per Genova, da una perenne instabilità politica a causa delle fazioni guelfe e ghibelline che si contendevano il governo della Repubblica. In questi contrasti, che degeneravano in ogni sorta di violenza, fu coinvolto il Chiostro, con la devastazione delle terre della Palmaria .

Il patrimonio era di nuovo minacciato e logorato dalle usurpazioni di laici e di ecclesiastici e, per saldare i debiti, si dovettero vendere dei beni . La decadenza divenne inarrestabile e lentamente il Convento si  spopolò: verso la fine del 1371 era ormai deserto e l'Abate si dimise. All'Arcivescovo di Genova non restò che nominare provvisoriamente un abate, nella speranza che risollevasse le sorti dell'antico convento. 

L'ultimo abate del periodo benedettino fu Gabriele da Diano, proveniente dal convento benedettino di S. Stefano di Genova, il quale cercò di rivitalizzare il Chiostro oramai ridotto  alla miseria.

La sua vita fu difficile e penosa per la disastrosa situazione economica del Chiostro che risentiva della crisi generale degli organismi benedettini, oltre che delle vicende politiche di Genova, funestata dalle lotte interne e dal conflitto con Venezia.


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