La storia delle prime ipotesi sull'ereditarietà risalgono a molto tempo fa. Già con le prime ipotesi riguardanti l'evoluzione, si era cercato di comprendere come i caratteri peculiari di un organismo venissero trasmessi e come le specie evolvessero. Alcuni, come il noto scienziato Lamarck (1744-1829), avevano ipotizzato che i cambiamenti acquisiti durante la vita fossero trasmissibili di padre in figlio. E' il caso del famosissimo esempio della giraffa e del suo collo. In realtà molte furono le critiche rivolte a questa teoria, dovute al fatto che molti caratteri acquisiti durante la vita non sono ereditari. Ad esempio tutti sanno che pur tagliando la coda ad un cane come il Dobermann, essa continua a presentarsi nei nuovi nati senza, ovviamente, nessuna modificazione durante il tempo.Altri scienziati sostenevano addirittura che le specie rimanessero nel tempo invariate e che il mondo andasse incontro a periodici catastrofi e nuove creazioni, dopodiché gli essere viventi mantenevano intatte nel tempo le proprie caratteristiche. E' questa la teoria del catastrofismo. Successivamente, con il passare del tempo, nuova linee di pensiero si fecero strada e cominciarono a cambiare le vecchie idee e deduzioni, frutto di errori commessi durante le osservazioni. Gregor Mendel, un abate austriaco, fu il primo a dedicarsi con un metodo scientifico allo studio dell'ereditarietà dei caratteri. A quel tempo Mendel non aveva assolutamente nessuna conoscenza della struttura intrinseca del DNA, cromosomi, geni...Tuttavia Mendel aveva intuito che alcuni caratteri ricomparivano nelle popolazioni regolarmente. C'era per caso una connessione in tutto ciò?Per anni gli allevatori di cavalli e di bestiame in generale avevano portato avanti la loro attività fondandola esclusivamente su conoscenze empiriche e su una metodologia simile alla zoognostica. Tuttavia le regole fondamentali che coordinavano tutto ciò non erano ancora chiare. Mendel, con una serie di esperimenti condotti con un rigore scientifico adatto, cominciò ad effettuare esperimenti con i piselli odorosi, piante capaci di effettuare l'auto fecondazione e caratterizzate da cicli vitali non troppo lunghi.Con queste piante procedeva nell'incrocio di linee pure, e cioè di organismi omozigoti per uno o più caratteri interessati. Tuttavia é bene ribadire che Mendel non aveva conoscenza di come fosse strutturata la sede dell'informazione genetica, il DNA. Da questi incroci Mendel riesce ad osservare comportamenti genetici ben precisi e ripetitivi i cui risultati erano ben supportati da un'accurata analisi matematica su un'ampia messe di dati. I dati furono raccolti non solo con la presa in considerazione di un singolo fattore mutato bensì con molti altri che fornirono sempre gli stessi dati. Ora, per quanto riguarda alcune eccezioni alle tre Leggi di Mendel, sappiamo bene che esse non sono citate nelle analisi dell'Abate. Questo può essere dovuto al fatto che realmente esse non si verificarono durante la sua sperimentazione o semplicemente che vennero momentaneamente scartate per non complicare gli studi in corso.Le ricerche di Mendel non furono prese immediatamente in considerazione. Esse furono anzi abbandonate e riprese solamente parecchi anni dopo la morte dello studioso.Le basi della genetica erano comunque scoperte e, sottolineo ancora una volta, senza avere idea di come fosse strutturato il DNA, senza sapere cosa fosse il DNA. Le osservazioni del Mendel furono quindi essenziali durante gli anni successivi. Una straordinaria acutezza d'osservazione e costanza di studio avevano permesso di fare un importantissimo passo verso quella straordinaria ed allo stesso tempo spaventosa disciplina che oggi ha così preso il sopravvento nella nostra società: la genetica.

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